FLEUR DE LIS

di Isa Milk

FLEUR DE LIS

di Isa Milk

FLEUR DE LIS

di Isa Milk

FLEUR DE LIS

a Ilario e Davide

(Il desiderio condiziona il pensiero)

 

Mi ricordava la strada di casa.

Pensavo al tuo foulard preferito preso a Firenze, durante il viaggio di nozze. Lamborghini che sfidava il vento e Rebecca che ti cresceva dentro. Da ragazzino ne sapevo di più delle stelle. Avrei potuto indicarle prima di far l’more e parlare dei miei sogni con le mani sui fianchi.

Ora,  invece,  avresti scelto il silenzio. Stanca di ogni discorso.

Fleur de lis è un’isola. Solitaria, nera e inquietante. Non ti accoglie con le solite attrattive turistiche. Non ci sono ombrelloni né discoteche. È atavica. Un’isola che sembra ascoltarti senza pregiudizi. Una sorta di confessionale dove cerchi di capire qual è l’espiazione migliore per le tue colpe.

Vedo reti alla mattina, sulla spiaggia di Gadir. Profumo di passito e capperi tra punti di domanda rinchiusi in giardini circolari. Nessuno ti parla. Nessuno ti chiede che c’è. Eppure non senti la solitudine come in città .

Il 16 ottobre è festa patronale: san Fortunato. E tutti aspettano i fuochi d’artificio che si confondono di notte con le luci d’Africa. Nei bar e nelle cantine ne sentivo parlare da giorni. Nessuno era intenzionato a coinvolgermi. Erano tutti autosufficienti. Famiglie avrebbero cucinato, altre si sarebbero occupate dell’allestimento nella piazzetta a Garitte Karuscia, altri avrebbero tenuto occupato Ilario fino alla mezzanotte.

Chi è Ilario? Continuavo a ripetermi. Sarebbe stato troppo esternarlo. Sarebbe stato troppo riconoscere interesse verso persone così diverse da me. IO,  celebre scrittore internazionale in cerca di un posto nel mondo dopo la Perdita di ciò che avevo più caro; IO che cercavo isolamento e anestesie illegali per dimenticare la mia stessa identità; IO che avrei preferito la morte piuttosto che vedere la lapide con un’immagine sorridente che bloccava ogni respiro che mi rendeva miseramente finito di fronte la crudeltà  della natura;IO NON DOVEVO provare interesse verso nessun essere alcuno.

Eppure nella mente e nel cuore avvolta dal dolore c’era quella domanda:

Ditemi buonuomini: chi è Ilario?

Ilario è giovane. Ilario sembra un piccolo nordico in vacanza.  Ha i capelli biondi e gli occhi verdi con pagliuzze dorate,  incorniciate da lunghe ciglia che catturano il sorriso dei passanti. Ilario beve l’estathè alla pesca e mangia il gelato solo con la mano sinistra perché è quella degli artisti. Ilario ha visto tutti i film con Bud Spencer ma piange di fronte alla violenza. Ilario è figlio della più importante famiglia di Fleur de lis,  ma non conosce i vizi e la furbizia. Ha difficoltà  a parlare ed è diversamente sensibile. Perché la differenza con i normali è solo nella sensibilità. Una mattina di maggio stanco dell’esistenza scontata e infeconda decisa dalla sua famiglia e dei limiti imposti dalla malattia ha pensato che c’era un posto anche per lui, fuori.

In casa lo cercarono per ore. Per la città  nessuna traccia. Era in spiaggia tra lo stupore dei pescatori. Tutti sapevano chi era ma nessuno riusciva a credere che PROPRIO LUI era disposto a lavorare con loro per una buona paga. Ilario amava il mare più di ogni altra cosa. E quegli uomini così veraci e schietti erano degli idoli più di ogni attore americano. Più di ogni calciatore di serie A. Più di ogni cantante pop. Erano uomini liberi. Liberi di navigare,  di sognare. Di vivere in mare. E aveva capito che la salvezza era entrare in quel mondo senza confini.

Il 16 ottobre i fuochi di Fleur de lis erano solo per Ilario, per il compleanno di Ilario. Sembrava una sceneggiatura defilippiana dove ogni personaggio aveva un peso determinante in quell’evento tanto atteso. Ilario era un esempio per tutti. Per ogni momento di sconforto. Per ogni lamento. Per ogni emozione non detta. I genitori di Ilario avevano contribuito esclusivamente al decoro di tutto le vie dell’isola.

Fleur de lis come una palla di neve. Ed io ero dentro. Con la consapevolezza di essere perfettamente incastonato in quel meccanismo fantastico. E immaginavo te, amore mio,  muovere questo souvenir per vedere la neve sul mare.

L’ho cercato quella sera e mi sono presentato con il migliore dei vestiti. Ero insolitamente emozionato. Nobel,  red carpet, festival e cene di beneficenza : niente reggeva il confronto. Gli occhi verdi di Ilario mi leggevano dentro. Mi sentivo scoperto. Aveva capito tutto, ne ero sicuro.

Come ogni ricorrenza che suole rispettarsi avevo portato un piccolo presente per i suoi diciotto anni: il mio ultimo romanzo. Nessun bacio o ringraziamento. Solo una domanda dopo la dedica.

Rebecca era tua figlia?

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