Dibba-Salvini, le elezioni alle porte e il declino di Di Maio

di Mauro Mongiello

Dibba-Salvini, le elezioni alle porte e il declino di Di Maio

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Dibba-Salvini, le elezioni alle porte e il declino di Di Maio

di Mauro Mongiello

La batosta delle Europee ancora non perfettamente digerita, lo scontro continuo con l’alleato di governo leghista, le baruffe interne al Movimento, i problemi di Roma e i successi mietuti dalla Milano targata Beppe Sala, l’orizzonte TAV: di guai, per Luigi Di Maio, ce ne sono tanti e l’ultimo mese ha contrassegnato un’ulteriore battuta d’arresto per il Ministro napoletano.

Dopo l’esilio dorato in Sudamerica e l’allontanamento dai palazzi romani, Alessandro Di Battista è pronto a tornare in sella al Movimento, “recidendo” l’altra testa che ne componeva l’anima da Giano bifronte, prima dello showdown elettorale di marzo 2018: se Giggino è sempre stato il rappresentante della corrente più “democristiana” e attenta agli equilibri di potere della creatura di Beppe Grillo, Dibba ha ricoperto il ruolo di spirito guida primordiale, tutto teso al ritorno agli antichi splendori e alla retorica relativa, quella del Parlamento da aprire come una scatola.

In questo momento storico, la struttura politica del Movimento si interroga pensosa su come arginare la propaganda di Matteo Salvini, vero e proprio asso pigliatutto della compagine governativa dopo il ribaltamento di forze delle Europee: l’altro fattore che mina la leadership di Di Maio dalle fondamenta è un sempre più crescente malcontento nel partito, come dimostra la vicenda delle dimissioni della senatrice Nugnes. A ciò si aggiungano le continue prese di posizione del Presidente della Camera Roberto Fico, quasi sempre contrastanti con i diktat salviniani e quindi forieri di difficoltà per il Ministro pentastellato.

Il quadro così dipinto sembra costituire un perfetto trampolino di lancio per il ritorno di Di Battista: è la base elettorale grillina, scottata dalla difficile esperienza di governo e confusa rispetto alla guida di Di Maio, a chiedere a gran voce un ritorno a quei temi tanto cari ai meet-up di dieci anni fa, peraltro in una congiuntura nella quale si possono ricreare le condizioni per le battaglie etiche tipiche di una certa frangia dell’elettorato giallo. Si pensi, solo per fare un esempio già accennato in apertura, alla vicenda TAV e alle minacce, da parte della Commissione Europea, di ritirare i fondi previsti per la realizzazione dell’opera qualora Italia e Francia non addivengano ad un accordo in tempi brevi.

Nella bagarre movimentista tipica dell’opposizione, uno come il Dibba è sempre sembrato trovarsi a suo agio, vuoi per una certa narrativa “ribelle” e “terzomondista” che l’ex parlamentare romano è riuscito a costruirsi intorno nel corso degli anni, vuoi perché la sua dialettica e il suo piglio carismatico meglio si sposano con gli obiettivi a medio termine del Movimento: obiettivi tra i quali ben potrebbe ricomprendersi un ritorno anticipato alle urne.

Proprio l’orizzonte elettorale comune appare essere, al momento, l’unico elemento su cui 5 Stelle e Lega sembrano essere d’accordo: l’esplosione del bubbone economico e le intrinseche differenze sulla programmazione futura del sistema Paese sono due segnali del logoramento della corda che ancora tiene insieme i due atipici alleati. Ipotizzando un possibile scenario e scartando a priori, per ragioni storiche e di opportunità, il voto anticipato a settembre, ben si può ragione su una scadenza posta dopo l’approvazione (o la mancata, con gli scossoni europei che ne deriverebbero) della legge di bilancio per l’anno prossimo. A questa ricostruzione osterebbe la continua erosione dei numeri di maggioranza al Senato, dove la fuoriuscita della Nugnes ha lasciato la compagine di governo con soli tre voti di scarto a favore.

Insomma, non vorremmo trovarci nei panni del Presidente Mattarella, ancora una volta chiamato a fare da garante della tenuta dell’Italia di fronte ai partners stranieri e all’UE: la litigiosa maggioranza di governo si avvicina ogni giorno di più al capolinea, le scelte politiche dei due partiti sembrano tutte volte ad una nuova campagna elettorale. Il quadro dei prossimi mesi potrà dire tanto in merito, nella speranza di assistere ad uno spettacolo degno e attento alle sorti del Paese.

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