Anestesia totale, la distopia secondo Marco Travaglio

di Lilith

Anestesia totale, la distopia secondo Marco Travaglio

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Anestesia totale, la distopia secondo Marco Travaglio

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In questi giorni al Teatro Olimpico di Roma, il  giornalista e vicedirettore de “Il Fatto Quotidiano”, accompagnato da Isabella Ferrari, torna a prendersi la scena con un nuovo spettacolo che prefigura lo scenario dell’Italia post-Berlusconi. Appena calano le luci si è come in dormi veglia: sonno o realtà ? L’atmosfera è quella smarrita ed inquietante di opere come1984″ di Orwell, “Farenheit 451” di Bradbury o “Il mondo nuovo” di Huxley. Solo che qui il colpo di stato di cui restano le macerie avviene a rallentatore. Un’edicola al centro di un ambiente spoglio, spigoloso con una  luce altrettanto scarna e a tratti acida. Travaglio inizia la sua analisi impietosa, domanda e incalza alla ricerca dell’infezione e dei suoi sintomi. Dove eravamo noi? Cerca l’ntidoto nella lezione senza tempo di Indro Montanelli, interpretato dalla Ferrari che legge energica e amara. Cinque passaggi, lezioni appunto, per scuotere dal torpore lo spettatore compiacente, cloroformizzato e ormai lobotomizzato di un Paese ridotto all’anestesia totale. Si parte da “La scomparsa dei fatti” che illustra come parlar d’altro sia un’arte quando le cose si fanno gravi. Ed ecco le “armi di distrazione di massa”, gli utili diversivi per chiudere gli occhi sulle urgenze più scomode. I titoli del Tg1 rimbalzano in una giostra di argomenti ridicoli: cibo, ricette, diete, obesità , moda ed ancora corsi di camminata con tacco 15. I ruoli si scambiano, mentre uno documenta, l’altra recita: “La scomparsa del metro”. Ci hanno ridotto come I pesci rossi, tutto è diventato relativo e opinabile, in una sorta di Truman show nel quale diventa difficile distinguere problemi veri da problemi falsi. E infatti segue “La scomparsa della verità”, con la sinistra citazione di Joseph Goebbels: Ripeti dieci volte una bugia e diventerà la verità. Quasi conseguentemente assistiamo a “La scomparsa delle parole”, cioè quella riferita alla pratica di mettere in atto una sorta di riforma linguistica drammaticamente simile alla neolingua orwelliana: Craxi che, da latitante, diventa esule, la corruzione legittimo emolumento, le morti sul lavoro bianche o l’inceneritore di rifiuti che, con il nuovo nome di etermovalorizzatore, non evoca più il pericolo dell’esposizione a un’atmosfera malsana, ma un concetto più vago e rassicurante. E infine “La scomparsa della logica”: la pratica diffusa fra i politici di non prendersi neppure più la briga di smentire le accuse, ma di limitarsi a contro-accusare, attribuendo anche ad altri le proprio colpe, come se ciò le mondasse, secondo il principio del così fan tutti. Si ride per non piangere, ma si ride anche di gusto, mentre la stessa Ferrari fatica a trattenersi leggendo I versi di Bondi dedicati a Cicchitto, a Ferrara, a Silvio. Tre ore piene, di contenuto, ma scorrevoli, forti, brillanti. Un’occasione da non perdere in un momento in cui, inutile negarlo, ci siamo talmente abituati allo scempio, da non vederlo neanché più.

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