La politica è la grande assente

La politica è la grande assente

Si fa fatica ad intravedere una visione di lungo raggio
Così sarà più difficile uscire dalla pandemia

di Leonardo Naccarelli

La politica è la grande assente

La politica è la grande assente

La politica è la grande assente

di Leonardo Naccarelli

La politica è la grande assente

La politica è la grande assente

Si fa fatica ad intravedere una visione di lungo raggio
Così sarà più difficile uscire dalla pandemia

di Leonardo Naccarelli

Ma che cosa c’è in fondo a quest’oggi, di quasi festa e quasi male, di gente che si frantuma in un fiato senza soffrire, senza capire? Mi torna alla mente Guccini quando ripenso allo spettacolo tragicomico che ha offerto, pochi giorni fa, il Senato.

Quanto vorrei essere in grado di fornire una risposta, quanto sembrerebbe più autorevole e rassicurante quest’articolo. Tuttavia, mi sento nel buio e, come sempre avviene, l’oscurità si porta dietro angoscia e paura. La politica, che avrebbe il ruolo di portare la luce, è la grande assente.

Si fa fatica, infatti, ad intravedere una visione di lungo raggio nelle mosse dei principali attori dell’attuale scena politica. La tragicità del periodo storico esigeva un salto di qualità, una capacità di comprensione e di allineamento con il Paese. Il senso generale di delusione di fronte all’attuale situazione porta ad una domanda, la più pericolosa per la democrazia: ma, esattamente, questi dove vivono?

Come uscire vivi da una pandemia mondiale: sarebbe difficile, già per una classe politica di livello, trovare uno spazio in questo dibattito; con i personaggi a disposizione oggi la tentazione è quella di invitarli a lasciar perdere nella speranza che, nel frattempo, non abbiano già fatto particolari danni. Oggi posso onestamente dire: troppo tardi.  

Il governo Conte-bis rappresenta in questo momento la rappresentazione parlamentare del paradosso di Schrödinger: è vivo e morto allo stesso tempo. Vederlo cercare i responsabili al Senato mi ricordava le spasmodiche ricerche del decimo a calcetto. Il risultato non è stato così diverso: si sono acciuffati personaggi di ogni provenienza politica con il santino di Razzi sul comodino.

Occorreva allargare la maggioranza e c’erano da aspettarsi indegni accrocchi, ma nessuna preparazione è in grado di rendere un po’ meno penoso quanto avvenuto. Se il governo M5S- PD era un Frankenstein, per il governo M5S- PD- esponenti in fuga da Forza Italia bisogna pensare ad esperimenti di vivi-sezione venuti particolarmente male. 

C’è però qualcuno che intravede della strategia in questo disperato tentativo di aggrapparsi alla poltrona. Mentre era ancora in corso la votazione al Senato, su La7 intervistavano Pierluigi Bersani, uomo che io stimo anche molto. A suo avviso, in Parlamento stava finalmente avvenendo il distacco della destra liberale dal sovranismo nero: queste persone vanno accolte in vista di un allargamento di campo della sinistra.

Non mi sento di condividere quest’analisi. In primo luogo, per quanto mi riguarda, la destra liberale sta bene dove sta. Non esistono le basi per un avvicinamento, non c’è un sistema di valori condivisi su cui poter costruire un’alleanza. 

Ma soprattutto, per poter estendere oltre le aule parlamentari quello che succede al loro interno occorrono due elementi fondamentali: il Parlamento deve ancora rappresentare qualcuno; il dinamismo parlamentare deve riguardare dei gruppi o comunque dei soggetti che si muovono perché li spinge una visione di Paese. Nessuna delle due condizioni è presente.

Il Parlamento, infatti, non è più lo specchio del Paese nonostante sia passato relativamente poco tempo dalle elezioni; di tutta una giornata di discussione parlamentare l’opinione pubblica si è concentrata sulle peripezie di Ciampolillo: siamo diventati la Repubblica dei meme e non ce ne siamo neanche accorti.

In secondo luogo, chi dall’opposizione è passato a sostenere Conte non è portavoce di nessuno, non ha un elettorato di riferimento pronto a sostenerlo, il suo unico scopo e desiderio è, legittimamente per carità, non andare a casa. Cosa c’entra in tutto questo con il rinsavimento della destra liberale? Un interrogativo cui non sono, onestamente, in grado di dare una risposta.

Passiamo ad Italia Viva. Sapevo che prima o poi Renzi avrebbe pugnalato alle spalle il governo perché era nei suoi piani sin dai primi attimi di questo governo. Il problema col leader di Italia Viva è che a pensar male di lui ci si azzecca sempre: in questo ha una sua costanza.

Il discorso al Senato di Renzi aveva degli spunti interessanti: il frammento che mi ha colpito di più riguardava il rimprovero a Conte per non aver avuto il coraggio di dimettersi. Faccio sommessamente notare che, se Italia Viva avesse votato no in aula, avrebbero obbligato Conte a lasciare il suo incarico.

Capire perché Italia Viva abbia deciso di astenersi è abbastanza agevole: i parlamentari di Italia Viva, se vi fossero le elezioni anticipate, dovrebbero poi trovarsi un impiego. Vedere queste crisi di governo a metà mi fa quasi rimpiangere Bertinotti, che è tutto dire. Una parte di me si chiede come si sarebbe comportato il Renzi premier di fronte ad una crisi aperta da un partitino dal 2%, ma la risposta sarebbe solo maligna e non contribuirebbe al dibattito.

Se alla base delle azioni di Renzi non vi è una strategia vi sarebbe da indignarsi perché ha giocato col destino di un Paese morente per un po’ di celebrità; se non vi fosse una strategia occorrerebbe riaprire i manicomi. Non so cosa sia meglio.

Infine, ci sarebbe da spendere qualche parola sul centrodestra. Nonostante qualche defezione tra le fila di Forza Italia, in questi giorni stanno chiedendo a gran voce le elezioni anticipate e, guardando le percentuali nei sondaggi e nelle elezioni locali, si capisce perché: vincerebbero a mani basse. Esistono, però, degli aspetti che mi lasciano perplesso.

In primo luogo, quale sarebbe la loro strategia per governare il Paese se ne avessero l’opportunità? Dall’inizio dell’emergenza sanitaria ed economica hanno cambiato idea migliaia di volte avendo come unico obiettivo attaccare il governo sempre e comunque. Qualcuno era governista perché abbiamo avuto la peggior opposizione d’Europa parafrasando Gaber.

Inoltre, io continuo a non capire come possa una coalizione con i due partiti maggiori di estrema destra chiamarsi “di centrodestra”. Chi aspira a governare un Paese non può covare al suo interno una tale ambiguità.

La confusione e la povertà delle idee di questa classe politica ci ha condotto in una crisi inspiegabile nel suo inizio ed impronosticabile nella sua fine. Non resta che attendere e sperare nell’unica persona in grado di trovare il bandolo della matassa: Sergio Mattarella.

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