GOTV: “Get out the vote”

di Redazione The Freak

GOTV: “Get out the vote”

di Redazione The Freak

GOTV: “Get out the vote”

di Redazione The Freak

ESCLUISVO: “Behind the scenes” è una nuova rubrica di The Freak, grazie ad un corrispondente top secret che dall’America seguirà la campagna elettorale di Barack Obama. E ci racconterà i dietro le quinte, quello che i giornali non scrivono e la gente non sa.

18/10/2012

Le tre fasi della campagna elettorale sono la “persuasione” (durante l’estate), la “registrazione” (si registrano i votanti fino all’ultimo giorno disponibile, che varia di stato in stato ma che in genere è ai primi di ottobre) e il “voto” (GOTV, in cui si esercita la massima pressione per convincere i cittadini a votare nelle ultime due settimane).

GOTV è l’acronimo di “Get out the vote”. È il momento in cui tutto il lavoro dei mesi precedenti, la raccolta dei dati, l’educazione dei volontari, la creazione delle “squadre” e le centinaia di migliaia di telefonate fatte devono dare i loro frutti. All’inizio di ottobre, l’ufficio centrale dello stato pullula di volontari. Nel cosiddetto “bullpen”, la grande sala piena di tavoli, siedono almeno trenta persone, costantemente al telefono e al computer. Oltre a telefonare ai votanti negli stati-chiave, cercano volontari per gli ultimi giorni della corsa.

Quando – in una riunione – ci illustrano le cifre dell’estate, scopriamo con orgoglio di aver già superato i numeri del 2008. Tanto per dare un’idea, abbiamo fatto due milioni di telefonate…

Nelle città, la campagna elettorale organizza e prepara un piccolo ufficio in ogni quartiere: in ciascuna di queste “location” (orribile “anglofonismo” che usano gli italiani a sproposito, eppure in questo caso molto appropriato) ci sono alcuni telefoni fissi, una linea wi-fi e posti per una ventina di volontari. Sono anche vicini ad una strada principale, perché devono fungere da luoghi di “lancio” dei pullman di volontari diretti negli stati in bilico. Ogni membro permanente della squadra di quartiere ricopre un ruolo ben preciso e definito: c’è chi si occupa di organizzare i bus, chi “allena” i telefonisti, chi provvede agli snack e alle bibite. Per tutte le quattro giornate (3-4-5 e 6 novembre), per 13 ore al giorno, i volontari si alterneranno ai telefoni e nei viaggi verso gli stati chiave.

Tutti gli sforzi della campagna elettorale, tutta la tensione, tutte le notti passate a snocciolare cifre e a contare i volontari sono propedeutiche a questi ultimi quindici giorni. C’è un training apposito per noi, che dobbiamo guidare queste squadre in modo manageriale, efficiente e senza commettere errori. Ci insegnano come dobbiamo risolvere i problemi, come dobbiamo convincere i nostri volontari a partecipare a questa stressante cavalcata, come dobbiamo raccogliere le informazioni e i dati in tempo reale, in modo da poter aggiornare il database con i dati di chi ha già votato. In alcuni stati, dove esiste il voto anticipato, bisogna chiamare già da ora per stimolare i cittadini a recarsi alle urne in anticipo, facilitando il lavoro nei giorni cruciali; in altri stati, dove il voto anticipato non è possibile, si prepara il terreno per la maratona del 6 novembre, in cui avremo solo poche ore per telefonare ai votanti e convincerli ad andare alle urne.

Gli sforzi si concentrano essenzialmente sulle persone che votano per il Presidente, ma che non sono particolarmente intenzionate ad andare alle urne: il nostro compito è – letteralmente – tirarli giù dal letto e mandarli a votare. Una squadra di 2000 avvocati volontari presiederà i seggi per evitare che zelanti funzionari (repubblicani) impediscano il voto alle categorie deboli: in America, succede anche questo.

L’eccitazione è palpabile e la tensione nervosa è talmente alta che spesso volano parole grosse. Ci sono ruoli da distribuire e persone da reclutare. La sera, vado a dormire distrutto e felice. Domani toccherà a Barry – nel dibattito contro il cattivo mormone – dimostrare di che pasta è fatto.

2 risposte

  1. Avrei una domanda banale: i cittadini americani non vivono queste “telefonate” come una forma di pubblicitá elettorale aggressiva o comunque che viola i propri dati, e la propria sfera, personale? Non c’é il rischio che una “propaganda” cosí aggressiva sia controproducente?
    Inoltre:
    – in cosa consisterebbe la telefonata? si tenta di convincere al voto in base ad argomentazioni che tengono conto delle “caratteristiche” (mestiere, area residenziale, estrazione culturale) del destinatario?
    – in che modo i repubblicani impedirebbero alle categorie deboli di votare? un esempio?
    Thank you!

  2. Caro lettore,
    1. La prima domanda non è affatto banale. Puoi credermi se ti dico che mi ci sono arrovellato anche io. All’inizio, l’idea di telefonare una persona “a freddo” (qui le chiamano “cold calls”) mi sembrava mostruosa.
    Sulla questione della privacy, è il national committee del partito che crea un database con i dati dei propri supporters (negli Stati Uniti, coloro che vogliono votare devono “registrarsi” – e il più delle volte lo fanno menzionando il partito politico al quale si sentono legati). Il database è un meccanismo assolutamente legale: se una persona non vuole essere contattata, semplicemente lo dice e il volontario che telefona attacca. Le liste di persone che vengono stampate per le telefonate devono essere distrutte entro 24 ore.
    Sulla seconda parte della domanda, voglio dirti che gli americani sono profondamente partecipativi: sono “politici”, non “ideologici”. Ciò li porta ad offrire spesso il loro tempo e il loro denaro se credono in una causa. Molti di loro attendono solo di essere contattati, che gli si offra la possibilità di “partecipare”. Bisogna inoltre fare una distinzione tra le chiamate per contattare potenziali volontari, e quelle che servono a “influenzare” il voto: nel primo caso, il più delle volte la persona ha fornito i propri dati durante una sessione di “canvassing” (è stato contattato in strada in precedenza); nel secondo caso, da parte della persona contattata c’è una maggiore diffidenza. Tuttavia, il principio generale è racchiuso in una frase di Wayne Gretzky: “Si sbagliano il 100% dei tiri che non si prendono”. Si possono convincere molte persone, risvegliandole dall’apatia del non voto: essere propositivi, audaci e decisi non vuol dire essere aggressivi.
    2. La telefonata ha sempre uno “script”, uno schema predefinito che varia in relazione al tipo di telefonata; se serve per reclutare un volontario per un evento, lo script conterrà un invito a “partecipare”; se serve per convincere un votante disilluso e scontento in una particolare area del paese, sarà più articolato e strutturato. Mi ripropongo di inviare uno “script” a Daniele, ma credo che glielo farò pubblicare solo dopo le elezioni.
    3. Per quanto riguarda le restrizioni al voto, non credo siano un segreto. Decine di articoli hanno parlato dell’argomento negli ultimi mesi. Puoi documentarti sull’Huffington Post, sul New York Times o sul Washington Post alla sessione voter suppression.
    In sostanza, mentre i principi del voto sono decisi dalla Costituzione, le modalità sono stabilite dagli Stati: ciascuno stato decide se, per esempio, offrire ai suoi cittadini il voto “anticipato” o il voto per posta. Recentemente, alcuni governatori repubblicani – con la scusa di cercare di evitare le frodi elettorali – hanno ristretto l’accesso al voto: per esempio, impedendo agli studenti di votare usando la “Student ID card” o costringendo gli anziani a richiedere un documento d’identità con foto (in molti stati non esiste la carta d’identità, ma è considerato documento d’identità la patente che gli anziani spesso non hanno più e che molti “poveri” non hanno i mezzi per richiedere). L’esborso economico e la fatica fisica che occorre per richiedere i documenti spingerebbe molti americani poveri, anziani o giovani, a non votare.
    Tieni presente che – nella maggior parte degli Stati Uniti – il documento d’identità con la foto serve solo al “primo voto”. Successivamente, basta il social security number o l’assicurazione sanitaria – tutti documenti senza foto.
    Per semplificare: è come se la legge ordinasse ad un signore di 80 anni di ritirare un documento d’identità in un ufficio a 250 chilometri di distanza se vuole votare.
    Alcune di queste leggi sono state dichiarate incostituzionali dai tribunali federali; e la campagna elettorale invierà decine di migliaia di avvocati volontari ai seggi per “proteggere il voto”.
    A questo punto, mi chiederai: perché il Presidente non ne ha mai parlato e non se n’è mai lamentato? Perché in questo paese i lamenti non pagano, nemmeno quando si basano su ingiustizie reali.

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