Quod me nutrit…- Ed Ruscha e il nostro cibo contemporaneo.

di Andrea Giulia Monteleone

Quod me nutrit…- Ed Ruscha e il nostro cibo contemporaneo.

di Andrea Giulia Monteleone

Quod me nutrit…- Ed Ruscha e il nostro cibo contemporaneo.

di Andrea Giulia Monteleone

Caravaggio, dipingendo l’attimo immediatamente antecedente al marciume, come a bloccarlo, ha conferito immortalità alla massima dimostrazione della caducità del mondo: il cibo. Cristallizzando l’ultimo momento di quegli oggetti, è riuscito a mostrarne la vita e, di riflesso, la nostra.

Se persino le cose che ci nutrono e ci consentono di vivere, muoiono, cosa c’è per noi se non la morte?

Molte riflessioni Leopardiane dopo, cercando di capire quale forma artistica più moderna possa essere degna erede delle nature morte più classiche (di quelle da sala di attesa) ho escluso, nell’ordine:

“Natura Morta” dei Blind Fool Love;

l’arte culinaria;

qualsiasi espressione che ammetta e/o esalti fotografie di cibo, incluso qualsiasi hashtag, anche “trasgressivo” (tipo #foodporn), in cui il fotografo esalti alternativamente e/o cumulativamente:

a) la propria dieta;

b) la propria (finta) non dieta;

c) l’utilizzo improprio di cibo.

Mi stavo quasi arrendendo a quella che sembrerebbe una lampante evidenza quando, entrando alla Gagosian Gallery, a Roma, la natura morta della modernità si è palesata.

Ed Ruscha ritrae – mettendoli sul piano centrale della tela – pneumatici distrutti, scatole abbandonate e gonfie dall’acqua, divani divelti, e crea la serie “Psycho Spaghetti Western” .

Non fa molto di diverso da Caravaggio (luce inclusa) e vi sbatte in faccia una sporchissima verità: oggetti del tutto inanimati e creati dall’uomo, nascondono per noi la stessa magia di un frutto ed hanno per noi lo stesso “apporto nutritivo”. La loro distruzione, il loro “marciume”, colpisce come se avvenisse su qualcosa che è stato vivo, o qualcosa che per noi è vita.

Lo pneumatico, gli occhiali da sole, una stampante, un materasso, un divano, chi di noi potrebbe fare a meno di uno solo tra questi?

Dovendo scegliere, preferireste della bellissima e succosa frutta od il vostro divano? Un fagiano pronto per essere cucinato o il dentifricio?

A questo punto, a pensarci bene, potremmo dire – senza ombra di dubbio- che quelle di Ruscha siano le “nature morte” (mai state vive) più tristi e strazianti della storia dell’arte.

A nulla valgono i colori brillanti e la luce, che non sarà “caravaggesca”, ma è esattamente quella del deserto americano.

Molto non riescono a fare nemmeno le frasi apparentemente prive di senso che gridano dalle altre pareti e soprattutto non bisogna farsi distrarre da “Hydraulic muscles, pneumatic smiles”, che vi accoglie all’ingresso e a prima vista non sembra molto di diverso da una scritta bianca su fondo rosa schocking da t-shirt.

Perché in realtà, tutto questo è un’accurata descrizione della nostra quotidianità.

Quindi, c’è qualcuno a cui piacerebbe sentire Vasco cantare, “cammini per strada guardando il tuo smartphone”, oppure leggere una poesia sulla pioggia nell’Apple Store?

E .. c’è per caso qualcuno a cui piace un sorriso pneumatico?

di Andrea Giulia Monteleone

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