Franco Stone – Per un teatro puzzle

di Aretina Bellizzi

Franco Stone – Per un teatro puzzle

di Aretina Bellizzi

Franco Stone – Per un teatro puzzle

di Aretina Bellizzi

Franco Stone – una storia vera mostra quello che accade sulla scena quando la forma di uno spettacolo diventa contenuto o meglio quando il contenuto si decompone, si frammenta e si dissolve nella forma.

Non spaventatevi, non è la drammatizzazione di un trattato di filosofia quello che abbiamo visto ieri al Vittoria.

È uno spettacolo ad alto livello di sperimentazione, un magma volutamente informe che invade il teatro e lo spettatore con continue suggestioni: si ha la sensazione di entrare in un’altra sala e di veder cominciare un’altra storia. Perché quello che ci hanno proposto i Sacchi di Sabbia sembra un puzzle. Un collage di modi diversi di dire le cose, di stare sul palco, di fare arte. Come fossero parte di una matrioska, i livelli narrativi in cui è decostruita la storia stanno uno dentro l’altro, la mistione talvolta anche incongrua di canali diversi di espressione rende il tutto ancor più fluido e incorporeo.

Franco stone

Lo spazio scenico sembra invaso da presenze indiscrete che lo abitano ora in una funzione ora in un’altra senza mai definire il proprio ruolo in modo univoco.

Lo spettatore, disorientato, non sa a chi dare ascolto, non sa se sia più vero quello che vede o quello che sente, o quel che appare sullo schermo, le didascalie e le immagini, parte integrante dello spettacolo. La loro immediatezza e il loro potenziale ironico, e quindi distruttivo, abbatte definitivamente la quarta parete, assieme all’intervento di un misterioso intervistatore. Una voce che arriva dalla stessa parte del pubblico, ma sembra venire dal futuro.

Non abita né lo stesso spazio né lo stesso tempo dello spettacolo ma lo guarda e sembra consapevole di rompere la finzione scenica ogni volta che interviene. Ma anche chi lo abita fa un uso metateatrale del palcoscenico: chi canta poi muore come attore sulla scena per poi tornare a cantare come nulla fosse accaduto. Un’osmosi pericolosa, a tratti disturbante tra la verità e la finzione, tra l’azione del raccontare e il racconto stesso.

È un’opera lirica e insieme una graphic novel, è una ricostruzione storica e insieme un fantasy-gotico. È la forma che si fa contenuto e il contenuto che diventa forma. È il teatro che va oltre se stesso e gioca con tutti gli strumenti a sua disposizione, che cerca la sua essenza per distruggerla.

di Aretina Bellizzi, all rights reserved

Aretina Bellizzi partecipa al Teatro e Critica Lab, un laboratorio guidato da Simone Nebbia e Doriana Legge di Teatro e Critica. Il laboratprio si propone programmaticamente di fare da “setaccio” e perciò ha deciso di chiamare il giornale “U Crivu“. La redazione è composta da Rosa Maria Alario, Aretina Bellizzi, Pino Clausi, Katia Colica, Miriam Guinea, Lorena Martufi.

L’articolo è pubblicato dal giornale cartaceo U Crivu

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