AZZURRA MI VUOLE BENE. ANCORA

di Cara Futura Rigby

AZZURRA MI VUOLE BENE. ANCORA

di Cara Futura Rigby

AZZURRA MI VUOLE BENE. ANCORA

di Cara Futura Rigby

Azzurra mi vuole bene. Ancora.

Nel palazzo della mia analista, risiede l’agenzia di casting di un’amica di infanzia, del padre, in particolare, regista del panorama italiano.
In questi anni di analisi, complice il mio frequente stato approssimativo di fretta atavica, vestiario sempre dubbio e parvenza nevrotica, ho spesso rifuggito la possibilità di un incontro, mimando nascondigli ninja dietro le fratte e utilizzando mere strategie, tipo che lei passa e io cerco le cose in borsa (pragmatica dell’esperienza umana: se piombare la testa nell’invicta verde ti rendeva invisibile e immune alla Prof di italiano, evitandoti le interrogazioni, perchè non dovrebbe valere anche nella vita in generale?)
Tra i 12 e i 16 anni frequentammo lo stesso corso di nuoto, ambienti di vita comune, feste di memoria felice e prime vicende di vitalità adolescenziale.
Mi sono spesso promessa di manifestarle chi fossi io, a fronte di un vecchio piacere di incontro e perchè ho il ricordo di lei come di una persona gradevole.
Fallaci metodologie hanno voluto che un anno fa presi l’ascensore proprio con il padre, ma complice la mia scarsa somiglianza col passato e il suo probabile rincoglionimento, non mi riconobbe. E votai la fortuna a Santa Anna Tatangelo, protettrice delle donne in ascensore.
Oggi pomeriggio Azzurra (nome grazioso, che ho sempre trovato le stesse bene) è bellissima: incinta, con il volto solare come solo certi periodi ti sanno conferire, camicia bianca distesa e candida dentro a pantaloni a palazzo neri, eleganza puntuale. Falcata su tacco, borsa meravigliosa di qualcuno bravo, sorriso sul mondo di chi ha sospiri morbidi davanti a sè.
Azzurra è colta da un singulto: “Hey, ma sei tu?”
Ecco “ma sei tu?”, preannuncia il quadro sostanziale davanti a lei e in debito verso me stessa. Eppure avevo cercato di rimanere immobile (pragmatica dell’esperienza umana, parte 2: se funzionava col T-Rex in Jurrasic Park la strategia di rimanere immobili e non rendersi visibili, perchè non dovrebbe valere anche per la vita in generale?)
Mestizia in volto, occhiaie di una notte corta e con un sogno che lasciamostalamorte, vestiario creativo collocato a metà tra “Non è Halloween” e “La decadenza di Marina Ripa di Meana”, piccolo piantarello a pranzo su nostalgia dei tempi, quattro imprecazioni gioviali a colazione per un errore di lavoro, mangio un arancia come se fosse l’ultimo pasto prima del miglio verde su motorino bicolore causa incidente a settembre.
La saluto sputacchiando semini e costretta a narrarle perchè fossi li.
Vivo la vita, mi assumo la responsabilità consapevole di questo incontro e le auspico un caffè quanto prima. Scambio di numeri reciproco perché l’ultima volta che ci siamo salutate io avevo l’Ericsson blu e lei il Nokia 3310.
Affettuoso saluto.
Salgo in analisi e la seduta finisce.
La mia analista si premura di riconsegnarmi al mondo: “Volevo avvertila che ha la maglietta al contrario. Ma è voluto e intenzionale o si è sbagliata?”

Sempre alla grandissima, pure la maglietta al contrario.
Ecco, sì, se Azzurra mi ricontatta o è per pena o per grande nostalgia.
Famo la seconda e famo che da sempre punto infatti sulla simpatia.
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