Quando ero ragazzino, immagino forse un po’ come tanti, ogni volta che uscivo di casa, mi allontanavo dall’uscio portando con me le “raccomandazioni” e i “consigli” di mia madre che mi diceva: “Non andare lì”; “Non toccare quelle cose”, “St’attento lì, st’attento lĂ ” etc etc…
Insomma con raccomandazioni e consigli comuni. Ed io ovviamente non le seguivo tutte. Andavo a giocare a pallone nei terreni degli altri, mi arrampicavo e mi lanciavo da un posto all’altro proprio come una scimmia barbara, facevo a botte e tutto il resto, proprio come un tredicenne pieno di vita. E speravo di farla franca, di poter tornare a casa e non destare sospetti.
In fondo, quelle erano raccomandazioni, consigli, mica “ordini“, “precetti“. Peccato che dai balconi zii e zie, soprattutto di secondo grado, vedevano esattamente, per filo e per segno, cosa combinavo. Prontamente l’informazione raggiungeva casa mia prima di me. Mi bastava aprire la porta per “prendere il resto”, per essere messo in punizione e dimenticarmi per un paio di giorni di goliardie e varie marachelle.
Adesso che ho 34 anni, una formazione giuridica abbastanza strutturata, mi chiedo come debba interpretare le “raccomandazioni” e i “consigli” presenti nei DPCM di Conte. Mi chiedo dunque se sarĂ mia madre a continuare a “darmi il resto” su delega diretta del Presidente del Consiglio per aver disubbidito alle sue raccomandazioni, oppure se ritornare sui miei passi e capire che quelle raccomandazioni sono sempre stati dei precetti, seguiti da una sanzione. PerchĂ© in questo secondo caso allora va fatta luce in modo che possa studiare bene come evitare una bella insaccata di legnate da mamma o da Conte mentre cerco di spiegare che la “raccomandazione” non ha nessun valore giuridico effettivo e che alle cose va dato il loro nome.
Una risposta
Faccio il tifo per voi e vi seguo con affetto ed interesse! Grazie e in bocca la lupo! Un abbraccio in particolare al mio Amico Claudio Rinaldi.