Dunkirk, l’umano racconto di Christopher Nolan

di Redazione The Freak

Dunkirk, l’umano racconto di Christopher Nolan

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Dunkirk, l’umano racconto di Christopher Nolan

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Dopo essere stato acclamato in tutto il mondo, in occasione dell’anteprima svoltasi a Londra lo scorso 13 luglio, l’ultimo monumentale lavoro di un pioniere del mondo cinematografico, Christopher Nolan, approda finalmente nelle sale italiane, giungendo ad essere definito quale capolavoro dalla critica e raggiungendo elevati numeri al box office – 650 mila euro nel primo giorno di programmazione nelle sale italiane – nell’arco di poche ore dalla sua uscita in Italia.

Il film, considerato pressoché unanimemente l’opera che più di tutte attribuisce maturità al cinema nolaniano, un lavoro maestoso, ricostruisce un evento storico da molti registi poco considerato, sul quale lo stesso Nolan era invece al lavoro da diversi anni, ovvero l’evacuazione di Dunquerque, operazione militare che nel 1940 vide circa 400.000 soldati inglesi, francesi, canadesi e belgi abbandonare i lidi della suddetta cittadina sita nella Manica.

Distaccandosi dai cari labirinti mentali, dall’introspezione sartoriale dei personaggi  principali, ma soprattutto secondari – elaborati nel contesto di complesse trame caratterizzanti le pellicole (Memento, Inception, la trilogia de Il Cavaliere Oscuro nonché, da ultimo, il Premio Oscar Interstellar), questa volta il genio di Nolan viene racchiuso in “appena” 107 minuti (poche, considerando che la media durata dei suoi lavori ammonta a 160). Pochi dialoghi, tuttavia idonei più che mai a rappresentare il trauma della guerra, che non ha mai più abbandonato gli animi umani, da allora. Un film di sguardi, un’opera che parla con gli occhi di soldati stanchi, svuotati e traumatizzati da un’esperienza che ha cambiato le sorti dell’Europa, del mondo.

Ma definire il capolavoro di Nolan meramente quale film di guerra risulterebbe riduttivo. Non sono soltanto il bellicismo, la politica ad essere fulcro di una così imponente rappresentazione. A differenza delle scorse pellicole, che vedevano alternarsi tematiche complesse e variegate – Inception è altamente indicativo in tal senso – questa volta centralità viene attribuita al semplicistico concetto di vita, costantemente minacciata, assediata da un nemico (il nazista, terrore per antonomasia) guarda caso fisicamente assente durante le scene, ma sempre dietro l’angolo, pronto a colpire, in una morsa di terrore che non lascia poco scampo.

Non è solito dei registi sapere dirigere un film contemporaneamente tra mare, terra ed aria: la vicenda è ripresa da questi tre punti di vista spaziali, ai quali corrispondono altrettanti punti di vista temporali (una settimana, un giorno ed un’ora), non ordinati – volutamente, se si conosce Nolan – secondo uno sviluppo lineare. Come ogni sua pellicola che si rispetti, soltanto con l’evolversi della trama lo spettatore sarà in grado di collegare gli eventi che ivi si svolgono, formulando quel personale giudizio al quale il regista tanto tiene al termine di ogni suo lavoro.

Un crudo ed infernale scenario, all’interno del quale lo spettatore non ha altra scelta se non quella di immergersi – complice la tecnologia IMAX utilizzata per quasi tutta la durata del film – assaporando ansia allo stato puro, quasi come ci si trovi accanto a quei soldati, in lotta contro il tempo, altro tema a Nolan molto caro, al punto che Hans Zimmer arriva a mescolare le proprie composizioni con un allarmante ticchettio d’orologio, accentuando il realismo che permea l’intera opera attraverso una fusione tra musica, immagine e suoni – il rumore degli scontri armati, delle bombe si sovrappone volutamente alla colonna sonora.

Un’opera in cui non viene dato alcun giudizio a vincitori e vinti, dove il confine tra spirito di sopravvivenza lascia fortunatamente maggiore spazio alla pietas umana. Ciò che conta per i protagonisti è tornare a casa, consapevoli dell’inutilità di una carneficina che demolisce la loro psiche, giungendo a levare loro la parola – magistrale l’interpretazione di Cillian Murphy, ormai storica collaborazione del regista. Se nei precedenti film ad essere protagonisti erano uomini senza memoria a breve termine, eroi di cui la città aveva bisogno ma che non meritava, padri che fanno dei sogni la loro realtà pur di riabbracciare i propri figli ed altri disposti a giungere ai confini dell’universo pur di regalare alla propria specie un nuovo mondo in cui poter vivere, questa volta l’attenzione è focalizzata su comuni esseri mortali, in lotta tra la vita e la morte, passando da un aereo che precipita ad un’imbarcazione destinata ad affondare, ma riuscendo a trovare un’ancora di salvataggio nel proprio spirito di autoconservazione.

Un film che conferma l’arte di un regista che ha rivoluzionato il modo di far cinema, due ore di puro intrattenimento. Quando finirete di lodare Titanic quale miglior film di sempre, vi renderete conto che c’è dell’altro, c’è di meglio.

di William Osso, all rights reserved

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