Credere al meraviglioso: intervista a Christophe Ono-dit-Biot ed Andrea Marcolongo

di Giulia Covelli

Credere al meraviglioso: intervista a Christophe Ono-dit-Biot ed Andrea Marcolongo

di Giulia Covelli

Credere al meraviglioso: intervista a Christophe Ono-dit-Biot ed Andrea Marcolongo

di Giulia Covelli

CREDERE AL MERAVIGLIOSO: INTERVISTA A CHRISTOPHE ONO-DIT-BIOT ED ANDREA MARCOLONGO

L’Accademia di Francia al crepuscolo è uno spettacolo meraviglioso per gli occhi del pubblico che brulica nel silenzio in attesa dell’arrivo di Christophe Ono – dit – Biot, insegnante di lettere, giornalista e scrittore, vicedirettore del settimanale “Le Point”, in arrivo a Roma per presentare il suo ultimo romanzo “Credere al meraviglioso” (Bompiani) in compagnia di Andrea Marcolongo, autrice de “La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco” (Laterza Edizioni) successo mondiale da oltre 100.000 copie vendute  e “La misura eroica. Il mito degli argonauti e il coraggio che spinge gli uomini ad amare” (Mondadori), da pochi mesi uscito in Italia.
Nella bellissima cornice del Grand Salon, Christophe ed Andrea dialogano con semplicità e su temi di grande importanza, difficili da sfiorare con la leggerezza che li caratterizza: il valore del classico, il senso del viaggio e della nostalgia, il tabù del dolore e la sfida del cambiamento.
Al termine del dialogo ho avuto il piacere di chiacchierare con entrambi.
A voi, lettori di The Freak, il privilegio di “ascoltare” le loro parole profetiche ed illuminanti.
Legenda: A: Andrea Marcolongo
C: Christophe Ono – dit – Biot

“Credere al meraviglioso” e “La misura eroica” sono i vostri ultimi romanzi; da entrambi i titoli si coglie una sfida, quella di sublimare la sofferenza, di viaggiare attraverso il dolore per giungere alla conoscenza di sé. Quali sono, oggi, gli strumenti attraverso cui veicolare l’accettazione della sofferenza? La letteratura è sola nel parlarci ancora della nostra mortalità?
C: Più che attraverso la letteratura, attraverso la Bellezza. La bellezza è lo strumento. Questa bellezza si traduce nella letteratura, nel cinema. Insieme al dolore, la Bellezza è l’unica cosa che riesce a farci piangere.
A: Mi ha rubato la risposta (ride). Tu parlavi di accettazione del dolore… La società di oggi lo rimuove perché ne ha paura. Si ha sempre paura non solo di vivere il dolore, ma anche di parlarne. Ora si ha paura di dire come si sta e di essere giudicati oppure rigettati. Io dico: “rigetto l’infelicità”, rigetto il dolore attraverso il coraggio di cercare la Bellezza.

La logica dominante continua ad essere quella del profitto. Qual è lo spazio della letteratura nella società odierna? Come fa lo scrittore, per il poeta, a trovare il giusto punto di equilibrio tra il silenzio che serve alla scrittura e il contatto con la realtà, con “la macchina” che gli permette di portare la sua voce ad un pubblico?
A: Per me prima viene vivere e poi scrivere. Io non so scrivere di qualcosa di cui non ho fatto esperienza. È come nel mondo greco antico: “io so perché ho visto”. Si può vivere qualcosa anche attraverso l’immaginazione, ma c’è bisogno di vivere. C’è bisogno di vivere e di respirare. Io amo molto il contatto con i miei lettori, ma ho anche bisogno di silenzio .
Per quanto riguarda il rapporto con la casa editrice la chiave è la la fiducia. Casa editrice, significa prima di tutto “casa”. Per me questo è molto importante, infatti ho detto molti “no” e continuo a dirne.
C: Io scrivo per non morire, a volte scrivo delle cose che ho vissuto, a volte scrivo di cose prima di averle vissute, e quando le scrivo però poi accadono. Per quanto riguarda la “macchina”, la casa editrice beh, la mia casa è il mio cuore, il mio corpo, ed è col mio corpo che scrivo e dunque rispondere alla sua domanda è una questione di ritmo e di equilibrio – molto difficile da trovare – quindi sto sempre sulla cresta dell’onda, sulla linea di confine fra il caos totale, le notizie attuali e la “macchina infernale” e il silenzio dell’immersione in sé; ritrovare il centro di gravità , il filo che sta a piombo sull’acqua è necessario se non si vuole perdere la bussola e disorientarsi. Io scrivo per non morire ma anche per ricordarmi e per non impazzire in questo mondo. Poi la casa editrice è un mezzo.

The freak è un web magazine e una Casa editrice formata da soli giovani provenienti principalmente dal sud Italia. Abbiamo di recente lanciato una rubrica dal titolo “Nessun bamboccione” dedicata alle storie di giovani che corrono lontani dalla propria terra natìa per cercare lavoro. Cosa dire oggi ai giovani che si spostano, è sempre un valore aggiunto mettersi in viaggio, alla ricerca del “vello d’oro”?
A: I greci dicevano che il cambiamento è parte della vita, sempre.
C: E’ difficile rispondere a questa domanda. Non penso di avere consigli da dare ai giovani che lasciano la propria terra d’origine in cerca di una vita migliore. Quando bisogna andarsene bisogna andarsene e basta piuttosto che morire immobili. Ma sul cambiamento mi sembra che la generazione de giovani non viva realmente il cambiamento perché con i social vedono solo persone che la pensano come loro quindi sono nel loro mondo e questo non è il vero cambiamento. Il problema di queste cose è che ci si ritrova rafforzati nelle proprie convinzioni perché se dieci persone la pensano come te poi finisci per convincerti che hai ragione (A: E l’algoritmo vuole proprio questo!) ed è questa la cosa pericolosa: mantenere le persone nello stesso recinto, come le pecore. Quindi devono sperimentare il vero cambiamento, ma per questo….
A: Per questo ci vuole Dante. Il cambiamento avviene alle ultime pagine della Vita Nova, prima c’è tutto un viaggio attraverso la conoscenza di sé.

 

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