Chiacchiere da bar con Andrea Pinketts

di Daniele Urciuolo

Chiacchiere da bar con Andrea Pinketts

di Daniele Urciuolo

Chiacchiere da bar con Andrea Pinketts

di Daniele Urciuolo

Intervista esclusiva ad Andrea Pinketts, oltre che scrittore noir fra i più noti e originali, è stato anche giornalista investigativo: clamorose le sue inchieste in prima persona sulla “Setta dei Bambini di Satana” e le infiltrazioni camorristiche nel litorale romagnolo. Fra le sue opere ricordiamo: Lazzaro, vieni fuori (Feltrinelli), Il vizio dell’agnello (Feltrinelli), Fuggevole turchese (Mondadori), Nonostante Clizia (Mondadori).

…Confessioni e teorie di uno scrittore e alcolista famoso.

Intervista a cura di Daniele Urciuolo

E’ tardi. Sarà mezzanotte. Silenzio assoluto. Siamo al bar dell’hotel. Il nostro ospite ordina un Cuba Libre, molto rum bianco, poca coca cola. In testa ha un cappello di paglia, gli occhi sono quelli di un veterano della notte, un pipistrello, un gufo. La camicia color blu azteco è sbottonata, nel taschino un pacco consumato di fedelissimi sigari. Al collo uno strano amuleto. La voce è calda, da ex sceriffo di Cattolica. Usciamo fuori, non tira un filo di vento, ci sediamo ad un tavolino bianco a bordo piscina. Siamo pronti per l’intervista.

Parlami dei tuoi prossimi lavori.

Uscirà per Europa Edizioni questo libro che si chiama: E L’ALLODOLA DISSE AL GUFO: «Io sono sveglia e tu?».

Ah si, una specie di epistolario se non sbaglio, con Laura Avalle?

In realtà è un diario sentimentale che risale a 10 anni fa, al 2002, che mi ha “costretto” a scrivere la mia ex fidanzata, che allora era una giovane giornalista praticante e che adesso è diventata direttore di “Vero Salute”, quanto di più lontano ci sia da me. Come sai io non sono precisamente un salutista. Per questo l’allodola disse al gufo. Lei mi costringeva a scrivere queste risposte alle sue domande, ma non ci vedevamo mai, perché io ero un gufo e andavo a letto tardi, mentre lei si svegliava presto. Per questo è finita, ma si è trasformata in una bella amicizia. Ed è stata lei a volere che venissero pubblicate queste lettere.

Quindi cos’è?

E’ appunto il diario di una storia d’amore improbabile tra un gufo e un’allodola.

E la tua ex fidanzata non è riuscita nell’impresa di farti cambiare abitudini?

No, ma non ci ha nemmeno provato. Al massimo sono stato io che ho cercato di venirle incontro, ma per me era più semplice, non andavo a dormire.

(Ridiamo entrambi)

Quanto ci metti a scrivere un libro?

In genere quattro anni, ma ho deciso di smettere. Sto cercando di smettere di scrivere. Ho deciso che voglio parlare alle folle come Gesù Cristo, come John Belushi, o Renato Zero…

(Ridiamo di nuovo)

Quindi nessuna ulteriore pubblicazione all’orizzonte?

Si. uscirà un libro sul tema del bar, un tema a me molto caro, ma in realtà non l’ho scritto. Da un’intervista su radio24, un editore, di cui non posso fare il nome, ha deciso di scrivere un libro per cui i miei ricordi da bar sarebbero dovuti diventare – nella sua ipotesi – oggetto di culto, non solo di studio. Allora, siccome non avevo nessuna intenzione di scrivere un libro, questa giornalista mi ha seguito per 18 ore filate, in cui parlavamo di bar, passando di bar in bar, e ha registrato tutte le considerazioni che facevo sul mondo del bar. Bar degli anni 60, che non ho frequentato per ragioni anagrafiche, bar degli anni 70, bar degli anni 80, bar degli anni 90, su come le ragazze una volta bevevano un cocktail analcolico alla frutta, mentre adesso si fanno un doppio mojito. Sono perle di saggezza; certo non è un romanzo, ma sono una sorta di viatico che è arricchito da un’inchiesta che ho realizzato per il settimanale Esquire nel 92, in cui mi ero infiltrato tra gli alcolisti anonimi (e com’è noto, io non sono un alcolista anonimo, sono un alcolista famoso), raccontandone i meccanismi. E poi dentro c’è anche un riferimento a Jack London che ha scritto un grandissimo libro sull’alcool “John Barleycorn”, di cui sono stato onorato di scrivere la prefazione per la Utet, in cui racconta il suo rapporto con l’alcool. Il bello di questa storia è che non è necessariamente narrata come se fosse un romanzo, un racconto, bensì è un vademecum a episodi, partendo dal principio fondamentale che Noè, dopo essere sopravvissuto al Diluvio Universale, la prima cosa che ha fatto è un altare per ringraziamento, e da li è nata la Chiesa, e la seconda cosa che ha fatto è piantare una vigna, e da li è nata l’Osteria. Questa è una mia teoria, che difendo fino in fondo.

La nostra rivista The Freak promuove giovani scrittori emergenti. Sei attento ai giovani scrittori?  

Si. Io, da vittima dell’atto criminoso dello stupro, ovviamente dello stupro letterario, identificandomi sono passato dall’altra parte della barricata, per cui cerco di promuovere scrittori che si sono trovati nelle mie stesse condizioni, alla mia stessa età. Quindi per questo io sono una porta aperta. Chiaramente ci deve essere del talento, non basta la velleità, e lo riconosci dopo dieci pagine, chiunque può pensare di essere uno scrittore. Io sono molto attento ai giovani scrittori.

Cosa pensi del momento difficile dell’editoria italiana?

Penso che l’editoria italiana sta passando un periodo difficile né più né meno degli altri settori, penso che anche alla Barilla non se la cavino benissimo, nonostante il Mulino Bianco che sono costretti a rappresentare.

Tra l’altro ho colto malamente l’occasione nel 92 – quando ero sceriffo di Cattolica – quando ho incontrato Emanuela Barilla. Avrei potuto fidanzarmi, siccome ci piacevamo, e avrei avuto pasta per tutta la vita, ma le cose sono andate diversamente.

Questa la tagliamo?

No, segna, segna.

Nella tua vita rifaresti tutto quello che hai fatto?

Ci sono cose che non rifarei, ma unicamente perché so come sono andate a finire. Se non sapessi, in questo preciso momento, come sono andate a finire, probabilmente le rifarei e non me ne pento, perché nel momento in cui le ho fatte credevo di scommettere sul cavallo giusto – ossia me – e in quel momento ero il cavallo sbagliato. Ma difendo tutte le scelte che ho fatto, anche quelle finite male.

La più grande soddisfazione professionale?

Forse quando ho vinto il mio primo Mystfest di Cattolica col racconto “Ah sì? E io lo dico a Pinketts!”, nel 1984 a 23 anni, mi ha premiato Oreste del Buono ed è stato quello che ha dato il via alla mia carriera. Adesso se vinco un premio mi fa piacere, non è che ci sputo sopra, o mi faccia schifo, ma sono talmente abituato che non so più dove mettere le targhe. Se invece delle targhe mi dessero dei soldi sarei più contento.

(Ridiamo entrambi)

Il Pincketts dell’84 è diverso da quello di oggi?

Si, inevitabilmente, perché sono passati tanti anni.

Ora sei più maturo?

No, più immaturo.

Questa non la scrivo?

No, no, puoi scrivere. La verità è che adesso non me ne frega più vincere o perdere. Mi interessa misurarmi con la storia, mi interessa ogni volta vedere se sono ancora in grado di arrivare al porto che voglio raggiungere.

Parlaci del tuo genere, il noir.

Il noir è un non genere, perché ci puoi mettere tutto, da Shakespeare a Dostoevskij, a Italo Svevo…

Cosa pensi di Erri De Luca, uno degli scrittori più apprezzati quest’anno dalla critica e che The Freak ha recentemente intervistato (guarda la video intervista)?

Lo conosco bene, abbiamo un editore in comune che è Feltrinelli. Ne penso bene.

A parte te, chi è il tuo autore preferito?

(10 secondi di silenzio)

…Mmmmm…E’ difficile trovare uno all’altezza…

Grazie.

Biografia semiseria di Andrea Pinketts (Fonte: www.pinketts.com)

Andrea G.Pinketts nasce a Milano nel 1961 sotto il segno del leone ascendente ariete, sin da piccolo dimostra una pertinace tendenza all’insubordinazione e alle armi da fuoco, specialmente a quelle puntate contro di lui.

Studi irregolari, espulsione dal liceo linguistico per avere mal-menato il preside disossandolo.

A 17 anni dà prova di resistenza nella giungla urbana quando, essendo rimasto chiuso all’interno di un cinema periferico a causa di un colpo di sonno indotto da una bottiglia di whiskey tracannata durante la proiezione di “Tre contro tutti”, demolisce il portone del cinema a colpi di mannaia.

Dopo dodici giorni di servizio militare evade dalla caserma dei granatieri di Orvieto e, per evitare spiacevoli conseguenze, si finge psicopatico.

Tra le sue attività annoveriamo: fotomodello, cacciatore di dote, istruttore di arti marziali, giornalista investigativo (premio “Una Remington per la strada” 1991).

Le sue inchieste sul settimanale “Esquire” lo hanno visto di volta in volta sviluppare l’arte del trasformismo diventando negro, barbone, viado, satanista, pornodivo col nickname di “Udo Kuoio il re della frusta”.

Ha sempre avuto una passione sfrenata per le cattive compagnie, la letteratura, i bar equivoci, i sigari e le donne.

Non necessariamente in questo ordine.

Una risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati