A Ciambra – La giovane Italia a Cannes, II parte

di Alessandra Carrillo

A Ciambra – La giovane Italia a Cannes, II parte

di Alessandra Carrillo

A Ciambra – La giovane Italia a Cannes, II parte

di Alessandra Carrillo

La giovane Italia tra politica e stato, società e status, religione e sentimenti

Seconda parte: Jonas Carpignano e la sua A Ciambra rom a La Quinzaine di Cannes

 

La giovane Italia a Cannes, I parte

 

Cannes non è solo selezione ufficiale, anzi, negli ultimi anni sembra che sia La Quinzaine des Réalisateurs a portare fortuna ai colori italiani. Come lo scorso anno (Virzì, Giovannesi e Bellocchio), tre film di casa nostra in questa sezione parallela che mantiene il suo spirito libero nelle scelte: e così che il premio Europa Cinema Label va al film A Ciambra del regista italo-americano Jonas Carpignano, onorificenza che permetterà al film di ricevere il sostegno dell’Europa Cinemas Network. La giuria ha scelto A Ciambra, per “aver saputo valorizzare il potere e il potenziale magico del cinema, trasportando il pubblico in un ambiente raramente visto in sala, con un protagonista quattordicenne capace di una performance brillante“.

A Ciambra

E’ proprio Pio (Pio Amato) l’indiscusso protagonista di questa storia di vita ai margini, in un’adolescenza mancata, una rincorsa a diventare adulti: le sigarette fumate da bambini, le macchine guidate da minorenni, quegli abbracci ogni tanto cercati, le lacrime che nascondono una scelta di demarcazione e di sopravvivenza, quei visi sicuri e scuri, il fragore delle risate vere, le sfide in emulazione al fratello più grande Cosimo tra sali e scendi dai treni e furti in ogni dove, portando a casa i soldi, unico “uomo” non in prigione.

A Ciambra

E’ la vita vera della comunità rom di Gioia Tauro, realtà che il regista ha imparato a conoscere negli anni, dato che ha prima presentato a La Semaine de la Critique un cortometraggio dallo stesso titolo A Ciambra nel 2014 e poi il lungometraggio sulle vicende di Rosarno in Mediterranea nell’anno successivo con protagonista Koudous Seihon, che resta Ayiva anche nell’ultimo lungometraggio visto a Cannes.

La camera che segue Pio e la sua famiglia, Ayiva e gli atri immigrati di Rosarno, scruta nell’intimo in maniera neo-realista, quasi da documentario ma con una storia che si costruisce in film di formazione di un piccolo uomo che impara a relazionarsi non solo con la propria comunità, ma anche con quella africana e quella italiana, su un doppio binario, correndo di fronte alla giustizia per difendere il “suo” mondo, arcano e radicato nelle volontà del nonno.

Non vi è un giudizio nel raccontare, ma ci sono ombre e colori, sogni e realtà che si incrociano: Carpignano è capace di seguire i suoi attori non professionisti con ostinazione sui loro volti e nella bellezza di riempire lo schermo di movimenti veri e pezzi di vita di un microcosmo ai margini che non si conosce di solito se non per fatti di cronaca ed a cui ci si avvicina nella verità del loro linguaggio, vivendo nei loro spazi, stretti e affollati e scoprendone l’intimità, proprio attraverso questo quattordicenne Pio, duro e fragile, ma che vive la strada e la conosce bene. E ce la fa vivere.

A Ciambra

E la si vive anche nei titoli di coda, dove appare tutta la famiglia Amato, la famiglia rom che ha affrontato il viaggio dalla Calabria per ricevere ben 10 minuti di applausi la sera della prima, lì sul palco del Theatre Croisette . Una prima che è stata gioia per loro, per il suo regista e per quanti hanno contribuito a fare il film, dal progetto LuCa (della Lucana e Calabria Film Commission) che l’ha finanziato assieme a Rai Cinema e ad altri tra cui spicca un altro nome importante apparso sul grande schermo: Martin Scorsese, che ha contribuito al progetto con un fondo per giovani autori emergenti e con dei consigli che lo stesso Carpignano non ha potuto non tenere in considerazione. “Martin Scorsese è stato una specie di guida spirituale” afferma il giovane Jonas, cresciuto a New York da madre afro-americana e padre italiano – e da sempre interessato alle tematiche immigrazione ed integrazione – e che ha trascorso gli ultimi 7 anni in Italia, soprattutto in Calabria, proprio vivendo a contatto quotidianamente con la realtà che racconta: quella vita di strada, senza buonismi né stereotipi, ma a cui, poi, si vuole bene. Nonostante tutto. “Perché in fondo si tratta di persone come noi. Anche se rubano”.

Di Costanzo e De Paolis, la giovane Italia a Cannes – III Parte

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