Credevo di essere sul lungomare di Ischia, invece era l'Idroscalo di Milano

di Vittoria Favaron

Credevo di essere sul lungomare di Ischia, invece era l'Idroscalo di Milano

di Vittoria Favaron

Credevo di essere sul lungomare di Ischia, invece era l'Idroscalo di Milano

di Vittoria Favaron

Quando il tuo sguardo isoscele
E la bocca tua scalena,
prepotenti come ipotenuse rocciose,
si compassano sugli scogli
decagonali,
 
E io ho in seno un così coseno e tangente
Battito di rombi fulminei,
è  perché tu avevi sbagliato le scarpe
dalla plasticosa essenza.
 
Pensieri piramidali e parole coniche,
in una frase stocastica e vorticosa,
che numerava di vongole e salsedine,
mentre le cozze patelle, datteri di mare, ostriche selvatiche, ostrichette curiose,
pesce persico e tonno rio mare, al naturale,
formavano un sindacato,
ma di pesci d’acqua dolce.
 
 
Ordunque, la tua pelle butterata,
come una sirena in menopausa,
e i tuoi occhi bulbosi e spenti,
mi porgevano il ripudiante resoconto,
della mattonella di un giardino pensile
che non riuscivi a scrostare nemmeno con il Bref, pulito facile,
Non era dunque meglio il Sapone di Marsiglia Chanteclair?
 
 
 
Tuttavia io mi sentivo isolato e perso
come i capelli impigliati nelle spazzole di Limoni,
o come un fantasmino in mezzo ai calzini per il calciotto,
perché a mio padre piaceva Maradona,
mentre io volevo fare nuoto sincronizzato.
 
E tu lo sapevi.
 
Di Vittoria Favaron e Roberta Bruno
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