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Elezioni in Sicilia: vince il centrodestra, Musumeci Presidente

Riccardo Rubino by Riccardo Rubino
8 Gennaio 2019
in Fatti Nostri
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Home Fatti Nostri
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La Sicilia ai voti 

Insomma, in quella nostra terra fatta di zabbare e pale di fico d’India, s’è insediato il nuovo Governo. Là, a Palazzo d’Orleans, dentro il quale – nonostante il nome francofono – si parla sicilianissimo. Solo che, all’inflessione dialettale gelese del precedente Presidente, Rosario Crocetta, s’è sostituita quella catanese di Sebastiano Musumeci, “Nello” per gli amici.

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Ora, le elezioni siciliane sono sempre così, sui generis: e del resto, cosa c’è da aspettarsi diversamente in quella terra di gattopardi e viceré, fatta di caffè ristretti? Pressoché nulla. E da questo nulla, tuttavia, noi – abituati, come spiega Don Fabrizio a Chevalley, a spaccare il capello in quattro per aggirare gli esattori bizantini – traiamo quattro topoi, cioè quattro temi che hanno caratterizzato quest’ultimo giro di Walzer elettorale.

Il Centrodestra
Alla fine l’ha spuntata Nello Musumeci, la cui correttezza istituzionale è talmente condivisa che anche dagli ambienti di sinistra viene definito “fascista, ma galantuomo”. Probabilmente, questa è la prima volta dopo decenni che il centrodestra schiera un attaccante dalla storia personale assolutamente limpida. Eppure, la sua leadership non fu subito pacifica, ma frutto di una sapiente sintesi con i desiderata dell’altra eminenza destrorsa siciliana, e cioè l’inossidabile Gianfranco Micciché, che ha puntato su un altro cavallo di razza, il Prof. Gaetano Armato oggi vicepresidente della Regione. Ora, che la Sicilia fosse destrorsa, non è una novità. A memoria d’uomo, non s’è mai spostata più a sinistra della corrente morotea. Voi direte: e allora dove sta la novità? C’è, ed è davvero curiosa: se si vanno a controllare le liste che hanno supportato il neo-presidente, si scoprirà che tra queste c’è nientepopodimenoche… NOI CON SALVINI. Sì, Signori: Alleanza per la Sicilia, che unisce il partito del Matteo “quello verde” e Fratelli d’Italia, supera il 5% e ottiene tre seggi all’Assemblea Regionale Siciliana. Risultato incredibile, se si pensa che stiamo parlando di un partito che, al tempo della sua genesi, faceva la guerra al terrone. Eppure, sembra che gli argomenti del “terronofobo” abbiano fatto breccia nel cuore del contadino siciliano. Le spiegazioni sono due: o Salvini si sa vendere benissimo, o l’elettore siciliano è riuscito ad emanciparsi dalla truffa delle etichette, e cioè capire chi meglio tutela i propri interessi al netto di simboli e classificazioni. Propendo per quest’ultima ipotesi.
Prima di fare il conto dei morti e dei feriti, occorre parlare dei resuscitati: o forse no, visto che per resuscitare occorre prima morire, mentre Lui ovvero Tu-sai-chi defunto non lo è stato mai. Di chi parliamo? Ma certamente di Silvio Berlusconi! Si mette in testa ad un centrodestra quasi distrutto, cala in Sicilia e pem! Ti strappa un 40% in scioltezza. Perché non c’è niente da fare: Berlusconi riesce a spostare voti col solo sorriso.

Il Centrosinistra
Alla parola “centrosinistra” declinata in siciliano, occorre solo fare una cosa: chiamare i necrofori, e di corsa, perché u morto accuminciao a fetere (il defunto comincia a puzzare, n.d.r.). La vicenda elettorale della sinistra siciliana ricorda moltissimo quella parte della Cavalleria Rusticana dove Turiddo (cioè Claudio Fava) va a mordere l’orecchio a Cumpare Alfio (cioè Fabrizio Micari) per sfidarlo a duello, causa vendetta & gelosia. Eh sì, perché proprio in questa occasione s’è giocato lo showdown tra i fuoriusciti del PD – cioè MDP et similia – rappresentati da Claudio Fava, e le truppe regolari del Partito Democratico alla testa di Fabrizio Micari. Risultato? Il PD becca un imbarazzante 13% mentre Fava il 6,1%. Tutto insieme fa 19,1% il che ci dà la misura della capacità strategica di questo schieramento politico. E se sulla sinistra isolana indagano i medici legali, su Angelino Alfano e il suo partito AP occorre chiamare un paleopatologo bravo. Pulvis et umbra, dunque: il partitino padronale che esprime l’attuale Ministro degli Esteri, che fa parte della maggioranza di governo, che possiede Deputati e Senatori, nella sua Sicilia stacca un miserabile 4,2%, ottimo per eleggere il capoclasse della III E di una Scuola Media Statale ma troppo poco per far scattare un seggio nel Parlamento Regionale Siciliano.
Quanto a Fabrizio Micari, su di lui si è consumato una degli episodi più tristi della politica italiana. Protagonista indiscusso: il solito Matteo Renzi.
Matteo scende in Sicilia e si fa un giro con la scusa di presentare il suo romanzo “Avanti” portandosi appresso, in allegato, anche il Rettore dell’Università di Palermo Micari. E lui organizza questo doppio spettacolo che consiste nel parlare del suo libro e del suo candidato, e dovevate vedere come ne tesseva le lodi! Tutte meritatissime, per carità: Fabrizio Micari è persona degnissima e da rispettare profondamente. Peccato, però, che questo rispetto non lo ha ricevuto dall’ex Presidente del Consiglio che, di fronte alla varca malaparata (barca che comincia ad affondare) costituita da un’elezione ormai polarizzata da M5S/Centrodestra, prima dice “se fossi siciliano, voterei Micari”, tradendo cautele che prima non aveva, per poi prendere le distanze affermando “Sì, ma è stato scelto da Andrea Orlando”. Il tutto, a meno di 48h dall’apertura dei seggi. I brividi. Ma la ciliegina sulla torta la mette il proconsole di Matteo Renzi in Sicilia, Davide Faraone, che la cosa più intelligente che è riuscito a concepire non è stata la contrizione per un disastro annunciato, ma dire “Micari ha avuto il coraggio che a Grasso (Piero, Presidente del Senato, fuoriuscito dal PD) è mancato. Requiem aeternam dona eis Domine, che la moda dello storytelling, delle leopolde e della rottamazione è più morta dei pinocchietti per uscire la sera.

Il Movimento 5 Stelle
Hanno perso ma hanno vinto. Giancarlo Cancelleri sicuramente non acchianò (non è salito, n.d.r.) a Palazzo d’Orleans, ma da soli sono il primo partito. Che gli vuoi dire? Nulla. Intercettano il voto di chi, detto terra terra, s’è rotto le balle. L’Espresso li individua, attraverso un sondaggio, in una classe di giovani che percepiscono sulla loro pelle la povertà, né destra né di sinistra ovvero di entrambi gli schieramenti. Ma non c’era bisogno di scomodare gli istituti di ricerca, perché basta fare un giro sui gruppi che circolano dentro i social network per capire che l’elettore grillino si divide in due grandi categorie: l’ortodosso, che difenderebbe Beppe Grillo anche se fosse testimone oculare di un omicidio perpetrato dal comico genovese, e il disilluso, cioè quello che non avendo più nulla da perdere, vota per rompere un sistema che tanto peggio di così non può andare. Di comico, però, qualcosa c’è davvero… Un dato percentuale: Cancelleri vince ad Agrigento, Enna, Ragusa, Siracusa, Trapani… ma perde a Caltanissetta, la provincia nella quale è nato. “Picchì ddroco u canuscino” (perché là lo conoscono, n.d.r) commentano i più cattivi.
Tutta la campagna elettorale del Movimento si è, nei fatti, basata sulla nuova categoria dell'”impresentabilità”: grandezza di incerta definizione, sulla quale non è possibile dilungarsi. In estrema sintesi, “impresentabile” sarebbe chiunque abbia o abbia avuto relazioni pericolose a prescindere da qualsiasi condanna in sede penale. Attenzione, però, che a portare questa categoria alle estreme conseguenze, risulterebbe impresentabile anche Peppino Impastato in quanto figlio di un mafioso.

Gli Astenuti
“Non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Ed io, in ossequio al precetto di Virgilio, mi limito a dire questo: in un sistema maggioritario/bipolare, l’astensionismo è fisiologico. Ricadendo la scelta solo tra due candidati, è del tutto lecito che un parterre così limitato faccia sì che l’elettore insoddisfatto si astenga.
Ma sta volta c’era la Destra, la Sinistra, l’Estrema Sinistra, il Movimento e pure gli immancabili Autonomisti. A momenti concorreva pure il mio cane… così, per dire. Con un ventaglio di scelte tale, il fatto che il 53,24% dei Siciliani sia rimasto a casa è preoccupante. Sarà anche colpa della politica e dei politici… ma anche voi, Cristosanto.

E dunque, andiamo al sodo. Sono importanti queste elezioni? Sì: sono lo specchio delle prossime politiche. Del resto, la Sicilia ha sempre anticipato ciò che accade poi nel continente. “La linea della palma sale e tutta l’Italia va diventando Sicilia” scriveva Leonardo Sciascia. A quel tempo, la linea della Palma e del caffè ristretto era arrivata a Roma; se non sbaglio, qualche mese fa a piazza Duomo a Milano, Starbucks ha piantato alcuni esemplari di quella razza botanica. La Lombardia è bella che presa. Probabilmente, la linea della Palma ha già superato i confini del Piave e valichi delle alpi… e di conseguenza, forse, le elezioni siciliane sono lo specchio di una politica europea che già da tempo vira verso una precisa direzione: a destra.

di Riccardo Rubino, all rights reserved

Tags: elezioni 2017musumeci presidentericcardo rubinosiciliavertigo
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