Covid, Corea del Sud:
Un modello?

App e no a zone rosse
La Corea del Sud è un modello?

Intervista a Marzia Rurali, un'italiana nel Paese asiatico
che ci racconta come butta dall'altra parte del mondo

di Cristina de Palma

Covid, Corea del Sud:
Un modello?

App e no a zone rosse
La Corea del Sud è un modello?

App e no a zone rosse
La Corea del Sud è un modello?

di Cristina de Palma
corea del sud

Covid, Corea del Sud:
Un modello?

App e no a zone rosse
La Corea del Sud è un modello?

Intervista a Marzia Rurali, un'italiana nel Paese asiatico
che ci racconta come butta dall'altra parte del mondo

di Cristina de Palma

Se in Europa siamo ancora in piena seconda ondata, in Corea del Sud sono già alla terza ondata. Dall’inizio dell’epidemia, il Paese – che conta oltre 51milioni di abitanti – ha registrato 45.442 contagi, mentre il numero dei decessi è ad oggi a quota 746. 

Dati allarmanti per un paese considerato un modello per la sua risposta efficace a più ondate di Coronavirus, guadagnandosi gli elogi dell’Organizzazione mondiale della sanità dopo che le autorità hanno fermato con successo la diffusione dell’epidemia iniziale. 

Ma come si vive lì? L’abbiamo chiesto a Marzia Rurali, un’italiana che si è trasferita, quasi due anni fa, con la sua famiglia nella capitale, Seoul

Quando sono iniziati i primi casi di contagio?

Il primo caso di contagio porta la data del 23 gennaio, una signora coreana di rientro da Wuhan. 

Quali sono state le misure attuate dal Governo?

Il governo avendo il precedente della Mers (la Sindrome Respiratoria del Medio Oriente) nel 2015 ha attivato subito i protocolli anti-pandemia che consistono soprattutto nel tracciamento di positivi e di tutti quelli venuti a contatto con essi. Ha disposto subito utilizzo della mascherina obbligatoria mei posti chiusi e ha organizzato il ricovero di tutti i positivi suddividendoli in strutture diverse a seconda della gravità’. Inoltre, la questione scuola si è risolta subito perché hanno organizzato le classi alternando presenza a lezioni virtuali. 

Hai due figli: una ragazza di 16 anni e uno di 11. Come hanno reagito a questa pandemia? 

I miei figli hanno compreso da subito la problematica perché l’informazione a scuola era molto precisa, e anche la comunicazione attraverso i media. Hanno alternato presenza in classe a virtual school a seconda delle ondate di contagi ma sempre sotto controllo e le scuole hanno adottato velocemente tutti i criteri per tenere i ragazzi in sicurezza. 

Come è cambiata la tua quotidianità?

La mia quotidianità non è cambiata granché, qui non c’è mai stato un vero e proprio lockdown o coprifuoco. Ci sono solo delle regole che noi espatriati, così come i coreani, siamo ben contenti di seguire per salvaguardare la salute di tutti. Il popolo asiatico in generale è sempre molto responsabile ed incline a seguire le regole dettate dal Governo, quindi lo sforzo è stato minore rispetto agli occidentali. 

L’utilizzo delle mascherine è stato obbligatorio sin da subito?

Il popolo coreano portava la mascherina già prima, come abitudine per proteggersi dall’inquinamento, nei mezzi pubblici o nei locali chiusi per evitare la diffusione delle influenze quindi diciamo che è stata solo resa obbligatoria in alcune strutture e servizi pubblici. 

Parlando di lavoro, è cambiato qualcosa nel Paese? Ci sono restrizioni? Come si svolge lon Smart working?

Il lavoro è andato avanti a seconda delle attività. Molte società sono andate in Smart working, alcune tipo palestre, musei, cinema, discoteche hanno subito chiusure temporanee a seconda del numero dei contagi.  Ora che siamo in piena terza ondata, le cose sono un po’ cambiate. Per esempio, bar e ristoranti vengono chiusi alle 21h. Oltre questo orario è possibile solo il delivery. I bar possono fornire prodotti solo take out, (da asporto, ndr), il che vuol dire che non si può sostare all’interno. 

Ci sono zone rosse nel Paese?

In Corea non esiste la definizione di “zona rossa”, ci sono solo delle province più o meno interessate di altre, e il Governo procede attuando dei protocolli per livello. La Corea del Sud infatti utilizza un sistema di distanziamento sociale di cinque livelli (1, 1.5, 2, 2.5 e 3). Ora Seoul e provincia sono al livello 2.5. Il governo sta pensando se fare il passo successivo che corrisponde ad un livello 3, gravità alta, che significherebbe ulteriori restrizioni. 

In Italia, la mappatura dei positivi è stata un disastro, l’app Immuni che doveva servire come tracciamento si è rivelato un flop. In Corea del Sud, invece? 

Tutte le APP in Corea del Sud funzionano perfettamente (quella più scaricata è Corona 100m, ndr) e la tecnologia viene applicata al monitoraggio della salute quotidianamente sia per il tracking dei positivi sia per controllare le quarantene. Tutto è stato gestito bene sin da subito e nessuno sgarra. 

Il 15 dicembre novembre scorso sono stati registrati 1.078 nuovi casi di contagio da coronavirus, un dato molto alto rispetto al normale. Siete preoccupati?

Come ho anticipato siamo in piena terza ondata, i contagi variano giornalmente tra i 700 e i 1000. Dati molto inferiori all’Europa ma preoccupanti per i coreani che stanno cercando di contenere la pandemia con tutte le loro armi. 

(Secondo un conteggio della Johns Hopkins University, i casi in Corea del Sud sono aumentati costantemente da metà novembre anche a causa delle gelide temperature invernali che spingono le persone in casa, dove l’infezione è più facile).  

Come passerai le feste natalizie?

Per via della doppia quarantena, in entrata in Italia e in rientro qui abbiamo deciso di non muoverci. Festeggeremo il Natale con degli amici italiani che vivono qui e se riusciamo andremo a sciare qualche giorno nelle montagne dove sono state fatte le Olimpiadi di Pyeongchang. 

Per quanto riguarda la questione vaccino, il Ministero della Salute coreano ha riferito che AstraZeneca, Pfizer, Moderna e Janssen di Johnson & Johnson forniranno 64 milioni di dosi del farmaco, coprendo 34 milioni di persone. 

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