Ne avrete sentito parlare in queste ultime ore, o di pesche o di Esselunga, questo è indubbio. Il perché? Nulla che abbia a che vedere con un’offerta di fine stagione et similia. Stavolta il copywriter assoldato dalla grande catena milanese ha schierato sul bancone delle promozioni un prodotto ben più complesso: emozioni e sentimenti.
Un’astuta strumentalizzazione.? Una fine strategia? Può darsi. Ma vediamo di cosa si tratta.
Lo spot appena divulgato racconta di una bimba di nome Emma, al supermercato Esselunga (ça va sans dire), che si allontana dalla mamma per prendere una pesca dal banco ortofrutta.
La mamma preoccupata la cerca, la ritrova, la rimprovera e la esorta a non rifarlo più. Scorrono le immagini di un pomeriggio in casa in cui mamma e bimba giocano e si divertono, ma sotto una luce malinconica ed evocativa.
Citofona il papà, i genitori, evidentemente in fase di separazione, si scambiano dalla finestra uno sguardo civile ma distaccato e la bambina si prepara per uscire con il papà che la sta aspettando in auto. Appena allacciate le cinture, la bambina offre la famosa pesca al padre dicendo che si tratta di un regalo per lui da parte della mamma. Con un sorriso che tradisce consapevolezza, il papà la accetta e promette di telefonare alla mamma per ringraziarla.
Emma è felice. Le reazioni scatenate dalla circolazione del corto pubblicitario sono state numerosissime e disparate. Una prospettiva distante anni luce dall’immaginario collettivo cementato dal marketing pubblicitario tra gli anni 80-90 che vedeva spot ambientati in famiglie “perfette”, inamidate e splendenti sin dal primo bagliore del mattino.
La mia lettura personale è stata decisamente dettata dall’emozione, dalla tenerezza generata dall’immagine di questa bimba innocente e speranzosa che ingenuamente vede in un gesto tanto semplice il punto risolutivo per ricongiungere mamma e papà.
Il finale, tuttavia, non tradisce alcuna speranza futura di ricongiungimenti se non quella, al più, di un rapporto che potrebbe divenire più sereno per amore della bambina, visibilmente provata. Mi rendo conto, tuttavia, che un utente coinvolto in prima persona in un processo di separazione o di divorzio, possa percepire il messaggio in modo differente. Magari non riscontrando alcuna emozionante delicatezza, ma unicamente tanta tristezza, la medesima tristezza che sono abituati a vedere sui volti disillusi dei propri bambini.
Potrebbero averlo letto come illusorio, col timore che, vedendolo, i propri figli potessero pensare di riconciliare mamma e papà con un gesto analogo per poi ricavarne una cocente delusione.
Le chiavi di lettura sono molteplici, e sono frutto di percezioni che inevitabilmente nascono dal vissuto di ciascuno. O ancora, volendo indossare i panni di chi si trova in dimensioni di vita ancor più distanti, potrebbe essere letto come qualcosa di modernamente triste, figlio di questa gioventù che non riesce a tenere duraturo un matrimonio come “ai miei tempi…”.
Lo spot, ad ogni modo, oggettivamente ben realizzato, è riuscito a destare scalpore, si è diffuso rapidamente ed ha dato modo di dibattere e confrontarsi. Ha fatto parlar di sè, e sol per questo ha già assolto a buona parte del suo obiettivo pubblicitario.
Esselunga sapeva che avrebbe scatenato qualcosa, a prescindere dall’interpretazione finale. D’altronde, come diverse opere cinematografiche ci hanno insegnato, Mrs Doubtfire in primis, il lieto fine in una storia di separazione non è necessariamente il ricongiungimento tra i genitori, ma la felicità dei figli.
2 risposte
Bene o male purché se ne parli ….
Roberta Serio bravissima .
Il tuo giudizio personale mi ha commossa più dello spot stesso .
Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, ognuno da la propria chiave di lettura ma è indubbio che lo spot pubblicitario che emoziona, intenerisce va sempre apprezzato. Come le tue parole Roberta Serio.