Piero Fassino ha ragione, ma non dice tutta la verità. Conosciuto fino a ieri più per le previsioni sbagliate (celebre quella del 2009 su Beppe Grillo: “Fondi un partito e vediamo quanto prende“) che per l’attività parlamentare, l’onorevole del Pd, ex sindaco di Torino, si è fatto notare per un intervento a Montecitorio che ha riacceso – proprio nei giorni in cui si discute di abolizione del reddito di cittadinanza – una vecchia polemica dal sapore populista, quella sui costi della politica e in particolare sugli stipendi dei nostri rappresentanti.
Fassino durante il dibattito sul bilancio della Camera, ha preso la parola mostrando il suo cedolino e sostenendo che l’indennità di 4718 euro netti che ogni singolo deputato percepisce ogni mese “è una buona indennità, ma non è certo uno stipendio d’oro”.
Partiamo dal presupposto che chi scrive ha sempre mal digerito le polemiche su vitalizi e benefit dei palazzi del potere. Ho sempre pensato infatti che una società matura debba pretendere di pagare tanto i propri eletti: deputati e senatori hanno un ruolo fondamentale e meritano stipendi alti, sopra la media degli italiani, proprio per la carica che ricoprono.
D’altronde dopo 10 anni, possiamo affermare che l’idea originaria del Movimento 5 Stelle “dell’uno vale uno” ha sonoramente fallito. Quanti sono i grillini che ricorderemo in futuro?
E poi i padri della nostra Repubblica hanno immaginato un compenso adeguato con l’obiettivo di attrarre le migliori menti ed evitare mazzette e corruzione.
Dunque Fassino ha ragione… ma non dice tutta la verità.
4718 euro netti non sono uno stipendio d’oro. Sono un’ottima retribuzione, non c’è dubbio, ma non sono d’oro. C’è chi guadagna tanto di meno, certo… ma pensare di equiparare un parlamentare della Repubblica a qualsiasi altro lavoro non fa altro che sminuire ulteriormente il valore e il peso di un organo costituzionale già mal ridotto.
Ma davvero i parlamentari guadagnano solo 4718 euro? No, ed è qui che casca l’asino. Fassino non dice tutta la verità e per scoprirlo basta andare sul sito della Camera e digitare “trattamento economico” (link qui).
Una pagina ben fatta del sito lo analizza punto per punto. Si scopre così che l’indennità netta corrisponde effettivamente alla cifra sbandierata da Fassino, ma a questa vanno aggiunte altre voci:
- La diaria: “Viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma… fissandone l’ammontare in 3.503,11 euro“.
- Il rimborso delle spese per l’esercizio del mandato: “L’ammontare di tale rimborso, originariamente pari a 4.190 euro (la medesima misura del contributo previgente), è stato ridotto nel luglio 2010 a 3.690 euro“.
- Le spese telefoniche: “Dal 1° aprile 2014 l’Ufficio di Presidenza ha ridotto il rimborso forfetario delle spese telefoniche da 3.098,74 a 1.200 euro annui“.
Il calcolo è presto fatto: 13 mila euro e non 4718, ai quali vanno tolti i compensi per collaboratori e consulenze (ogni deputato sceglie se e quanti collaboratori avere).
Questo cambia qualcosa rispetto al presupposto dal quale sono partito, e cioè che i politici vanno pagati bene? No, 13 mila euro sono dal mio punto di vista un compenso giusto. Non pretendo infatti che i parlamentari siano pagati di meno, ma chiedo loro di fare bene il mestiere per cui sono pagati.
Detto ciò, Fassino pur dicendo una cosa giusta, afferma il falso mostrando anche lui di essere vittima del populismo di cui è alleato, quello grillino. E lo fa con un tempismo perfetto, ovvero proprio nel momento in cui una fetta importante della popolazione si dice pronta a scendere in strada contro l’abolizione sacrosanta del reddito di cittadinanza, una misura che ha creato assistenza senza portare lavoro.
Insomma, come sempre: Fassino bene, ma non benissimo.