Il caso Cospito:
a che punto siamo?

Il caso Cospito:
a che punto siamo?

Alfredo Cospito resta al 41 bis
Ecco perché la Cassazione ha respinto il ricorso delll'anarchico

di Lorenzo Peraino
di Redazione The Freak

Il caso Cospito:
a che punto siamo?

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Il caso Cospito:
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di Lorenzo Peraino
di Redazione The Freak
cospito

Il caso Cospito:
a che punto siamo?

Il caso Cospito:
a che punto siamo?

Alfredo Cospito resta al 41 bis
Ecco perché la Cassazione ha respinto il ricorso delll'anarchico

di Redazione The Freak
di Lorenzo Peraino

Ormai sappiamo che Alfredo Cospito rimarrà al 41 bis, ma perché? La I sezione penale della Corte di Cassazione ha infatti rigettato il ricorso della difesa contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma, dopo una camera di consiglio durata otto ore. Gli ermellini non hanno accolto la richiesta della procura generale, che, nella requisitoria scritta, aveva chiesto di annullare con rinvio per un nuovo esame l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma del 1 dicembre 2022, la quale aveva confermato il 41bis per l’anarchico.

Chi è Alfredo Cospito?

Allo stato attuale delle cose non resta che prendere atto della decisione della Cassazione. Ma proviamo a ricostruire la vicenda. Innanzitutto: chi è Alfredo Cospito?

Abruzzese di nascita, ma torinese d’adozione, Cospito è considerato un membro di spicco delle frange insurrezionaliste del mondo anarchico. Si ritiene infatti che lui sia uno dei leader della Fai, la “Federazione anarchica informale”, movimento composto da vari gruppi dediti all’intimidazione armata rivoluzionaria e ritenuto dagli inquirenti una associazione per delinquere con finalità di terrorismo. 

Di che cosa è accusato?

Alfredo Cospito è stato arrestato ormai 10 anni fa, nel 2012, accusato prima e condannato poi, per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. Tale attentato fu rivendicato infatti dal Nucleo Olga della Fai con una lettera al Corriere della sera. Poco tempo dopo Cospito fu arrestato insieme al complice Nicola Gai.

Durante questo periodo di detenzione è stato accusato anche di un altro fatto molto grave, cioè dell’attentato dinamitardo, avvenuto nel 2006, contro la scuola allievi Carabinieri di Fossano. Inizialmente, per quest’altro fatto, fu condannato per strage (art.422 c.p) soltanto a 20 anni di reclusione, poiché da tale attentato, fortunatamente, non vi furono né morti né feriti, successivamente però si è ritenuto che si trattasse di strage contro la sicurezza dello Stato (art. 285 c.p), reato per il quale è previsto l’ergastolo.

Perché è al 41 bis?

La pena a lui comminata è dunque da eseguirsi, a norma degli articoli 4bis e 41bis dell’ordinamento penitenziario, in regime di ergastolo ostativo (4bis) e carcere duro (41bis). Le discussioni in merito a quest’ultimo articolo sono oltremodo attuali, oltreché per la decisione della Cassazione di qualche giorno fa, anche in virtù delle proteste, più o meno violente, messe in atto, in tutta la penisola, dai sostenitori dell’anarchico.

L’articolo 41bis prevede il c.d. carcere duro; la ratio sottesa a tale istituto penitenziario è quella di isolare completamente soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali, mafiose o terroristiche, quando un loro rapporto con i membri dell’organizzazione potrebbe comportare un serio pregiudizio per l’incolumità pubblica.
Questo è un istituto concepito come strumento di natura transitoria, volto, tramite le privazioni, a portare il soggetto a collaborare con la giustizia, rompendo dunque i rapporti con l’organizzazione criminale di appartenenza.

Quello del carcere duro è uno strumento, nell’ottica penitenziaria, da considerarsi quasi “elitario”, infatti, affinché possa funzionare in maniera efficace è probabilmente necessario che non si allarghi troppo la platea dei destinatari, in maniera tale da colpire al cuore le organizzazioni criminali.

Con il recente evolversi degli eventi, soggetti appartenenti alle frange insurezionaliste del mondo anarchico, hanno posto in essere varie argomentazioni a favore di Cospito, minacciando anche l’utilizzo della violenza come rappresaglia nei confronti delle Istituzioni, qualora non si dovesse scendere a compromessi.

Il 41 bis e la Costituzione

La principale argomentazione, infatti, verte sulla denuncia dell’evidente contrasto del carcere duro con l’art 27.3 della Costituzione, che sancisce il sacrosanto e fondamentale principio della rieducazione della pena.

Occorre però fare alcune precisazioni.
È vero che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e che questo sia un diritto fondamentale, ma non sempre può e deve considerarsi attuabile.
Talvolta, in un’ottica general-preventiva della pena, oltre che special-preventiva, questa, quando il condannato non è suscettibile di essere rieducato, deve tendere alla neutralizzazione del potenziale criminale dell’agente.

Oltretutto va considerato che, nonostante l’articolo 27 Cost disciplini un diritto fondamentale, non esistono diritti fondamentali assoluti o tiranni, e questi devono dunque vivere in un processo di continua integrazione e, soprattutto, bilanciamento reciproco, in base a criteri di proporzione e ragionevolezza.

Il principio della rieducazione della pena può dunque essere sacrificato senza che ciò comporti una violazione della Costituzione, quando ciò avviene nell’ottica di tutelare altri diritti fondamentali. D’altronde, così non fosse, strumenti come quelli previsti dagli articoli 4bis e 41bis ord. penitenziario non sarebbero mai potuti esistere nel nostro ordinamento.

In tale turbolento contesto Cospito ha anche deciso di porre in essere uno sciopero della fame per protestare contro, non solo il regime di detenzione a lui comminato, ma contro il 41 bis in generale. 

ll 41 bis e il contrasto alla criminalità organizzata

Senza prendere posizioni di parte, ciò contro cui Cospito ed i suoi sostenitori si stanno impegnando è nient’altro che quello che si è dimostrato il più importante strumento di contrasto alla criminalità organizzata, sia mafiosa che terroristica.

Tutto ciò ha portato i solidali gruppi anarchici a porre in essere forme violente di proteste, minacciando attentati in tutto il paese, chiedendo da un lato una normale detenzione per Cospito, e dell’altro che venga rispettato il suo diritto a ricevere normali cure mediche, dopo l’aggravamento delle sue condizioni di salute per via dello sciopero della fame da lui attuato.

Anche qui, purtroppo, pare opportuno fare ulteriori precisazioni.

Il diritto alle cure mediche

Occorre precisare che il diritto ad accedere alle cure mediche non viene mai negato, nemmeno in regime di 41bis, esistendo ospedali appositi.

Nessuno ha mai impedito a Cospito di accedere alle cure mediche necessarie alla sua condizione, è sempre stato tuttalpiù lui a rifiutarle. Oltretutto pare ancora opportuno citare la legge 219/2017, la quale ha introdotto il consenso informato e le DAT.

Secondo tale legge, proprio come si ha il sacrosanto diritto di accedere alle cure mediche, anche in rigidi regimi penitenziari, si ha anche il diritto di rifiutare le cure mediche, quand’anche indispensabili per la sopravvivenza, ed il medico, attenendosi a tali volontà, non potrà incorrere in nessun tipo di responsabilità, né civile né penale. La ratio alla base di tale legge è che se quello alla vita è un diritto fondamentale, non può essere considerato anche un dovere. Alfredo Cospito ha dunque consapevolmente e volontariamente scelto di mettere a repentaglio la propria salute in nome di una protesta scellerata ed anti sistema.

ll ricorso in Cassazione

Cospito è il primo anarchico a finire al 41-bis, misura disposta lo scorso maggio per quattro anni. Lo scorso dicembre il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo avanzato dai suoi difensori contro il regime di carcere duro. Una decisione contro la quale i legali hanno fatto appello in Cassazione, che inizialmente aveva fissato l’udienza ad aprile, poi anticipata, date le precarie condizioni dell’anarchico.

Il ricorso fatto dai legali di Cospito è stato anche in un certo modo avallato dalla Procura Generale della Cassazione stessa, nella requisitoria è stato infatti scritto dal PG Pietro Gaeta: ”Emerge nella motivazione dell’ordinanza impugnata una carenza di fattualità in ordine ai momenti di collegamento con l’associazione, che lascia sopravvivere la stigmatizzazione difensiva secondo cui la condizione interclusiva speciale fosse giustificata solo dalla necessità di contenimento dell’estremismo ideologico”.

Cospito dunque, per il momento, rimarrà in regime di carcere duro, cosi ha deciso la I Sezione Penale della Cassazione. Nel ribadire la necessità del 41bis per l’anarchico, il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva invece sottolineato il pericolo che Cospito potesse, in regime ordinario, continuare ad esercitare “il suo ruolo apicale” tra gli anarchici anche fuori dal carcere.

La detenzione ordinaria anche “in regime di alta sicurezza, non consentirebbe di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza” affermavano, sostenendo inoltre che sussiste “un concreto pericolo, una qualificata capacità di Cospito di riprendere pienamente i vincoli associativi pur dall’interno del carcere, e di veicolare all’esterno e con autorevolezza disposizioni criminali”. Visti questi presupposti, dunque, la sola alta sicurezza non è stata considerata sufficiente.

Ma non solo. Nell’ordinanza i giudici della Capitale hanno affermato che le comunicazioni di Cospito “con le realtà anarchiche all’esterno del circuito carcerario, appaiono assidue e producono l’effetto di contribuire ad identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni”. Una posizione che, stando al verdetto, è stata fatta propria anche dalla Cassazione.

L’affermazione delle libertà e dei diritti sanciti dalla costituzione passa necessariamente dalla repressione di coloro i quali vorrebbero negare tali diritti, ergendosi al di sopra delle Istituzioni.

Per quanto lo Stato talvolta possa sembrare iniquo ed ingiusto, rimane comunque l’unico baluardo che protegge tutti noi dalla sopraffazione da parte del più forte, concetto forse in grado di risvegliare i più animaleschi appetiti di anarchici, terroristi e mafiosi, ma boccone amaro per chiunque altro abbia a cuore la libertà e la giustizia.

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