Cinema-Intervista ad Angelo Troiano: Thriller, storia di speranza e rinascita

di Ilaria Pocaforza

Cinema-Intervista ad Angelo Troiano: Thriller, storia di speranza e rinascita

di Ilaria Pocaforza

Cinema-Intervista ad Angelo Troiano: Thriller, storia di speranza e rinascita

di Ilaria Pocaforza

Nessuno ti deve togliere i sogni”

Girare un cortometraggio che abbia per protagonisti un ragazzino di 13 anni intrepido e sognatore, l’Ilva di Taranto e Michael Jackson può sembrare all’apparenza una vera e propria opera di fantascienza, eppure il regista Giuseppe Marco Albano ed il produttore Angelo Troiano non solo sono riusciti a realizzare una bellissima opera intitolata Thriller, ma grazie a questa hanno pure vinto innumerevoli premi, tra cui l’ambitissimo David di Donatello.

Thriller racconta, infatti, la storia di Michele (Danilo Esposito), un ragazzo di 13 anni che vive a Taranto e che considera Michael Jackson il suo idolo: nemmeno la fabbrica dell’Ilva, con tutto il suo carico di disperazione, riuscirà ad impedirgli di realizzare il suo sogno di diventare un ballerino, insegnandoci che coraggio e forza di volontà sono sinonimi di speranza e rinascita.

The freak ha intervistato Angelo Troiano, il produttore di Thriller.

Come è nata l’idea di questo cortometraggio?

L’idea è nata dalla passione di Giuseppe Marco Albano, il regista (che ha scritto il soggetto e la sceneggiatura, insieme a Francesco Niccolai), per Michael Jackson: questo cantante, infatti, rappresenta uno dei suoi idoli musicali, oltre che uno dei più grandi miti pop\rock della storia, e dall’attaccamento alla città di Taranto che, nonostante fosse fuori regione per noi, costituiva comunque un punto di riferimento per gli abitanti di Bernalda.

La vicenda dell’Ilva di Taranto è tristemente nota alle cronache: come mai la scelta di affrontarla con gli occhi di un ragazzo di 13 anni?

Fondamentalmente perché questo corto voleva contenere un messaggio di speranza, un lieto fine almeno “potenziale”; prima di girarlo ci siamo trasferiti a Taranto e già in questo contesto coloro che ci vedevano con le telecamere avevano paura che avessimo intenzione di raccontare l’ennesima storia triste su la fabbrica dell’Ilva e sugli abitanti di Taranto. Invece noi, in una situazione ambientale così difficile, volevamo mostrare la faccia positiva della città, la sua cultura, le tradizioni, i talenti, per alimentare la speranza.

Nel corto vengono menzionati anche i talent show: pensi che questi format televisivi siano adatti a far emergere e, soprattutto, a far durare nel tempo il talento dei giovani artisti e che si possano sostituire alla gavetta?

Penso che siamo in un periodo in cui c’è un abuso, un eccessivo pubblicizzare questi nuovi format, che però hanno anche un lato positivo, perché sono degli “incubatori di talenti. Quindi la mia non vuole essere né una critica né un’esaltazione, sicuramente è un fenomeno reale con cui ai giorni d’oggi bisogna fare i conti. È importante, però, considerarli come un’opportunità per farsi conoscere, un punto di partenza, e non un punto d’arrivo. Troppo spesso vedo come chi partecipa a questi talent sente di essere arrivato, invece di iniziare un percorso, di lavorare per non diventare una meteora destinata ad eclissarsi. Sicuramente questi programmi, se ben strutturati, possono funzionare.

Thriller si è trovato a gareggiare con altri grandi cortometraggi: voi siete riusciti a vincere il David di Donatello, coronando, con questo ambitissimo premio, una lunga lista di riconoscimenti che già vi erano stati attribuiti. Vi aspettavate di riuscire a portare a casa il David e cosa avete provato nell’ottenere un premio tanto ambito?

Il David arriva dopo un anno di vita straordinaria del cortometraggio, perché Thriller ha partecipato a circa 80 finali ed è riuscito ad aggiudicarsi tanti premi, quindi già eravamo arrivati al di sopra di ogni nostra aspettativa. Speravamo nel David, ma senza nutrire troppe aspettative, per non ricevere poi una delusione. Scoprire che lo avevamo vinto è stata una gioia pazzesca, che è durata tantissimo, perché, rispetto agli altri premi, la cinquina e il vincitore del David vengono comunicati in contemporanea. È stato come realizzare il sogno che rincorrevamo nel cortometraggio. Ancora più emozionante è stato ritirare il premio alla presenza di tutto il cinema italiano e di Quentin Tarantino: conoscerlo è stato straordinario, vederlo parlare sul palco insieme a Morricone è stato un pezzo di storia di cinema che abbiamo vissuto in diretta. Spero che tutto ciò sia un trampolino di lancio per continuare a coltivare ed a realizzare i nostri progetti e le nostre idee.

La Basilicata è anche la terra d’origine di Francis Ford Coppola: questo paragone vi lusinga o vi pesa?

Diciamo che Giuseppe ha origini pugliesi perché è nato a Cisternino, poi però ha sempre vissuto a Bernalda, che è il mio stesso paese d’origine, per questo noi siamo amici d’infanzia. Coppola è proprio originario di Bernalda, però io, che ricopro una figura produttiva, mi sento un po’ più slegato da questo personaggio, mentre un eventuale paragone tra tecniche registiche tra un artista così grande ed un altro emergente, può comportare per quest’ultimo una certa pressione. Perciò, nonostante noi siamo felicissimi dell’attenzione che può portare Coppola alla Basilicata ed a Bernalda, la stessa attenzione può essere spostata su quanto c’è di nuovo. Giuseppe ha sempre visto questa figura come qualcosa di positivo, anche se lui non ha avuto come massima aspirazione Coppola, ma i suoi miti sono stati quelli della commedia all’italiana, perciò si è ispirato a personaggi del cinema differenti. Quindi, per noi può essere un onore condividere queste origini, sicuramente non un peso: vorremmo solo essere una riconferma della buona arte e della buona cultura del nostro territorio.

Spiegaci cosa rappresenta per te il cinema.

Il cinema per me è l’opportunità di lavorare conquistando un sogno, il cinema è emozionare e raccontare delle storie. Il cinema è una professione che non mi aspettavo di svolgere, perché vengo dagli studi di Giurisprudenza, ma poi, anche grazie all’amicizia con Giuseppe Marco Albano, è diventata una realtà professionale. Quello che vogliamo fare è creare un momento di gioia, uno strumento per divertirsi e per emozionarsi insieme: vogliamo raccontare storie che facciano ridere, esultare, arrabbiarsi, per poi avere l’opportunità di confrontarsi con le magnifiche realtà autoriali degli schermi, grandi o piccoli che siano.

Qual è il ruolo di un produttore?

Il reparto produttivo ha una chiara gerarchia ma, quando parliamo di cortometraggi, essendo le disponibilità economiche ridotte rispetto ad un progetto filmico lungo, il produttore deve credere nell’idea insieme al regista, dandogli un supporto morale fondamentale nella realizzazione del progetto, trovando le risorse economiche, cercando piccoli sponsor che possano dare una liquidità immediata, usufruendo di opportunità come il bando della Puglia Film Commission, portando il progetto nelle sedi istituzionali opportune, presentando domanda per partecipare al bando e vincerlo per ottenere un maggior supporto, e investendo secondo le proprie possibilità economiche nel progetto. Terminata questa fase, si deve organizzare il tutto, perciò si deve mettere su una troupe, chiudere gli accordi con gli attori, con coloro che si occupano delle location e così via, partendo dalle cose più grandi fino ad arrivare all’ultimo permesso burocratico occorrente.

Che consigli daresti ad un ragazzo che intende avvicinarsi al mondo del cinema?

Studiare tanto: io stesso, ancora oggi, non mi sento di poter dire di poter comprendere appieno questo mestiere. È sicuramente necessario capire cosa c’è dietro alla produzione di un film, per comprendere come si muovono tutti i reparti, perché occorre sapere cosa fa ogni collaboratore: non si può pensare di lavorare in totale autonomia senza curarsi di quello che fanno gli altri. Perciò occorre studiare tanto, avere tanta passione e tanta umiltà, e fare tanta gavetta sul campo.

Quali progetti e quali sogni hai per il futuro?

Di progetti ne ho tanti, perché in questo mondo, su 10 proposte che fai, forse ne passano 2. Si deve sempre cercare di captare le storie di registi e sceneggiatori che ti stanno attorno, cercando di seguirle ma avendo la consapevolezza che non sempre le stesse andranno a buon fine. Circa il mio sogno più grande, sicuramente è quello di realizzare l’opera seconda di Giuseppe, un lungometraggio.

Che cosa auguri al cinema italiano ed alla tua terra, la Basilicata?

Per quanto riguarda il cinema italiano, ricordo che quando eravamo al Quirinale per ricevere il saluto del presidente della repubblica, Nicola Piovani ha iniziato il suo discorso così: “Sento dire da circa 30 anni che il cinema italiano è in crisi”. Auguro al cinema italiano di andare avanti e di fare l’ennesimo salto di qualità, senza schiacciarsi su questa crisi: è vero, è un momento difficile, però il trio costituito da Nanni Moretti, Matteo Garrone e Paolo Sorrentino dimostra come qualcosa di buono si possa fare anche in Italia. È, quindi, necessario continuare a scommettere sui talenti, non producendo solo quello che fa incassare al botteghino, avendo anche il coraggio di percorrere altre strade. Alla Basilicata auguro di continuare a crescere, portando sempre più produzioni cinematografiche o audiovisive nel proprio territorio e di diventare un punto di riferimento come ha fatto la Puglia, stringendo un ponte con quelle che sono le regioni vicine.

a cura di Ilaria Pocaforza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati