“Cara, se avessi i soldi ti porterei ogni giorno al mare”

di Cara Futura Rigby

“Cara, se avessi i soldi ti porterei ogni giorno al mare”

di Cara Futura Rigby

“Cara, se avessi i soldi ti porterei ogni giorno al mare”

di Cara Futura Rigby

Fin da piccola credo di aver avuto quella sensazione pungente e fredda di non poter mai mollare i muscoli, di doverli tenere sempre tesi, di dover sempre rimanere vigile e presente a me stessa, di non poter mai distogliere l’attenzione dagli eventi, pena la perdita del controllo e l’inondazione totale di qualche sentimento o fatto che mi avrebbe colta scema e impreparata.Per questo, ho come costantemente coltivato l’arte insonne di permanere in uno stato costante di allerta e pericolo. Quale ne fosse la causa di questo stato di cose, in questo luogo, al momento, è argomento ingombrante. E forse anche troppo lungo.Sta di fatto che sia in amore, sia per strada, pressochè altrove, è sempre stato lì: quello stato onnipresente di non potersi mai abbandonare, quella sensazione di non potersi mai rilassare e dormire perchè la giugulare sarebbe stata troppo scoperta al fenomeno del caso. Un morso e sarebbe stata recisa, portando via con sè la fine della vita, di una felicità, di un sogno, della bellezza, la fine del cibo, la fine del mondo. E allora valeva la pena pagare il costo di rimanere svegli, in presidio di qualcosa che non si vede e non si tocca, ma che richiede una qualche protezione ingiustificata.Mio cugino ha 15 anni più di me e alla Cresima si impose con la mia famiglia di volermi fare da padrino, scelta che all’epoca mi lasció del tutto interdetta.Mi sarei aspettata che i miei decidessero per me e al mio posto, magari una qualche figura femminile, magari una zia o un’amica di mia madre che assumesse quel ruolo alla Cresima. Non un cugino e per di più “maschio”. Io che sono l’unica “femmina” di tutta la generazione di famiglia: sia da parte di mamma, che da parte di papà, io sono l’unico esemplare di genere femminile. La cosa mi ha fatto spesso sentire isolata e con l’idea che stessi crescendo in una terra di nessuno, in cui se sei femmina sei esclusa, ma se fai il maschiaccio alla fine non sei neppure più tu, sei solo qualcosa di diverso per essere accettato.Ma Lorenzo si impose e volle farmi da padrino.Negli anni a venire, ormai adulta e svestita dalle domande infantili, scoprii che Lorenzo era ateo e che a lui avrei dato molta parte della mia formazione ideologica e della mia formazione come essere umano.Io che mi chiamo Cara e sono la più piccola e femmina della famiglia, a cui non era permesso di essere femmina, a cui non era permesso di essere maschio e non era permesso di essere nemmeno troppo piccola: “Fai la grande”, mi dicevano. Con Lorenzo, peró, potei finalmente sperimentare solo dopo e solo da adulta quella tenera e meravigliosa sensazione di lasciare l’ àncora e addormentarmi, potei sperimentare quell’ impagabile sensazione di porre in vista la giugulare e non sentirmi minacciata. Non potevo mostrarmi così a mio padre, forse perchè di mezzo c’era il desiderio che mi idealizzasse come figlia perfetta. Non potevo farlo con mio fratello, perchè avevo troppo a cuore una furiosa competizione per l’amor materno. E non potevo farlo in amore, perchè il fantasma di essere abbandonata è sempre stato troppo forte.Potevo farlo con Lorenzo, fare l’esperienza che fosse lui a decidere per me qualsiasi cosa c’era da decidere, che mi permettesse di abbandonare il controllo per un secondo o per un’ora e lasciare che fosse lui ad essere l’adulto e io la minore. Ho potuto essere grande e piccola insieme. Con un cugino, chissà, puoi forse permetterti quell’ area intoccabile a cui non puoi accedere con un fratello, con un padre o in amore, quell’area transitoria di esperienza in cui lasci le solite difese per provarne di altre senza rischi reali o supposti.Nei miei giorni di mare ormai lontano, ho potuto ricordare proprio questo. Al mare con Lorenzo, a cui appalto la funzione di decidere per me, lascio che lui mi offra protezione e che io non la senta come minaccia alla libertà. Che non la senta come restrizione, ma che la senta come cura. “Ti passo a prendere e andiamo al mare”. Io dico sì e non mi oppongo.“Ti preparo un panino con il prosciutto”. Io dico si e non mi oppongo.“Vuoi il caffe? Ma attenta che è caldo”. E io dico sempre sì. E abbandono le mie smanie di controllo. E non mi oppongo neppure stavolta.Dico sì, ogni volta, nonostante la tendenza a dire di no, a dire “no, dai non preoccuparti, faccio io”, tipico di noi che invece lo vorremmo tantissimo che qualcuno si accorgesse di noi, tipico di noi che ci sentiamo un nulla e non aspettiamo altro, ma che se ci sentiamo considerati, proviamo subito un senso di soffocante responsabilità, sentiamo sempre l’esigenza di dover fare qualcosa piuttosto che di ricevere qualcosa. Ma io sono niente, ti prego non offrirmi niente. Tipico di noi che gli abbandoni li temiamo come la morte e ci opponiamo con tutte le forze a coloro da cui sentiamo di essere anche solo lontanamente dipendenti.Non mi oppongo, invece, alle parole di Lorenzo, fin da quando sono piccola. Neppure quando mi diceva di ascoltare qualsiasi posizione di pensiero, anche quella più lontana da me. Non mi sono mai opposta a quando mi diceva che alcune persone non condividono  le proprie idee per timore che gli vengano derubate o che vengano stropicciate. Dice che se i pensieri non li condividi, sei tu stesso che te ne privi, sei tu stesso che li derubi a te. E così ti impoverisci.Non mi oppongo e mi abbandono, lascio che qualcuno assolva alla mia vita per mio nome e per mio conto. E questo scopriró essere una delle cose più belle del mondo.Fare l’esperienza di accudimento con qualcuno che non senti a rischio di perdita, con cui non devi assolvere a nessun ruolo predefinito e con cui non devi competere. L’esperienza di tornare indietro nel tempo a quando puoi addormentarti, con il collo in vista e senza difese.E a Lorenzo devo molto, devo questo. Devo la possibilità di sperimentare di essere io e “non-io”, la possibilità di essere sia adulta che piccola.A ripensare a quei giorni di mare, a quei sì difficili ma profondamente desiderati, io credo che ai Lorenzi della nostra vita dovremmo molto, molto più di quel che pensiamo. Che ci permettono di essere noi, avanti e indietro nel tempo, che ci fanno addormentare piccoli e ci risvegliano piano e senza traumi in quella che ci dicono essere la nostra età adulta.Che possa io essere la Lorenza di qualcuno, che possano sia le donne che gli uomini avere il loro diritto ad un Lorenzo nel mondo.Che dopo un bagno al mare ti dice “Mangiamo una pizzetta rossa”. E la ungiamo dei nostri pensieri, delle canzoni di David Bowie e dei video di Richard Benson.

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