Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

Maria Rosaria Ferrarese traccia una geografia spazio-temporale del potere
con tre sfide davanti: economica, sanitaria ed ecologico-ambientale

di Pierluigi Mascaro
di Redazione The Freak

Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

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Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

di Pierluigi Mascaro
di Redazione The Freak
Ferrarese

Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

Ferrarese, il manuale
sui mutamenti del potere

Maria Rosaria Ferrarese traccia una geografia spazio-temporale del potere
con tre sfide davanti: economica, sanitaria ed ecologico-ambientale

di Redazione The Freak
di Pierluigi Mascaro

Il saggio di Maria Rosaria Ferrarese “Poteri nuovi” – edito da Il Mulino nel mese di luglio 2022 – analizza le nuove forme del dominio che, nella nostra epoca, è diventato insieme carismatico e privatistico. Con tre sfide davanti: economica, sanitaria ed ecologico-ambientale.

In questo volume, l’autrice traccia una geografia spazio-temporale del potere, evidenziando i mutamenti da esso subiti negli ultimi decenni, nell’era della globalizzazione prima e della post-globalizzazione poi.

  1. Quale è stato l’impatto della globalizzazione sull’impianto del potere?

“L’impatto è stato decisivo, perché la globalizzazione ha scardinato la base territoriale del potere politico degli Stati, che fino agli anni ottanta era indiscussa. Lo Stato era ed è l’insieme di tre elementi: territorio, popolo, e sovranità. La globalizzazione, pur non modificando formalmente questi tre elementi, ha scosso in maniera significativa la loro staticità e ha instaurato una nuova logica dei confini, soprattutto per finalità economiche e finanziarie, ma anche in nome dell’universalità di certi diritti.

Sono così nate delle nuove modalità di diritto “sconfinato” (come il diritto sovranazionale o transnazionale, o globale) e le sovranità statali sono entrate in un percorso di condivisione e di interdipendenza. Le strade decisive per ridisegnare l’assetto dei poteri sono state soprattutto due: quella dell’internazionalizzazione e quella della privatizzazione, due state ampiamente percorse negli anni ‘90 del secolo scorso”.

Maria Rosaria Ferrarese ha insegnato Sociologia del diritto nelle Università di Trento e di Cagliari e presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione.
È autrice di nove monografie e di oltre duecento pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Ha diretto vari progetti di ricerca ed è nel comitato scientifico di varie riviste.
I suoi temi di ricerca ruotano intorno al cambiamento istituzionale, ai rapporti tra stato e mercato, ai processi di governance, alla globalizzazione giuridica e al capitalismo finanziario.
  1. Quale “dress code” indossa oggi il potere tra privatizzazioni e internazionalizzazioni? 

“Nel mio libro uso la metafora del dress code per indicare la veste istituzionale del potere: questo non può mai presentarsi nella sua nudità e ha bisogno di attenersi ad un abbigliamento che è il suo modo di presentarsi pubblicamente e di legittimarsi. 

In epoca moderna gli abiti istituzionali, prevalentemente inventati in Europa, alla base del cosiddetto ‘stato di diritto’, erano severi e rigorosi come uno smoking e potevano essere confezionati esclusivamente nelle sartorie statali, per così dire, ossia seguendo precise regole e procedure.  Oggi, dopo gli irruenti processi di internazionalizzazione e di privatizzazione, gli abiti sono diventati molto molto più rilassati e indefiniti, fluidi come delle tuniche: abiti che sono facili da confezionare e che si possono fare anche in casa.

Fuor di metafora, ciò significa che oggi è la governance che prevalentemente fornisce gli abiti istituzionali a molti poteri del mondo globalizzato, col risultato che oggi tali poteri spesso restano invisibili, nascosti, o, pur avendo notorietà, non sono percepiti come poteri. Quello della invisibilità dei poteri è oggi un tema di grande importanza, perché, come osservava Bobbio, se il potere non lo conosci, come fai a controllarlo? Il controllo del potere è un importante segno delle società democratiche”.

  1. Quali differenze scorge tra government e governance nel mondo globalizzato e quale tra essi è destinato a prevalere?

“Il government era la modalità dello Stato, che comandava soprattutto attraverso le leggi, seguendo procedure pubbliche predefinite e pubblicamente controllabili. La governance è un’etichetta molto più fluida, che copre sia forme di esercizio del potere pubblico-private prodotte da deleghe da parte dei soggetti pubblici, sia ipotesi in cui dei soggetti privati inventano ed esercitano nuove forme di potere, spesso dandosi essi stessi delle regole o cosiddetti “codici di condotta”, che come è facile intuire,  si ammantano di grandi parole, ma per lo più tendono a non confliggere con gli interessi perseguiti, anche quando sono in gioco interessi pubblici rilevanti.

E’ chiaro che un mondo globalizzato non poteva restare fedele a una modalità istituzionale così esigente e severa come quella propria del diritto legislativo europeo. Del resto, non solo manca un legislatore globale che crea leggi globali, ma nessuno vorrebbe che esistesse. Tuttavia oggi vi è una concentrazione di ricchezza e di potere eccessiva nelle mani di alcune imprese e persino di alcune singole persone, senza la garanzia che essa sia controllabile e rispondente a limiti e configurazioni pubblicamente accettabili. 

Occorre ricondurre entro argini istituzionali più severi e controllabili le troppe aree di potere in cui i privati oggi possono liberamente scorrazzare, esercitando poteri talora equivalenti a quelli di uno Stato. Uno dei tanti possibili esempi è quello dell’accesso all’impresa spaziale: un tipo di impresa in cui solo gli Stati un tempo potevano permettersi di avventurarsi e che oggi è nelle mani anche di un privato arcinoto come Elon Musk, che ogni giorno non manca di far sapere al mondo i tanti modi in cui può esercitare potere.

Egli non appartiene certo alla categoria dei poteri invisibili, ma resta da vedere quanto sia pubblicamente percepito come detentore di enormi poteri (si pensi ai licenziamenti in massa di metà dei dipendenti di Twitter, decisi su due piedi, dopo l’acquisizione dell’azienda), quasi senza alcun limite istituzionale”.

  1. Quale ruolo giocano le tecnologie informatiche ed i giganti del web?

“Certamente quello tecnologico è il nuovo volto del potere nel mondo globalizzato. Digitalizzazione e intelligenza artificiale sono le frontiere ineludibili per l’esercizio del potere nel mondo odierno. Il web e l’innovazione apportata dalla rivoluzione del web 2.0, che consente l’interattività dell’utente informatico, sono stati passaggi importanti in un processo di un processo di re-distribuzione del potere, instaurando quella che nel libro chiamo “microfisica del potere”, utilizzando una felice espressione di Michel Foucault. La microfisica si differenzia dalla macrofisica, che si nutre di organizzazioni internazionali e macroregionali, oltre che degli Stati, nell’esercizio del potere. 

La microfisica agisce in duplice direzione. Da una parte mette nelle mani di tutti gli utenti, e specie di quelli dotati di particolari abilità, la possibilità di essere depositari di potenzialità informatiche, che giocano con le coordinate spaziali e temporali e consentono nuove inventive e inesplorati ambiti di creatività. Dall’altra ha permesso ad alcuni soggetti di affermarsi come detentori di spazi di azione privilegiata nel web, quali sono i “gigacapitalisti”, come li ha chiamati Staglianò.

Questi, oltre a cumulare enormi profitti con imprese del settore, operando nel campo dei social media, possono immagazzinare i cosiddetti big data, ossia la materia prima per confezionare gli algoritmi, che sono alla base anche dell’intelligenza artificiale, un campo estremamente importante per disegnare il nostro futuro.

I giganti del web, depositari di enormi capitali, sono dunque attori privilegiati in questo settore a cui è affidato il disegno del nostro futuro. Solo di recente sia gli Stati Uniti, sia l’Europa stanno attrezzando delle risposte regolatorie, o degli argini in termini di antitrust, per contenere e regolare almeno in parte tali smisurati poteri”.

  1. E’ auspicabile un ritorno al potere pubblico tradizionale nell’era della post-globalizzazione?

“Prima di chiedersi se sia auspicabile, occorre chiedersi se sia possibile un ritorno a forme tradizionali del potere pubblico. Troppi indizi dicono che non sia possibile, dopo che il mondo si è dato delle coordinate economiche e sociali del tutto diverse da quelle del passato. Inoltre le singole sovranità statali, nonostante gli auspici dei cosiddetti “sovranisti”, non potrebbero essere all’altezza delle sfide che le nuove coordinate pongono. 

Il che non vuol dire che non si possano e non si debbano modificare vari aspetti e squilibri che caratterizzano l‘attuale assetto del potere, che è troppo proteso a favore di soggetti privati, spesso senza la garanzia che i loro poteri vengano esercitati in forme compatibili con interessi di natura pubblica e collettiva.

Del resto, ciò sta già avvenendo in vari modi, e specialmente attraverso un risveglio di alcuni poteri statali, come il cosiddetto golden power, che consente agli Stati di opporsi alla vendita a soggetti stranieri di imprese cruciali per ragioni si sicurezza nazionale, o il tramonto dell’orizzonte della prospettiva dello stato cosiddetto “regolatore”, che restringeva il perimetro dei poteri statali alla predisposizione delle regole per il funzionamento delle dinamiche di mercato.

Ma occorrerebbe anche una riorganizzazione del potere pubblico a livello ultrastatale, per consentirgli maggiori ambiti di azione e misure per porre qualche rimedio ai grandi problemi che affliggono il mondo odierno, come le gravi disuguaglianze economiche e la salvaguardia dell’ambiente”.

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