Aspettando Godot? No, aspettando il diretto sequel di Halloween – La notte delle streghe

di Gianluca D’Alessandro

Aspettando Godot? No, aspettando il diretto sequel di Halloween – La notte delle streghe

di Gianluca D’Alessandro

Aspettando Godot? No, aspettando il diretto sequel di Halloween – La notte delle streghe

di Gianluca D’Alessandro

Spoiler: Nell’opera di Beckett Godot non arriverà mai. Facciamocene tutti una ragione. Arriverà, invece, l’ennesimo sequel di un capolavoro della storia cinematografica e, forse, in quest’occasione non saremo delusi. Riprendere i prodotti del passato per realizzare un nuovo progetto editoriale non è di per sé un’idea pessima ma può diventare fallimentare quando non ci sono le giuste condizioni, gli elementi necessari per non trovarsi a rimpiangere il passato. Le aspettative sul sequel diretto di Halloween – La notte delle streghe (John Carpenter, 1978) sono ovviamente altissime; inoltre lo slasher diventato cult, sembra non aver perso un minimo di fascino, per via (in special modo) della malvagità pura denominata: Michael Myers. Sono passati quarant’anni dall’uscita e non c’è occasione migliore, per scoprire o riscoprire uno dei prodotti horror più amati, in vista del ritorno sugli schermi della creatura.

Ricordando Halloween – La notte delle streghe

1963, in casa Myers il male puro compie la sua prima vittima. È solo un ragazzino ma il terribile atto lo porta a essere rinchiuso in un manicomio per quindici anni, fino al giorno della sua fuga. Haddonfield sarà il luogo del massacro, la sua città natale in cui il suo respiro porterà i cittadini, tra cui tre baby sitter, a essere in pericolo.

Certo non si può dire di ogni capolavoro della storia del cinema, tuttavia il film era ed è un pop – corn movie; la sua apparente semplicità coinvolge davvero tutti e l’incasso oltre ogni aspettativa fu una dimostrazione chiara dell’ottimo risultato. Il budget risicato e il guadagno notevole, diedero inizio a una saga che consumò tutto il fascino del primo capitolo, il quale conserva quel terrore universale che non tutti i film horror possiedono, pur ovviamente cercando di far leva sulle nostre paure. Sarà forse la maschera sinistra e priva di qualsiasi emozione? William Shatner forse non è proprio divertito da questo. Nella scelta del costume indossato da Michael, il volto era fondamentale ma trovare qualcosa di originale era davvero difficile, tuttavia grazie a un colpo di genio si optò per un volto che ricalcasse il viso di William Shatner in Star Trek (chissà le risate sul set).

In origine La notte delle Babysitter, l’opera attinse molto da un film certamente meno famoso di Halloween ma di rilevo nella storia dell’horror: Black Christmas. Carpenter, colpito dal lungometraggio diretto da Bob Clark, capì benissimo il potenziale dello slasher e con il suo Halloween posò una pietra miliare che ancora oggi ispira moltissimi altri film. Come spesso accade però, nessuno della troupe si aspettava un successo del genere, né tantomeno che Michael Myers sarebbe diventato un’icona. Un personaggio ambiguo, scalfito dagli oggetti terreni ma indistruttibile, per il semplice motivo di essere il male puro, perciò immune (forse) dalla morte e dalla totale redenzione. L’interpretazione di Nick Castle fu preziosissima per la riuscita della figura mascherata, difatti la sua camminata e le sue movenze erano dotate di una grazia che non ci saremmo aspettati. Muovendosi lentamente, produce nello spettatore la sicurezza dell’atto terribile che Michael dovrà compiere. Nessuna parola ma solo un respiro costante che puoi sentire quando lui è nei paraggi.

Accanto a un essere così formidabile, le vittime non hanno molte speranze ma lei sembra resistergli, quell’attrice nel suo esordio cinematografico che conosce l’essenza delle scream queen e no, non mi riferisco alla serie televisiva. Jamie Lee Curtis aveva già conosciuto una scream queen: sua madre in Psycho, sembra una strana coincidenza ma è così. Janet Leigh, l’immortale donna nel capolavoro di Hitchcock, è la madre della Curtis, (forse è di famiglia), difatti entrambe sono state memorabili in quei ruoli. In sottofondo agli eventi nel film, il respiro della creatura non è il solo elemento che crea quel mood coinvolgente oltre alla messa in scena; le musiche scritte dallo stesso Carpenter enfatizzano il male onnipresente nel cortile, nelle case e dovunque sembra essere passato Michael. Per questo potremmo definire quel pericolo, come un’impronta che lascia un segno indelebile su qualsiasi elemento catturi il suo sguardo. 20 giorni di riprese e 300.000 dollari di budget ricordano quanto l’idea sia estranea dal denaro, quanto due persone creative come John Carpenter e Debra Hill possano realizzare un film geniale che trascende la semplicità per diventare qualcosa di più: il giusto compromesso tra sofisticatezza e modestia.

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