ATTENZIONE: è un CODICE ROSSO!

di Redazione The Freak

ATTENZIONE: è un CODICE ROSSO!

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ATTENZIONE: è un CODICE ROSSO!

di Redazione The Freak

Lo scorso 9 agosto è entrata in vigore la legge n. 69 del 19 luglio 2019, meglio conosciuta con il nome di “Codice Rosso”, con il dichiarato intento di introdurre misure di tutela rafforzata per le vittime di violenza domestica e di genere.          Indubbiamente un importante traguardo nel lungo e tortuoso percorso verso il contrasto di un fenomeno che, soprattutto negli ultimi anni, sta manifestando forme “barbariche” e che vede sempre più donne e bambini vittime di minacce, soprusi e maltrattamenti, anche all’interno delle mura domestiche, con conseguenti maggiori difficoltà a raccontare e denunciare. È evidente come quello della violenza sulle donne, e più in generale della violenza domestica, sia un problema che deve essere combattuto prima di tutto sul fronte culturale.                                

Venendo al testo di legge, oltre ad un significativo inasprimento delle pene previste per chi commette i reati di atti persecutori, di violenza sessuale e di maltrattamenti a carico di familiari e conviventi, il codice prevede dettagliate prescrizioni di tipo procedurale che incidono in primis sul fattore tempo. Si pone, invero, a carico della Polizia Giudiziaria, una volta raggiunta da una notizia di reato che riguardi i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, stalking, violenza sessuale (indicati nel nuovo testo dell’art. 347 comma 3 c.p.), l’obbligo di darne tempestiva comunicazione al Pubblico Ministero di turno il quale, entro tre giorni dall’iscrizione della notitia criminis nell’apposito registro, dovrà procedere all’audizione della persona offesa. Si introduce così una presunzione legale di urgenza che impone degli interventi repentini a prescindere da ogni valutazione di merito.

L’obiettivo perseguito è stato quello di disporre, in tal modo, una “corsia preferenziale” che consente di canalizzare le risorse al fine di compiere più rapidamente indagini ed indurre le vittime di violenza ad affidarsi alla giustizia, avendo la certezza che saranno ascoltate.

Considerato inoltre il peso che, nella maggioranza dei casi, il contributo dichiarativo del soggetto leso assume nell’accertamento dei fatti, è indubbio che acquisire tale sapere agli esordi del procedimento penale possa risultare determinante per un corretto e celere svolgimento delle indagini e, conseguentemente, per una maggiore tutela di soggetti che, sebbene non nascano vulnerabili, lo diventano a seguito di maltrattamenti e violenze.                                                                                                                  

Chiarito, pertanto, come lo scopo del Codice, certamente importante nella sostanza, sia quello di valorizzare la posizione della persona offesa nel procedimento penale garantendole maggiori tutele, a questo punto risulta spontaneo chiedersi quali siano i risvolti pratici delle nuove prescrizioni procedurali e, soprattutto, se le stesse risultino facilmente attuabili in sede investigativa.

Sebbene l’attuazione della normativa in questione sia ancora in una fase embrionale, perplessità sulla gestione pratica sorgono già solo se si considera che all’interno degli Uffici giudiziari, l’organico e le risorse a disposizione sono sempre le stesse.                                                                                

Aumento esponenziale delle notizie di reato, tempi notevolmente ristretti, risorse investigative invariate: è con tale situazione che le Procure italiane hanno iniziato a confrontarsi dal mese di agosto. Nella Procura di Roma, ad esempio, ove i Magistrati appartenenti al pool “Fasce deboli” sono chiamati a svolgere turni ad hoc della durata di tre giorni, l’entrata in vigore del codice ha portato i magistrati di turno, già nell’ultimo mese estivo, ad effettuare una corsa contro il tempo per rispettare i tempi stringenti imposti dalla nuova procedura, aggravando e rendendo notevolmente più onerosa la fase investigativa.

La nuova norma prosegue prevedendo che il termine di tre giorni possa essere derogato solo allorquando vi siano imprescindibili esigenze di tutela della segretezza delle indagini, soprattutto nell’interesse della persona offesa. Si tratta, tuttavia, di una formulazione dall’indubbia portata generica che rende difficilmente attuabile la proroga prevista.                                                                                              

Se il “Codice Rosso” non consente sicuramente un rapido smaltimento dei fascicoli, non si può comunque escludere che in talune circostanze la immediata audizione della persona offesa possa portare ad una più rapida definizione del procedimento. Ciò può succedere, come infatti è accaduto, nel caso in cui la presunta vittima abbia, nel presentare denuncia, ad esempio agito di impulso in preda ad un momento di rabbia tale da renderla nient’affatto lucida. Sentirla entro tre giorni, consente di avere chiarimenti celeri ed avanzare immediata richiesta di archiviazione qualora si ritenga effettivamente che la denuncia non abbia altro fondamento se non lo stato d’ira dalla persona offesa.

Ad ogni modo, per una piena efficacia della nuova legge sul piano operativo, si auspica un’interpretazione della stessa che da un lato sia rispettosa del dato letterale, per non vanificare lo scopo che ne è alla base, ma che dall’altro tenga conto delle implicazioni pratiche (non di poco conto) che questa comporta.

In attesa di interventi interpretativi, preme a questo punto concludere con una riflessione su come siano bastati pochi mesi di tirocinio all’interno di un ufficio di Procura impegnato in questa materia per capire quale sia l’effettiva dimensione che il fenomeno della violenza domestica e di genere sta assumendo nel corso degli anni; è evidente come il problema sia prima di tutto culturale, come pochi anni non siano bastati per cancellare secoli di discriminazioni, pregiudizi e soprusi. Ed è evidente l’importanza che in questo contesto viene ad assumere una normativa che cerca di porre ulteriori argini ad una vera e propria situazione di emergenza.

Del resto, quando in pronto soccorso giunge un Codice Rosso, un intervento tempestivo può salvare la vita del paziente; dovrebbe diventare naturale pensare al Magistrato proprio come ad un medico di pronto soccorso.

Di Erika Raffio, all rights riserved

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