È la guerra,
baby

E' la guerra, baby

In Europa stanotte è scoppiata la guerra

di Pietro Maria Sabella

È la guerra,
baby

E' la guerra, baby

E' la guerra, baby

di Pietro Maria Sabella

È la guerra,
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E' la guerra, baby

In Europa stanotte è scoppiata la guerra

di Pietro Maria Sabella
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E’ guerra. Stanotte è scoppiata la guerra. In Europa. Dopo settimane di incertezze e trattative diplomatiche più o meno adeguate, alla fine ciò che si sapeva sarebbe avvenuto è accaduto. Chi non immaginava possibile un’invasione massiccia, in stile novecentesco, dell’Ucraina è rimasto spiazzato, incredulo. Chi, invece, dava per certo l’ingresso delle truppe russe sul territorio di Kiev sta già guardando avanti, al prossimo step, al prossimo obiettivo del presidente Putin

Attacco a Kiev

Tutti a sfogliare i libri di storia, attenti alle trasformazioni repentine, ai precipizi, a ricordare che anche Hitler invase Austria e Cecoslovacchia con la pretesa di “proteggere” i tedeschi che abitavano in quei Paesi. Mannaggia, la storia si ripete!? Si, si ripete, con volti diversi, ma si ripete.

Sta arrivando il momento di prendere decisioni importanti e che sicuramente cambieranno la nostra vita nei prossimi mesi. Abbiamo vissuto mesi di privazioni e limitazioni, ci siamo abituati ad essere diffidenti e sicuramente più aggressivi. Siamo stati molecolarizzati rispetto alla nostra aggregazione sociale. Abbiamo assistito all’aumento delle diseguaglianze, a circa 155.00 morti (solo in Italia), i nostri nonni, zii, parenti più stretti.  Ci siamo persi in assurde guerriglie per un maledetto vaccino.

Davanti alla guerra, tutto questo viene spazzato via, perde senso, nel bene e nel male. Adesso arriva il pugno di Drago, quello improvviso che lascia Rocky stordito e impaurito. Per chi è nato negli anni ’80 è impossibile non tornare indietro con la mente a quei film, Rock IV, e alle scene viste in TV tra l’89 e il 92 o lette in giro, della Perestrojka, del muro di Berlino che andava giù, ai sorrisi di Gorbaciev e poi di Eltsin con Bush. Ovest ed est sparivano. Democrazia contro comunismo.

Tutto quel mondo sembrava perduto, franato, andato per sempre nei magazzini della storia. In 30 anni credevamo di essere diversi, cambiati, migliorati, fino al punto di pensare che invadere un Paese con i tank fosse una cosa da boomer, assurda, anacronistica. Adesso, sembra essere ritornato. La storia della baia dei Porci stavolta però ha avuto un epilogo diverso. Abbiamo creduto che tutto fosse chiuso, punto. Non abbiamo fatto i conti con un bel pezzo di mondo che è rimasto escluso dai nostri modi di vivere, dalle nostre democrazie liberali zoppe.

Troppo ricchi, troppo egoisti, con pochi figli e tanti debiti, troppo chiusi in noi stessi per diventare protagonisti geopolitici di pace e diritti umani. Giù verso un tunnel, uno scivolo buio che ci ha sputato un biennio di inferno. Un biennio che ha preso a calci il mondo e anche l’Europa, frammentata, stanca, ma che ha cominciato a reagire. Sembrerebbe. Per noi italiani, adesso, prevale la frustrazione. A 12 ore di macchina da qui, gente come noi già muore, scappa, urla, si prepara a combattere strada per strada, via per via, per difendere un diritto, quello alla libertà che gli Ucraini avevano appena imparato a conoscere (pian piano dal 2004) e che ancora sentono forte nello stomaco e nell’anima.ù

Davanti all’ambasciata russa a Roma, gli Ucraini riuniti cantano, piangono, pregano, arrivano le telefonate dei bombardamenti, i video dei morti a terra. E’ la guerra, baby. Sono ore convulse, le immagini di guerra sono pazzesche. Si punta a “denazificare”, a “smilitarizzare”. I tank russi sono a 30 km da Kiev in questo istante. Tutto ciò punta alla guerra mondiale; non con il nucleare, ma con il cyber, l’economia, il terrorismo, le malattie. Il passo falso.

Tutto dipende da un filo sottile, sospeso in questo momento in aria, invisibile, lungo i Carpazi, il mar Nero, ai piedi delle repubbliche baltiche. Può essere un attimo, un respiro prima dell’apnea, basta un missile lanciato oltre il confine, un drone americano abbattuto, un F-16 in ricognizione falsamente scambiato per altro. In un attimo saremmo tutti dentro il film, impreparati e pieni di paura. Oggi qui a Roma la giornata è soleggiata, ma già mi inquietano i rombi degli aerei che atterrano a Fiumicino.

Solo pochi giorni fa abbiamo sorriso guardando le frecce tricolore volare sopra il centro città, su quel milite ignoto che stentiamo a ricordare. Proviamo a consolarci con le sanzioni economiche. 25 miliardi bloccati ai magnati russi. Sperano vengano confiscati tutti, fino all’ultimo e usati solo per ricostruire l’Ucraina e dar riparo a feriti, profughi e bambini.

Adesso ci consoliamo mordendo le labbra e serrando i pugni, stizziti, ma fermi. Dobbiamo stare fermi. La partita è troppo complicata per agire d’istinto, per provocare un dittatore che aspetta solo questo. E’ anche presto per chiedersi perché abbiamo prestato un sacco di quattrini alla Russia, perché il dio denaro prevale sempre sulle opportunità di salvaguardia dell’essere umano.

Per questo ci sarà tempo. Ne parleremo a lume di candela. Ciò che spero è che mentre tutto questo male si sparge accanto a casa nostra non perderemo l’anima a giocare fra chi crede che abbia sbagliato la Nato a espandersi a est, chi desidera che la debolezza dell’Europa prevalga, chi addita gli USA e chi demonizza i russi come popolo. Ogni ora sprecata a rapportarci a questo tema come se fosse quello sui green pass (spesso già le cose avvengono contemporaneamente) sarà un’ora di buio per gli ucraini e la democrazia. Un passo indietro per tutti noi. Questo atteggiamento allontanerà la pace. Adesso è il momento di essere seri e aprire gli occhi. E’ l’Eterno ritorno di Nietzsche, baby.

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