Di Sanremo ed altre polemiche

di Federico De Giorgi

Di Sanremo ed altre polemiche

di Federico De Giorgi

Di Sanremo ed altre polemiche

di Federico De Giorgi

Ci sono delle cose nella vita che non dovrebbero mai essere condizionate dalla politica.

Quali? Ve ne posso elencare almeno tre: l’istruzione, lo sport e l’arte (e la musica rientra in questa categoria).

Così come quando gioca la nazionale almeno venti milioni di italiani diventano consumati allenatori, con Sanremo almeno venti milioni di italiani diventano critici ed esperti musicali che Rolling Stones a confronto è un fumetto per bambini.

Immagino, dunque, che tutti si siano resi conto della situazione kafkiana in cui ci barcameniamo da sabato sera, quando, sul palco dell’Ariston, Claudio Baglioni ha annunciato Mahmood come vincitore della sessantanovesima kermesse sanremese.

Soldi” è un bel pezzo, senza dubbio originale e frizzante, il caratteristico timbro di voce di Alessandro Mahmoud si fonde perfettamente con la gran base realizzata da Charlie Charles (già produttore di Ghali e Sfera Ebbasta) ma, a parere di molti (e anche di chi scrive), non avrebbe meritato la vittoria, soprattutto considerando che in gara c’erano grandi pezzi come quelli di Cristicchi, di Silvestri e Rancore e di Ultimo – meglio non parlare della sua caduta di stile negli ultimi due giorni – giusto per citarne alcuni.

Ma il punto del discorso non è questo.

Puntuale come un orologio svizzero, sabato notte arriva il tweet di Salvini:

Mahmood…………… mah…………La canzone italiana più bella?!? Io avrei scelto Ultimo, voi che dite??”

Il fatto di esprimere la propria opinione non sarebbe neanche un problema se non fosse per il non troppo velato ragionamento razzista che l’aggettivo ITALIANA (“la canzone italiana più bella?”) implica abbastanza chiaramente: la canzone di Mahmood non è italiana perché per me lui non è italiano.

 

Da sinistra mancano i tweet ma in compenso ci pensano il Corriere della Sera e Repubblica a strumentalizzare la vittoria di Mahmood, definendola una vittoria del multiculturalismo e dell’integrazione, come se il suo unico merito fosse quello di essere per metà immigrato di seconda generazione e non quello di aver fatto una canzone bella e fuori dai canoni del Festival.

 

Ma tenetevi forte perché il capolavoro sta arrivando e naturalmente porta il nome di Luigi Di Maio.

Il leader del Movimento 5 Stelle, innanzitutto, elogia Cristicchi e la sua “Abbi cura di me” (e fin qui tutto ok), poi continua esprimendo perplessità sulle competenze della giuria che ha ribaltato il risultato del televoto – in cui Ultimo aveva ottenuto il 46% delle preferenze – (così come noi potremmo esprimere più di qualche dubbio circa le sue competenze per essere a capo di un qualunque Ministero, mi verrebbe da dire), ed ecco la prima “meraviglia”:

Non ha vinto quello che voleva la maggioranza dei votanti da casa, ma quello che voleva la minoranza della giuria, composta in gran parte da giornalisti e radical chic. E qual è la novità? Questi sono quelli sempre più distanti dal sentire popolare e lo hanno dimostrato anche nell’occasione di Sanremo”.

Se già a questo punto non capite se vi trovate di fronte ad una nuova puntata di Black Mirror o ad un’innovativa e bizzarra strategia di marketing ad opera del suo social media manager, aspettate, perché arriva la stoccata finale:

E ringrazio Sanremo perché quest’anno ha fatto conoscere a milioni di italiani la distanza abissale che c’è tra popolo ed “élite”. Tra le sensibilità dei cittadini comuni e quelle dei radical chic. Per l’anno prossimo, magari, il vincitore si potrebbe far scegliere solo col televoto, visto che agli italiani costa 51 centesimi facciamolo contare!

Giusto, il classico “E’ colpa del PD e delle lobbies” e l’imposizione di una democrazia diretta in salsa sanremese ce lo dovevamo aspettare, siamo stati degli ingenui.

Scherzi a parte, siamo nauseati e siamo sicuri che lo sia anche il povero Alessandro, che nel giro di due mesi è riuscito a vincere sia Sanremo Giovani che il Festival vero e proprio e mentre dovrebbe essere a festeggiare e a rispondere a domande dei giornalisti nel merito della sua canzone, si ritrova vittima inerme di un raccapricciante teatrino tra estremismi ideologici di cui siamo tutti responsabili.

E menomale che viviamo in una società post ideologica.

di Federico De Giorgiall rights reserved

 

 

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