Chiedi alla polvere: la riscoperta di un capolavoro

di Redazione The Freak

Chiedi alla polvere: la riscoperta di un capolavoro

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Chiedi alla polvere: la riscoperta di un capolavoro

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Chiedi alla polvere (titolo originale Ask the dust) è un romanzo parzialmente autobiografico di John Fante, scrittore americano originario dell’Abruzzo.

Per molti anni le opere di Fante sono rimaste sconosciute al grande pubblico, finché nel dopoguerra Charles Bukowski, altro grande autore statunitense, trovò in biblioteca una copia di Chiedi alla polvere e ne rimase folgorato. Così negli anni ’80 l’editore di Bukowski, che nel frattempo era diventato popolarissimo in America, decise di ristampare i romanzi di Fante e lo stesso Bukowski si offrì di scrivere la prefazione del romanzo, rievocando con toni appassionati il suo primo incontro con questa piccola grande opera.

Anche in Europa Fante diventa subito un autore di culto, tanto da essere considerato oggi come uno dei più grandi autori del ‘900. Chiedi alla polvere, da cui è stato anche tratto un film in cui Arturo e Camilla hanno i volti di Colin Farrell e Salma Hayek, racconta la storia di un ventenne italoamericano, Arturo Bandini, che somiglia a molti di noi, irresoluto adolescente in perenne conflitto con se stesso (“… Due persone in una stanza: una è una donna, l’altra Arturo Bandini, che non è né carne, né pesce, né niente…”), vive di passione per le parole che si formano in lui, aspirante scrittore, aspirazione che lo porta a lasciare la casa paterna in Colorado per trasferirsi a Bunker Hill, Los Angeles.

Fin qui sembrerebbe una storia come tante altre: ci sono i sogni, c’è l’amore, probabilmente ci sarà l’happy ending. Invece no: la storia di Fante, narrata in prima persona, perciò ancora più fortemente autobiografica, ci colpisce come un treno in corsa, facendoci immedesimare nelle difficoltà quotidiane di Bandini per procurarsi il cibo (sono pochi gli scrittori, e in generale gli artisti, che ricevono la gloria in vita) e nelle disillusioni inflitte dalla gente che non apprezza il suo primo racconto, E il cagnolino rise.

Vagabondando nella Los Angeles spietata e polverosa degli anni ’30 (John Fante scrive nel prologo: “Così l’ho intitolato Chiedi alla polvere, perché nelle strade c’è la polvere dell’Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere. E c’è una ragazza ingannata dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano, e voleva essere dei loro.”), Arturo conosce e si innamora di una giovane cameriera messicana, Camilla Lopez, e intreccia con lei una difficile e tormentata storia d’amore, una storia tra diversi, tra disadattati, emarginati dalla società americana già impegnata ad idolatrare il consumismo e l’ideale di vittoria a tutti i costi.

Tanto più Arturo è innamorato, tanto più inizia un corteggiamento impacciato, politicamente scorretto, fatto di duelli verbali e gestuali goffi e impacciati. Arturo proietta sull’amata tutte le discriminazioni che anche lui ha dovuto silenziosamente patire in passato da quella stessa società da cui oggi brama ardentemente essere ammirato (“…Ah Camilla! Quando ero ragazzo, laggiù nel Colorado, erano questi stessi Smith, Parker e Jones a ferirmi apostrofandomi con atroci nomignoli… Mi hanno umiliato al punto da farmi diventare diverso e mi hanno spinto ad accostarmi ai libri, a rinchiudermi in me stesso, a scapparmene in Colorado… Se ti chiamo «indiana» non è il mio cuore che parla, ma il ricordo di una vecchia ferita, e io mi vergogno della cosa tremenda che faccio…”) da cui vuole essere acclamato come il nuovo talento letterario del secolo, perché solo così crede che riuscirà a riscattarsi da una vita di povertà e di sofferenze.

John Fante racconterà la storia del giovane Arturo Bandini anche in altre opere. Giovane perché vent’anni sono un età strana: non sei più bambino ma non sei ancora uomo, i piccoli problemi ti sembrano enormi, però pensi che il mondo è lì, a portata di mano, alla portata delle tue capacità, dei tuoi sogni.

Arturo si guarda attorno e vede in ogni angolo, in ogni situazione una possibile storia, un possibile capolavoro. Memorabile sotto questo aspetto è il nono capitolo, in cui Fante descrive una gita al mare di Arturo e Camilla: quando i ragazzi rischiano di morire, in balìa delle onde davanti alla spiaggia di Santa Monica, l’unica cosa alla quale Arturo dovrebbe pensare sarebbe trovare un modo di salvarsi, “…Eppure, anche in quel momento, era come se stessi scrivendo, come se stessi registrando tutto sulla carta. Davanti agli occhi avevo il foglio dattiloscritto, mentre fluttuavo, sbattuto dalle onde, senza riuscire a raggiungere la costa, sicuro che non ne sarei uscito vivo…”. «Chi non capisce una follia del genere (- scrive Alessandro Baricco -) ha poche probabilità di campare facendo lo scrittore».

Le storie, lo stile di Fante sono davvero magnetici: ci trasportano a Los Angeles, in mezzo alla sabbia, agli immigrati, alla polvere dei più poveri e discriminati. Il significato di questa piccola grande storia è per me racchiuso proprio nel titolo, Chiedi alla polvere, polvere che è il simbolo di una sterile aspirazione al successo e di una più probabile tensione verso l’infelicità.

Dalla polvere provengono Arturo e Camilla, reietti, denigrati da una società che scandisce le regole di una notorietà labile e fasulla. Fante ha voluto trasmetterci un grande messaggio: non uniformarsi ai dettami di una società basata su falsi miti e ideali sbagliati, confrontarsi con gli altri senza timore, evidenziando nelle differenze le crescenti affinità.

“Tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di me non c’è più niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina” (tratto da una nota dell’autore al romanzo Aspetta primavera, Bandini).

di Ilaria Pocaforza All rights reserved

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