Amsterdam in 9 sguardi

di Chiara Siciliani

Amsterdam in 9 sguardi

di Chiara Siciliani

Amsterdam in 9 sguardi

di Chiara Siciliani

Cinque giorni ad Amsterdam, sei amici e un piccolo anticipo sul freddo invernale.

Niente telecronaca; solo gli occhi che si poggiano su una città bella e dal sapore controverso. Un occhio si posa leggero su tutto e non ha altra pretesa se non quella di “guardare”, l′altro cerca di scavare più a fondo e “vedere” quello che rischia sempre di sfuggire.

Primo sguardo:

Salta immediatamente all′occhio la giungla di biciclette che infesta ogni parte della città. Semplici, accessoriate, senza pretese o davvero eccentriche non importa, perché quello che conta è averne una sempre a disposizione. “Guardarle” è stata probabilmente la cosa più rilassante del viaggio. “Vedere” di non essere presa in pieno dai ciclisti che le cavalcano, di certo un po′ meno. Là i veri padroni della strada sono loro: i pedalatori. Non si fermano, non rispettano nemmeno i sensi unici e vanno con un′aria di superiorità  paragonabile soltanto a quella del tipo che, qui in Italia, schiaccia a vuoto l’acceleratore del Ferrari mentre aspetta il verde del semaforo.

Secondo sguardo:

“Guardare” quello che la maggior parte della gente che viene ad Amsterdam dice di aver visto: la freneticità delle persone, una buona dose di disordine, la velocità, il ritmo svelto della vita nella strade. “Vedere” invece l’ordine estremo della vita privata degli olandesi, il non lasciare nulla al caso, il focalizzarsi su quello che è veramente essenziale.

(foto del cortile interno)

Terzo sguardo:

“Guardare” il museo della Heineken per passare una mezz’oretta senza pensieri e uscire anche un po′ brilli dopo i settantasette assaggi dei vari stadi di lavorazione di questa meravigliosa bevanda chiamata birra.

“Vedere” la casa/museo in memoria di Anna Frank, la ragazzina ebrea deportata a Bergen Belsen durante il II conflitto mondiale e diventata famosa in tutto il mondo per aver raccontato, come solo una tredicenne avrebbe potuto fare, gli anni di reclusione in quelle poche e anguste stanze. Per volontà del padre, dopo la sua morte, non fu mai ricreato l′ambiente originale che aveva ospitato la clandestinità dell′intera famiglia. La scelta è stata quella di lasciar “vedere” le camere vuote e spoglie, rappresentazione ideale del più grande vuoto e senso di aridità lasciati, in quegli anni, dalla morte di milioni di vittime innocenti.

Quarto sguardo:

“Guardare” le insegne luminose che si affacciano sui marciapiedi di tutte le strade: McDonald′s, Burgher King, Kfc, Quick, Subway, Chipsy king, un′infinità di pub e american bar, cercando allo stesso tempo di sopravvivere all′insostenibile pesantezza del cibo; impresa davvero non facile.

“Vedere” in mezzo a tutto il resto, quei pochi sprazzi di italianità, che certo la cucina olandese non regala: qualche rarissimo lucchetto alla Federico Moccia lasciato sulla balaustra dei ponti, il “nasone” di Amsterdam, l′enorme struttura di Nemo, progettata da Renzo Piano e adibita oggi a Centro Scientifico, il meraviglioso Bar Sport che trasmetteva in diretta anche il campionato italiano e che mi ha regalato la gioia del primo pareggio stagionale della A.S. “Riomma”, e infine l′esilarante conoscenza di Diego, cuoco italiano che con questa semplice frase “Spostarmi qui è stata proprio ’na grossa fregatura, regazzì” ci spiega con la massima naturalezza che nonostante l′ottimo lavoro trovato in città e la qualità della vita, i piaceri regalati da un posto così gli rendono difficile il traguardo della spesa a fine mese.

Quinto sguardo:

“Guardare” i canali sui quali la città sorge e che le hanno fatto guadagnare l’appellativo di “Venezia del Nord”.

“Vedere” all′ora del tramonto il cielo che si specchia nel fiume Amstel, almeno una volta.

Sesto sguardo:

“Guardare” quello che ha portato questa città al centro di mille discussioni e che fa parlare dell’Olanda come di un paese trasgressivo, libero e avanguardista. Tre quartieri rossi: locali di spogliarello e lap-dance, gay bar e cinema, negozietti di video hardcore, sexy-shop e case di appuntamenti. Dal 1815 sono passati quasi duecento anni e la prostituzione è ancora legale. Stesso discorso per quantitativi modesti di tutti i derivati della Canapa (marijuana e hashish), che si possono acquistare in tutti i coffee shop della città.

“Vedere” l′atteggiamento goliardico dei tanti uomini a passeggio per quelle strade, e sui loro volti il pensiero di essere finiti in una sorta di Disneyland del sesso.

Il tutto accentuato dal messaggio che la meticolosa divisione in settori (milf, gilf, giovanissime, grasse, magre, formose, scheletriche, bianche, di colore ecc.) lancia: “Ce n’è per tutti i gusti!”.

Niente di più lontano dalla mentalità aperta degli abitanti di Amsterdam, abituati a considerare le prostitute in vetrina come delle normalissime lavoratrici.

Ammetto, in tutta sincerità, di essere stata messa a dura prova da questo carnevale di donne, pronte ad accogliere nel loro cubicolo il primo passante interessato.

Settimo sguardo:

“Guardare” la bellezza dell′architettura cittadina, data principalmente dall′ordine e dal rigore del piano regolatore, dalla continuità e dalle forme tutte “a misura d’uomo”.

“Vedere” con quanta cura e attenzione sono mantenuti gli spazi pubblici e soprattutto le aree verdi.

Ottavo sguardo:

“Ma perché queste case sono tutte storte?” Questa la prima domanda che ci siamo posti tutti, “guardando” i palazzi della capitale olandese. Dopo una breve ricerca scopriamo che il motivo è legato ad una antica legge che tassava i costruttori in base all′estensione della facciata. Risultato? Edifici stretti e inclinati in avanti, per guadagnare qualcosa sui metri abitabili all′interno e per rendere più semplici i traslochi.

“Vedere” di non ruzzolare dalle scale strette e ripide di cui ogni edificio è dotato.

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Nono sguardo:

“Guardare” tutto quello che è arte di strada.

“Vedere” l′importante patrimonio artistico, dedicando svariate ore ai musei della città. E questa volta ce n′è davvero per tutti i gusti: cinema, teatro, fotografia, storia, arte contemporanea e moderna, oltre ad alcuni musei tipicamente olandesi come lo Scheepvart Museum ( con una replica di un veliero settecentesco ancorato all′esterno e ancora visibile).

Di Chiara Siciliani.

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