GIUSEPPE PALMISANO ED IL PENSARE OLTRE

di Maddalena Crovella

GIUSEPPE PALMISANO ED IL PENSARE OLTRE

di Maddalena Crovella

GIUSEPPE PALMISANO ED IL PENSARE OLTRE

di Maddalena Crovella

PENSARE OLTRE: LO SGUARDO DI GIUSEPPE “IOSONOPIPO” PALMISANO

Nei momenti di noia pomeridiana, prima di andare a dormire o in un lungo viaggio in autobus mi capita spesso di aprire quella finestra dai contorni blu, chiamata facebook, per ingannare la noia, curiosare tra dissertazioni momentanee ed esistenze di varia natura, alla ricerca di qualcosa che riesca a catturare il mio interesse. Un giorno mi capitò, per puro caso, di vedere una fotografia: ritraeva una ragazza dalla pelle chiarissima e i capelli rossi che giaceva dormiente ed eterea all’angolo di un divano. La luce e i colori di quello scatto m’incantarono. L’autore era Giuseppe “iosonopipo” Palmisano, giovane artista pugliese. Misi un like.
Oggi, a distanza di quasi un anno, ho avuto il piacere di intervistarlo in occasione della sua prima mostra personale di fotografie, tratte dal libro “Oltrepensare”, che sarà inaugurata il 4 novembre presso L’ex Chiesa dei Cappuccini di Civita Castellana.

Ma chi è Giuseppe Palmisano e come nasce il nome d’arte Iosonopipo?

Giuseppe Palmisano è un giovane ragazzo vecchio di quasi 27 anni, nato in un paesino della Puglia ma da subito nomade alla rincorsa dei sogni. Il primo l’ho realizzato all’età di 20 anni, quando vivevo a Roma per far teatro, proprio in quel momento, frequentando dei provini o delle feste pseudo vip-radical chic qualcuno a qualche mio intervento si chiedeva con la solita faccetta saccente “e mò questo chi è?” e da lì “iosonopipo”.

Il 4 novembre compi 27 anni e inauguri la tua prima mostra personale, come mai hai scelto proprio questa occasione?

È stata una proposta dell’organizzazione di Civitonica quella di farla il 5 novembre, io stavo cercando un’operazione carina ed efficace di edizioni e prezzi per ogni foto e quando ho pensato e proposto il 4 avevo già tutto chiaro in mente, non sono mai stato una cima in matematica ma 36 foto per 27 pezzi = 97,20 cadauno mi piaceva un sacco.
Le fotografie che metterò in mostra sono tratte da Oltrepensare, raccolta di immagini e parole, pubblicata poco più di un anno fa da Habanero.

Tra le tue attitudini, infatti, c’è anche la scrittura, in che modo quest’ultima si lega al racconto per immagini?

Libro oltrepensare

La scrittura è nata per alleggerire le foto, quando le pubblicavo sui primi social c’era lo spazietto per le didascalie vuoto e quel vuoto mi pesava, così come mi sembrava tracotante lasciar la foto da sola, che date le mie scarse qualità tecniche sarebbe stata bersaglio di smanettoni e fotoamatori, per questi motivi ho inziato a scrivere delle frasi, di lì a poco avrei capito che avevo un mio modo di scrivere e comunicare, alcuni mi dicevano “che bello quello che scrivi” piuttosto che farmi complimenti per le foto e allora è divenuta una cosa autonoma. Di sicuro non ho mai concepito una foto a partire da una frase, almeno non consciamente.

I soggetti dei tuoi scatti sono figure femminili, spesso prive di qualsiasi identità, alcuni corpi sembrano esanimi, alla stregua di oggetti. Penso ad esempio alla serie Abat-jour, dove ogni soggetto diventa parte dell’arredo: quali sono le tue fonti d’ispirazione nell’arte e nella vita?

Sono un ladro, rubo dalla vita e dall’arte senza delle volte esserne cosciente, guardo tantissimo ma non mi soffermo mai, rubare la vita alla vita è come spiare le persone, cosa che faccio. Studio le relazioni, scommetto sugli amori senza farmi accorgere e così spesso faccio anche con l’arte: entro in libreria a sfogliar dei cataloghi, mi faccio raccontare delle performance da amici, do delle occhiate alla vetrina di una galleria. Questa sorta di Empirismo eretico come lo chiamava Pasolini credo sia il mio metodo. Non credo nell’ispirazione, almeno nell’accezione usata da tutti. “Oggi sei ispirato o?” nutro un vero ripudio per questa frase.

La nudità è un elemento predominante in ogni tua fotografia ma non è mai totalmente esplicita. C’è sempre una sensualità “velata”, filtrata: negli scatti questo fattore è reso concreto da diversi elementi come i collant o i tessuti delle tende, quasi a voler invitare lo spettatore ad osservare e “pensare” oltre…

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Una donna nuda è sensuale, questo è un dogma. Lavare il corpo dall’erotismo e dalla sensualità è solo una delle sfide poste nella mia ricerca, il fallire ne è una scoria che produce quella singolare sensualità velata che tu dici, i collant sono la virgola di colore che ho usato per smorzare l’erotismo e inserire un lato forte del mio carattere artistico che è l’ironia. C’è però un elemento non trascurabile che è il feticismo, qualsiasi cosa che tu creda allontani l’erotismo per altri potrebbe accentuarlo, è un dedalo da cui non ne uscirò mai fuori, tanto che alcuni l’han definito Erotismo dell’assurdo.

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Il successo del tuo progetto nasce su facebook, che ruolo ha avuto il web per la diffusione della tua arte?

La parola progetto non mi piace per niente, seppur molte cose si progettano vivo sempre seguendo un flusso di stimoli che son ben lontani dal preventivare quel che succede e programmarlo, Il web è un veicolo dall’esterno all’interno e viceversa, è il modo migliore per farsi conoscere, quello più meritocratico ma anche spietato. Se sopravvivi a lungo andare al web hai vinto. Per me è sicuramente stato fondamentale, il racconto che si crea tra chi ti segue, vede i tuoi progressi, come se la pagina facebook fosse allo stesso tempo il tuo romanzo di formazione. Questo nell’epoca del grande fratello, e del panottico social mediatico funziona tantissimo.

Quali lavori stai portando avanti in questo momento e quali sono gli spunti per un’esposizione successiva alla prima di Civita Castellana?

Sto portando 36 lavori. Molto importante rispetto a un’esposizione classica, e alla pari di quel che ci metto nelle cornici, c’è la modalità di esposizione: sto chiedendo a 36 persone sconosciute del luogo e dintorni di prestarmi una loro sedia, dove adagerò la mia foto. È un’azione collettiva interessante, di sostegno nel vero senso della parola. Credo nella collettività, nel web 3.0 dove ci si conosce e aiuta, e poi mi permette di scoprire chi ci vive nel luogo dove io affermo quel che sono, per me l’ascolto è fondamentale arrivato in un nuovo luogo. Questa azione che mi ricorda quando mia nonna chiedeva di portarsi dietro le sedie ai suoi ospiti a pranzo è il giusto compromesso con la dimensione mostra che mi è sempre stata stretta. Ho deciso che proverò a farne altre 26 ogni volta con modalità nuove ed estemporanee.

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