Il contrasto alla criminalità organizzata non fa parte del cambiamento

di Federico De Giorgi

Il contrasto alla criminalità organizzata non fa parte del cambiamento

di Federico De Giorgi

Il contrasto alla criminalità organizzata non fa parte del cambiamento

di Federico De Giorgi

Finalmente (o purtroppo) habemus governum. Forse.

In questi giorni non si parla altro del famigerato “contratto per il Governo del cambiamento” firmato dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega (non più Nord in teoria), guai però a chiamarla alleanza.

In attesa che qualcuno mi spieghi la differenza con quelli che fino a pochi mesi fa venivano definiti inciuci (quando in realtà l’assenza di maggioranze rende gli schieramenti trasversali necessari per la governabilità), volevo affrontare un tema tanto importante quanto snobbato non solo nel “contratto”, ma anche durante tutta la campagna elettorale (e su questo TUTTI i partiti sono assolutamente colpevoli).

No, non mi riferisco allo sport a cui viene dedicata una pagina e mezza di banalità, che neanche quando bisognava fare il tema di italiano a scuola e dovevi arrivare minimo a tre colonne per non fare la figura dell’analfabeta (“Se ben condotta e con l’ausilio di personale qualificato, la pratica motoria e sportiva assicura il miglioramento della qualità della vita, contribuendo in modo significativo alla prevenzione delle malattie…”, da dove è stato preso? Direttamente da wikipedia sotto la voce “sport”?).

No, non mi riferisco neanche alla sanità a cui vengono dedicate tre pagine e mezzo e che a quanto pare non subirà alcun tipo di taglio nonostante la proposta della flat tax (che in teoria dovrebbe prevedere un’aliquota fissa, ma che è stata prevista al 15% e al 20% in base al reddito) e del reddito e della pensione di cittadinanza. Sarà interessante tra l’altro capire come sarà possibile che (cito il “contratto”) “La sanità dovrà essere finanziata prevalentemente dal sistema fiscale…”: non più tardi di venerdì scorso Cottarelli e l’Osservatorio sui conti pubblici italiani hanno calcolato che il costo delle misure previste è di circa 125 miliardi di euro e ci sono coperture per ben 550 milioni.

Torniamo a noi.

Mi riferisco alla voce “Contrasto alle mafie”, alla quale a pagina 25 vengono dedicate ben 8 righe.

Bisogna potenziare gli strumenti normativi e amministrativi volti al contrasto della criminalità organizzata, con particolare riferimento alle condotte caratterizzate dallo scambio politico mafioso. È necessario inoltre implementare gli strumenti di aggressione ai patrimoni di provenienza illecita, attraverso una seria politica di sequestro e confisca dei beni e di gestione dei medesimi, finalizzata alla salvaguardia e alla tutela delle aziende e dei lavoratori prima dell’assegnazione nel periodo di amministrazione giudiziaria”.

 

Quello che si vuole definire “Governo del cambiamento” liquida quello che è uno dei principali problemi del nostro paese con due frasi buttate lì a caso.

La prima si riferisce al reato di cui all’articolo 416 ter del codice penale che punisce “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis (riferendosi quindi all’associazione a delinquere di stampo mafioso e alla forza di intimidazione che ne deriva) in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.

 

C’è già da tempo un reato appositamente dedicato che colpisce pesantemente (da 6 a 12 anni di reclusione, non sono pochi) questo tipo di condotte, sarebbe interessate capire quali siano le intenzioni dei nostri futuri governanti.

Non meglio va con il secondo periodo, se si pensa che l’articolo 416 bis prevede già che “Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la 
confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego”.

Inoltre il 2017 ha fatto registrare il record di sequestri di beni sottratti alle mafie e in gestione all’Agenzia nazionale:  20.080 appartamenti, ville, terreni, capannoni industriali in gestione di cui 8561 già confiscati definitivamente.

Diverso invece il discorso relativo alla tutela delle aziende e dei lavoratori, su cui sicuramente si può fare di meglio: le aziende sottratte alla criminalità e attualmente sotto la gestione dell’Agenzia sono 3114 e ne sopravvive solo una su dieci, il resto viene avviato alla liquidazione, con tutti i problemi a livello anche occupazionale che ne possono derivare.

Su questo punto c’è effettivamente urgenza di intervenire ed aspettiamo con ansia della proposte concrete a riguardo.

Di certo il fatto che tutti i partiti abbiano snobbato il tema in campagna elettorale non ha aiutato: se la competizione aiuta a migliorare, e la competizione su specifici temi aiuta ad approfondire la conoscenza e a prenderne consapevolezza, non aver MAI parlato di contrasto alle mafie ha portato a quello che abbiamo appena letto.

Per quanto le mafie non siano più un problema circoscritto alle Regioni a tradizionale presenza mafiosa del sud Italia, essendo ormai pacificamente riconosciuto un loro spostamento anche al nord, sicuramente un piano di intervento mirato nei territori più problematici e in cui la criminalità organizzata ha vita facile a sfruttare situazioni di disagio economico e sociale sarebbe stato opportuno. E invece no.

Non mi sarei aspettato sicuramente niente dalla Lega, ma dal Movimento 5 stelle che ha “vinto” queste elezioni proprio con i voti del sud sì (tira più un reddito di cittadinanza che un carro di buoi).

E invece anche alla voce “Sud” vengono dedicate solo 8 righe, in cui si dice che, “si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio “Mezzogiorno”, nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l’obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud.

Non so a voi, ma a me sembra tanto una scusa per svignarsela dall’affrontare uno dei più grandi problemi della storia d’Italia: il divario che c’è tra Sud e Nord è allucinante e cresce ogni giorno di più, trincerarsi dietro una “convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese” sa tanto di paraculaggine, perché uno sviluppo economico omogeneo non si realizza da solo, casualmente, improvvisamente, ma va programmato. E va programmato urlando a gran voce tutte le differenze che ci sono tra la Lombardia e la Sicilia o tra il Veneto e la Puglia, e cosa si ha intenzione di fare per appianarle.

I contratti si possono modificare se c’è accordo tra le parti, quindi non disperiamo.

Un grande in bocca al lupo al nuovo Governo per il cambiamento, sperando però che lo sia davvero.

di Federico De Giorgi, all rights reserved

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