Back to the Music: Tears for fears – The seeds of love (1989)

di Redazione The Freak

Back to the Music: Tears for fears – The seeds of love (1989)

di Redazione The Freak

Back to the Music: Tears for fears – The seeds of love (1989)

di Redazione The Freak

Se amate i dischi e le atmosfere dei Beatles, provate a fare un salto in avanti di venti anni (circa) rispetto alla band di Lennon e Mc Cartney. Nella vostra discografia personale non potrà certamente mancare questo gruppo, diventato famoso nel pieno splendore musicale degli anni Ottanta.

Se apprezzate il genere di musica che i critici amano definire ‘pop’ o popular con piglio squisitamente melodico (e qualche influenza di tipo elettronico) pochi gruppi – a parere del sottoscritto – possono dire la loro come il duo formato da Roland Orzabal e Curt Smith.

Dopo un disco d’ esordio, interessante come ‘The hurting’ ed il pluridecorato ‘Songs for the big chair’ del 1984, arriva -a parere di chi scrive- il massimo risultato raggiunto dai TFF… nonchè il completamento ideale di tale terzetto, capace di unire come mai era riuscito al duo inglese qualità delle canzoni e ricerca nelle atmosfere e negli arrangiamenti.

Quel che viene fuori in questo terzo disco e’ una forma di pop-soul leggero e levigato, dolce e suadente, rifinito (ma non appesantito) da strumenti a fiato, basso e batteria in sottofondo e tappeti di synth e di chitarre, soprattutto elettriche, con riverberi Jazzistici degni della migliore tradizione americana. 

Il risultato sono canzoni semplici e orecchiabili, al tempo stesso complesse nella loro struttura, che quasi sempre supera i tre minuti, con melodie armoniose che si dipanano attraverso l’ accompagnamento strumentale, capace di esaltare e – al tempo stesso – dilatare, espandere al meglio i tempi delle armonie; come mai era accaduto prima.

Se ascoltate attentamente tutte le parti strumentali e  avete un orecchio attento, ci sarebbe da leccarsi i baffi solo per quelle.

Semplice e complesso possono andare d’ accordo, dunque!! anche nel genere ‘Musica’. 

Delle otto canzoni, come non citare l’ opening “Woman in chains”.. capace di unire in duetto l’ aspra voce di Orzabal e la voce nera di Oleta Adams, perla scoperta dal gruppo in un piano-bar e lanciata nell’ occasione, dopo l’ apertura affidata alla batteria sincopata e a un fiorire di violini.

“The badman’ s song” è un pezzo più ritmato, la batteria entra con potenza e iniziano a sentirsi riverberi jazzistici fatti di fiati e trombe. Anche qui la voce di Oleta Adams impreziosisce il tutto.

“Sowing the seeds of love” singolo di lancio dell’ album, è un omaggio ai migliori Beatles e stupisce per potenza melodica e accompagnamento ritmico, tipici del ‘marchio’ TFF.. che si stampa in testa fin dai primi ascolti.  

“Advice for the young at heart” è – semplicemente – un saggio di perfezione pop, con la sua ammaliante semplicità e con la leggerezza delle grandi canzoni che arriva dritto al cuore, emoziona e stordisce l’ ascoltatore.    

“Standing on the corner of the third world” rappresenta invece un esempio di grande atmosfera, quasi ‘fusion’, la voce di Orzabal è sottile e si percepisce appena,  un lieve accompagnamento del piano aggiunge un pizzico di malinconia e un basso pulsante fa da sottofondo al tutto.

Si va a “Swords and knives” capace di unire un’ altra dolce e lirica melodia a un testo violento e di grande impatto, quasi inaspettato.

Quasi senza soluzione di continuità (come ad unire il tutto.. in un unico lungo brano, un’ unica suite, come accade anche nella prima parte del disco) arriva “The year of the knife” che unisce un impatto di stampo maggiormente rock, essendo registrata quasi ‘live’, alla migliore tradizione blues con improvvisazioni e cambi di ritmo repentini, lo splendido assolo chitarristico e piccoli inserti di genere trip-hop.

“Famous last words” è una ninna-nanna dal sapore malinconico, ultimo dei quattro singoli estratti dall’ album, che riesce ad emozionare ancora per il cambio di ritmo e il dinamismo del suo finale.

Arrivando alla fine, se non re-inserendo il tasto ‘play’… non si può non rimanere stupiti dalla enorme compiutezza e dalla maturità di questo grande lavoro.

di Piero Corigliano

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati