IECUR FICATUM

di Redazione The Freak

IECUR FICATUM

di Redazione The Freak

IECUR FICATUM

di Redazione The Freak

IECUR FICATUM

Lontani, i pensieri
più non si possiedono.
Più non l’anima
percepisce
il riflesso del peso
che s’affonda di in là,
in là perisce.
Col mare a incontrarsi:
più in là, più in là.
Più oltre, più oltre:
destini leggiadri
per addobbarsi;
sapori leggeri
da confezionarsi.
Farsi burrasca di
rivolte,
di amore:
più avanti, l’orrore!,
nel terso clamore
ribotte corrotte
per bagni di folla
votati al pudore.
Rincorro le rime
che sempre banali
propinano suoni
insurrezionali.

“Lucumone, ni senti?”
Reboanti ruggiti
su rombi rutilanti
a stuprare poesie
di boschi vibranti.
Pulsanti, cangianti,
ni fanno la guardia
al viver sospeso
a Grazia indifeso.
Nulla possono
contro la mano canaglia
che frana, appiana,
bellezza tartaglia.
Ogni legno abbattuto,
un verso scomparso;
ogni tronco spezzato,
un ricordo riarso.
Di prati fioriti
e corse puerili,
violenti sospiri
da Ctonia rapiti.
Partorisce lo sdegno
corde di suono
che liberan tuoni,
non legano l’uomo.

Ma il tuono codardo,
spavaldo distante,
non canta tamburi
di abbracci futuri.
Non qui, ma ieri,
specchi già neri
di marosi destrieri
mostravan pianori
di ritorte rovine.
Convulse, contorte,
chiamavano morte
un nome di madre:
su labbra distolte
affiorava raccolto,
sanguigno tumulto.
Non mai la voce
giungeva sì dura
quanto il pianto sommesso
di vita criatura
spezzata, gettata,
per sempre negata
a chi per la nebbia
la strada avea inventata.

Le fiamme divorano
le roche illusioni
con voci pastose
di infermi ubriaconi
che ancora ammaestrano
i passanti curiosi.

Alto e basso,
amanti gaudenti e precipitosi,
si rincorrono seri
con copioni armoniosi.

E noi qui in mezzo
a vela spiegata
per farci gara
nella stessa regata
chiamiamo schiavi,
fratelli ingrati,
i nostri compagni
dai cuori scheggiati.

Di grembo e foglia;
stelle; uragani;
di sguardi complici
e tocchi fugaci
da tutta la vita
son quegli occhi macchiati.
Le macchie scintille
di vulcani ammaestrati
zampillano danze
di rivi infuocati.

E ‘l padrone col Sire,
tallone spietato,
conculcano il matto
d’amore malato.
Al remo pesante,
incatenato,
“Più forte, animale!”
lo fanno vogare.
Cosimino Ser Pennello,
cavaliere del balzello,
a sommossa ci chiamava.
Lì noi tisici vigliacchi,
sulle gambe dei cacicchi,
quattro conti ci siam fatti:
con la forca appesa al dito
abbiam scelto un altro rito
e Cosimino il Balzelliere
si è lasciato penzolare.

Io vaneggio,
non son presto:
l’amico Falerio
m’attanaglia ‘l cervello.

Superba chiglia
lanciata sul sole
dimentica
fatua
le antiche parole.
Il volo più folle,
corsa disperata,
a Morte paziente,
delusa,
scocciata,
puntuale presenta
in gran parata
l’inutile vampa
d’una razza appestata.

Tutto tace.

Tristo silenzio.

È finita la storia
d’un popolo fesso:
“Vestivano nomi
buffi e pomposi
che dessero impiego
a potenti boriosi”.

Tutto è perduto,
e forse è qualcosa,
se nel tèpido
vento,
in questa sera
fumosa,
origami vermigli
e geometrie astrali
descrivono i petali
sottratti ai giacigli.

Per chi può sentirli
si libran fulgenti.

Ma se vuoi vederli…
…per averli servirebbe
una bocca
di dolce memoria,
soffice e rossa,
che sapesse mangiare
col compagno caduto
un tozzo di pane.
Quel poco: diviso.

Li vedi,
ci vedo.

Non posso ignorare
quel filo intrecciato
con lacrime amare.

Per costoro ravvolti
nel gelido abisso
non voglio pagare
vivendo sconfitto.

Alza la testa
amica,
amante!
Compagna nei giorni
alla fretta sottratti
di inverni balordi
a gelo assuefatti.

Desta lo spirito
compagno fraterno!
Nulla è perduto
nel caos superno.
Finché il fragore
del mare imparziale
ci lascia nell’ossa
la forza ferale
d’accogliere
il colpo
quando cala più forte.
In sàpide nuvole
di gioie commosse
lo faremo esplodere
incoronandolo stretto
in ridicole nasse.

Di mano in mano
inciampa il racconto.
Per ora rimane
candido sogno.

Non più gli occhi
voglio però aprire
se ‘l povero e ‘l fragile
sentir debbo schernire.

Mi rifugio quaggiù
nel ventre del mondo.

Con Cosimino
a dipingere
su commissione.

Il tema per oggi è stato accolto:
si schierano vite
d’odio capovolto.

di Giuliano Mamino, all rights reserved

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