“Formattazione”
raccolta poetica edita da The Freak

"Formattazione"
raccolta poetica edita da The Freak

Intervista a Davide Sabatino, autore della nuova raccolta di poesie edita da The Freak

di Redazione The Freak

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di Redazione The Freak

“Formattazione”
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"Formattazione"
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Intervista a Davide Sabatino, autore della nuova raccolta di poesie edita da The Freak

di Redazione The Freak

Formattazione”. Come nasce la passione per la scrittura e nello specifico per il genere poetico?

Direi che è innata. Fin da adolescente ho sempre sentito l’esigenza di condensare in forma scritta ciò che avvertivo nell’invisibile, fossero questi pensieri, sogni, domande o semplicemente parole trasmesse da altri mondi.

Quali autori hanno maggiormente ispirato la tua poetica e come pensi che l’abbiano influenzata?

Sicuramente c’è stato un avanzamento in corso d’opera, se così possiamo dire. Infatti all’inizio trascrivevo in modo diretto e impressionistico tutto ciò che arrivava alla coscienza, spesso ritrovandomi a rileggere parole che io stesso non riuscivo a riconoscere se veritiere o se frutto di qualche elucubrazione mentale. Con la scoperta della poesia crepuscolare e, in particolar modo, quando mi trovai di fronte al verso di Corazzini «Io non sono un poeta», nella famosa poesia Desolazione del povero poeta sentimentale, in quel preciso momento, mi accorsi che ciò che stavo tentando di compulsare era l’immagine di un poeta che non fosse “poeta di professione”.
Di conseguenza ebbi modo di approfondire la poesia simbolista, l’ermetismo di Ungaretti e di Alfonso Gatto, per citare solo due dei nomi più importanti; ma ciò non era ancora sufficiente. Rapidamente crebbe in me il desiderio di legarmi a un universo poetico che fosse meno “letterario” e più vicino alla mia esperienza interiore, dunque scoprì quella che si potrebbe definire tecnicamente lirica apocalittica. Figure come Rimbaud, Nietzsche, Thomas, Trakl, Celan, Campana erano le uniche in grado di far vibrare le corde della mia anima in modo unico e – tutt’oggi – ineguagliabile. La densità della loro parola, la ricchezza dei loro spunti intuitivi, l’amore per lo spirito di verità che – al di là del bene e del male – echeggia furente in ogni loro verso, sono questi gli insegnamenti che cerco di incarnare, come posso, in ogni istante della mia vita creativa.

L’autore, Davide Sabatino

Potresti spiegare ai nostri lettori che cosa significa per te “Formattazione” ?

Come ho cercato di sintetizzare nelle Note al lettore, riportate nelle ultime pagine del libro, il termine Formattazione va inteso nel suo senso comune e non metaforico di cancellazione definitiva, di svuotamento totale del supporto di memoria affinché possa essere libero e pronto a ricevere nuovi contenuti. Solo in un secondo momento questo procedimento meccanico potrà essere compreso nel senso dell’allegoria. Formattazione diviene così un movimento interiore alla persona, una sorta di cambiamento radicale del suo stato fisico e mentale che fino a quel momento lo caratterizzavano nel segno della rigidità e della distrazione.
Un sinonimo di formattazione che mi piace molto, utilizzato sempre nell’ambito informatico, è inizializzazione. Infatti, il senso profondo di questa operazione risiede proprio nel tentativo di resettare progressivamente la struttura condizionata della nostra forma mentis, non tanto perché si desidera l’oblio e l’annichilamento fine a sé stesso, bensì per iniziare a osservare il mondo e noi stessi con occhi nuovi e rigenerati. La poesia, dal mio punto di vista, è l’unico linguaggio in grado di aprirci all’esperienza di un processo interiore di questa portata; un processo che appare così drammatico quanto affascinante.

Il libro è articolato in sette sezioni le quali narrano di un percorso definito. Puoi descriverle meglio e spiegare le ragioni che ti hanno spinto a suddividere la tua silloge in questo modo?

La suddivisione in sette capitoli ha due motivazioni principali, la prima motivazione è di carattere “strutturale”, di componimento dell’opera, mentre la seconda è di natura “trascendentale”, legata al senso nascosto nel testo. Dal punto di vista strutturale il fatto di scandire i vari passaggi interni al libro nominandoli a mo’ di procedimento informatico (disco rigido, archiviazione, i dati, memoria limite, eccetera) serve a semplificare lo scenario architettonico complessivo dell’opera, invitando il lettore a seguire passo dopo posso ciò che accade in quel divenire poetico-esistenziale quel è appunto Formattazione. Su un piano più profondo però, quello detto trascendentale, il numero sette è da leggere nella sua implicazione simbolica ed esoterica. Sette infatti è il numero della perfezione, della completezza e della divinità. Questo numero ritorna spesso nella poetica dei Salmi («raffinato sette volte» Salmo 12,7), ma lo si ritrova anche nell’itinerario mistico descritto da Santa Teresa D’Avila nel suo Castello interiore. Insomma, da una parte tale partizione può essere utile per assecondare un certo desiderio schematico che chiede ragione del percorso delineato dall’autore, dall’altra però mira a sottolineare l’importanza di una ricerca più profonda che tenga conto persino della numerazione dei capitoli e dell’implicita simbologia latente in questo tipo di dimensione poetica.

Il tuo libro si apre con una dedica all’incontro con Marco Guzzi. Puoi raccontarci meglio come avvenne ?

Volentieri! Anzi, grazie per la domanda. L’incontro con l’opera di Marco Guzzi fu per me qualcosa di veramente straordinario, di dirompente e di decisivo per quanto riguarda il mio agire poetico, ma non solo. Intorno ai diciannove anni, mentre stavo sfogliando qualche libro in una libreria torinese che possiede solo libri fuori catalogo, mi imbattei in un testo che aveva come titolo La svolta. La fine della storia e la via del ritorno (anno 1987). Solo dopo scoprii che il libro che mi accingevo a comperare in fretta e furia era, in realtà, uno dei primi testi di Marco Guzzi e che questo autore vivente, fino ad allora a me sconosciuto, aveva già pubblicato una serie importante di libri presso una collana da lui diretta che si chiamava, e si chiama ancora, Crocevia. Ero su di giri. Da tempo infatti speravo di incontrare qualcuno che fosse in grado di soddisfare la mia esigente richiesta di autorevolezza e di onestà d’animo. Grazie a quel magnifico incontro provvidenziale, tornò in me la voglia di vivere e di continuare a scrivere. Di lì a breve riuscii a conoscerlo di persona, in occasione di una sua conferenza in Piemonte, ed ebbi il piacere di confermare tutto ciò che avevo percepito leggendo le sue parole. Conobbi così la sua scuola Darsi Pace, Movimento culturale di liberazione interiore per la trasformazione del mondo. In questo momento sto frequentando il sesto anno del percorso, oltre ad essere membro originario del Movimento L’Indispensabile che è la parte politica giovanile di questa ricca realtà associativa. Il mio primo libro di poesie non poteva che essere dedicato a lui.

“Formattazione” si prefigge di raggiungere “lo strato più profondo dell’esistenza umana”. Come definiresti il tuo viaggio in questo Abisso? E che ruolo ha avuto la poesia?

Cercherò di essere sintetico perché la risposta a questo tipo di domanda richiederebbe molto tempo. Il viaggio di cui parlo nel libro è un viaggio alla scoperta di sé stessi. Dunque ci sono evidentemente dei riferimenti soggettivi, ma ciò che conta è l’universalità di questo evento itinerante. Se proviamo ad osservarci rimanendo anche solo sul piano fenomenologico dell’esperienza umana ciò che incontriamo quasi subito è una mancanza, un’insoddisfazione radicale o, detto in altri termini, una grande paura della morte. Questo punto di malessere profondo e non del tutto esplorabile con mezzi umani, dalle varie tradizioni spirituali è stato chiamato Abisso. Il linguaggio poetico, come ci ha insegnato la filosofia analitica di Martin Heidegger, è quel tipo di idioma che rimane particolarmente vicino al punto abissale e che – simbolicamente – parla a partire dalla contemplazione di ciò che accade attorno alla voragine. Ecco perché ognuno di noi quando prova a farsi carico delle parole che emergono dal confronto con l’Abisso che ci abita, che lo sappia o meno: è poeta.

La tua scrittura tende al superamento del limite attraverso la parola creatrice per trarne un insegnamento valido. È quello che tu definiresti slancio eroico e spirito di intraprendenza. Potresti spiegarci meglio questo pensiero?

Come dicevo, stare di fronte all’Abisso non è un gesto che si può fare superficialmente. Figuriamoci poi se dovessimo pensare di voler superare questo baratro (cosa buona e giusta). Come insegna ogni leggenda sul cammino dell’eroe, per affrontare la sfida finale servono molti anni di preparazione. Le prove sono all’ordine del giorno e le oscillazioni, le cadute e i ritardi, fanno parte della lezione.
Quando accenno alla “parola creatrice” mi riferisco a un dire che sia il più possibile espressione dell’autentico. La parola infatti, essendo qualcosa di invisibile, tende a svanire, a non essere presa più di tanto in considerazione. Eppure, non appena riusciamo a fare silenzio dentro di noi, la cosa che ci tormenta enormemente è proprio il logorio delle parole, di quelle parole che non sono altro che pensieri confusi. In questo senso, io penso che sia necessario riscoprire il gusto della parola vera, precisa e autentica, che ci aiuti a resistere all’attrazione gravitazionale dell’Abisso e che, al contempo, ci dia la forza per oltrepassare ogni buco di insensatezza nella speranza di vivere una vita meno pesante e più vicina alla verità.

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