Caso Gregoretti: Politica non parlare di vittoria

di Leonardo Naccarelli

Caso Gregoretti: Politica non parlare di vittoria

di Leonardo Naccarelli

Caso Gregoretti: Politica non parlare di vittoria

di Leonardo Naccarelli

La magistratura potrà procedere contro Matteo Salvini per il caso Gregoretti. Questa è la decisione presa dal Senato lo scorso 12 febbraio. E’ stata respinta la mozione, presentata da Fratelli d’Italia e Forza Italia, di negare l’autorizzazione a procedere. La maggioranza di governo, per un solo e fugace attimo, è sembrata stranamente solida votando compatta: come di fronte ad una stella cadente, esprimete un desiderio. Potrebbe non ricapitarvi più.

L’esito della votazione è sicuramente positivo. In Senato ha gioito tutta la società civile che ha combattuto, nell’ultimo anno e mezzo, per contrastare l’imbarbarimento collettivo, la diffusione dell’odio e l’inasprimento dei conflitti sociali. Il tabellone di Palazzo Madama suona come un invito, inaspettato ed improvviso, a queste persone di fare un passo avanti, senza paura. Il dramma è che, una volta avanzati, questi soggetti si sono accorti di essere da soli. La politica, ancora una volta, è rimasta indietro. Il voto in Senato non rappresenta una rinascita dei valori civili, non è un punto di svolta. E’ solo il grande festival dell’ipocrisia danzante, poco più di un giochino elettorale per una nuova verginità politica non meritata.

Il Movimento Cinque Stelle, in barba a qualunque coerenza e pudore, non ha esitato a votare per l’autorizzazione a procedere. Il caso Gregoretti è uguale ma, allo stesso tempo, diverso al caso Diciotti. Uguale perché non differiscono le modalità di azione dell’allora ministro degli Interni Matteo Salvini; gli eventi sono troppo vicini temporalmente per parlare di diverso contesto. Eppure, c’è una macroscopica differenza: l’alleanza di governo. Sottrarre, per la seconda volta, Salvini alla magistratura voleva dire veder cadere il governo un secondo dopo. Soprassiedo sul fatto che questo governo è talmente fragile da poter venir meno da un momento all’altro per i motivi più disparati. Hanno provato a convincere l’opinione pubblica che le alleanze non avrebbe snaturato la loro, non so quale, natura politica. Si è provato a credere che i Cinque Stelle potessero essere un elemento cardine di un fronte progressista. Niente di più falso. Privi di qualsiasi direzione propria, i Cinque Stelle sono sempre stati ambigui verso le politiche migratorie leghiste. In un primo momento, non si sono mai opposti agli scempi di Salvini a volte anche sostenendolo apertamente. In un secondo momento, hanno fatto finta di non sentire le voci, da più parti, di chi chiedeva l’abrogazione della disumanità fatta legge: i decreti sicurezza. Secondo loro, tali decreti non vanno cancellati, è sufficiente modificarli tenendo conto dei rilievi del Presidente della Repubblica. Non sanno o fanno finta di non sapere che non sarà una riduzione delle sanzioni a carico di chi salva vite a restituire al Paese un volto umano. E’ il concetto della punizione in sé che è una vergogna. Per cortesia, non prendeteci in giro.

Il Partito Democratico, almeno, è meno schizofrenico del Movimento Cinque Stelle. Non ha, infatti, cambiato idea in meno di un anno in relazione, sostanzialmente, allo stesso fatto. Tuttavia, sulla gestione delle politiche migratorie più di un appunto, per usare un eufemismo, può essere mosso. Poco tempo fa si è tacitamente rinnovato l’accordo con la Libia per il controllo dei flussi migratori. Si sta lavorando ad un accordo nuovo ma la sua bozza è stata definita sconcertante dall’Associazione sugli Studi Giuridici sull’Immigrazione: non un buon inizio. In Libia la situazione è fuori ogni tipo di controllo, i centri di detenzione in cui i migranti sono rinchiusi sono qualcosa di molto simile all’inferno: c’è chi ha usato la parola lager. Accettare che siano calpestati i diritti umani per ottenere una riduzione, di qualsiasi entità, degli approdi implica che non si sia credibili quando si parla di disumanità salviniana. A ciò si aggiunga la timidezza e la colpevole ritrosia che il PD ha avuto nel contrastare le idee della destra estrema, prima, all’opposizione, e dopo, al governo. Un voto parlamentare non basta per invertire la tendenza ed anzi potrebbe, se non si sta attenti, peggiorare le cose.

Salvini è stato, per lo scomparire altrui, il personaggio politico più in vista degli ultimo anno. Ha potuto fare quello che voleva senza essere contrastato da nessuno. Col pretesto di tutelare l’interesse nazionale, si è presentato come titolare del potere di decidere, in spregio di ogni norma di diritto internazionale, se e quando una nave potesse approdare in un porto italiano. L’opinione pubblica si è convinta che ciò fosse normale e giusto ed il populismo ha trionfato. Da più parti si crede che la magistratura stia cercando di eliminarlo. Le stesse cose le si diceva con riferimento a Berlusconi. In realtà, i giudici hanno semplicemente riaffermato l’ovvio: un Ministro degli Interni non è legittimato a fare di tutto per il solo fatto di disporre di un ampio consenso. Il re, meglio il senatore, è nudo ma, come nei” vestiti nuovi dell’imperatore”, nessuno lo ha spogliato: semplicemente ci siamo accorti che non si era mai vestito.

Per concludere, in Senato si è formalmente assunta una presa di posizione contro un certo modo di gestire le politiche migratorie. Chi però ha assunto toni da condanna, o ha collaborato a quelle politiche o ha fatto di peggio. Chi, invece, è sotto l’attacco della magistratura rischia di aver fatto jackpot. Buono il risultato ma non parlate di vittoria. Quantomeno, non lo faccia la politica.

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