Alla fine c’è un conto per tutti. Io che amo solo te

di Ilaria Pocaforza

Alla fine c’è un conto per tutti. Io che amo solo te

di Ilaria Pocaforza

Alla fine c’è un conto per tutti. Io che amo solo te

di Ilaria Pocaforza

“Ricordati che alla fine c’è un conto per tutti. E più amore dai, meno dovrai pagare alla fine”.
Quando Luigi Tenco portò al successo una delle canzoni più belle dell’intera discografia italiana, Io che amo solo te, mai avrebbe potuto immaginare che il titolo della sua opera sarebbe stato utilizzato per narrare l’ultima, deliziosa commedia di Marco Ponti (già regista di Passione sinistra e Santa Maradona), tratta dal bel libro di Luca Bianchini, sceneggiatore anche della pellicola.

Io che amo solo te
Io che amo solo te

La storia narra le 24 ore che precedono il matrimonio tra Chiara (Laura Chiatti) e Damiano (Riccardo Scamarcio), giovani figli della bella Ninella (Maria Pia Calzone, vista nella serie televisiva Gomorra) e di Don Mimì (uno strepitoso Michele Placido), che un tempo si sono amati moltissimo, ma che non hanno potuto coronare il loro sogno d’amore.
Tra gli splendidi scorci di Polignano a Mare la vicenda si snoda veloce, mentre sullo schermo scorre un universo ricco di personaggi mai banali: da Orlando (Eugenio Franceschini), il fratello di Damiano, stretto tra la sua famiglia perfetta ed il suo cuore, a Matilde (Antonella Attili), la moglie di don Mimì, devota e austera matriarca; dallo zio Franco (Antonio Gerardi), reo di una colpa ancora da espiare per la gente del paese, a Pascal, divertentissimo truccatore della sposa.

Io che amo solo te
Così, mentre il maestrale scombussola i piani degli sposi e delle loro famiglie, sotto gli occhi dello spettatore rivivono due amori: quello mai sopito tra Don Mimì e Ninella, e quello tra i loro due giovani figli, nato, quasi perduto e poi riscoperto.

Io che amo solo te
Chi ha amato il romanzo di Luca Bianchini non può fare a meno di innamorarsi anche del film che ne è stato tratto: le belle inquadrature di Roberto Forza ci trasportano nel lucente paesaggio pugliese, mentre sullo schermo brillano anche molte delle interpretazioni dei protagonisti, primi tra tutti quelle di Maria Pia Calzone e di Michele Placido.
La sequenza più coinvolgente dell’intera pellicola resta, però, quella in cui Don Mimì e Ninella, divisi per sempre dall’illustre famiglia di lui poco prima delle nozze, si ritrovano sulla pista del ballo a danzare sulle note della canzone che dà il titolo al film. In quell’attimo è come se il tempo non fosse mai passato, come se l’amore che da sempre univa questi due splendidi personaggi fosse proprio lì, in mezzo a loro, troppo grande e potente per poter solo pensare di essere messo in un angolo buio dei loro cuori.
Attraverso la vista dei loro genitori così tanto emozionati, anche Chiara e Damiano capiscono di non poter fare a meno l’una dell’altro, e ci costringono a domandarci se davvero le convenzioni sociali, le tradizioni e le imposizioni possano dettare le leggi degli uomini, se è vero che esiste qualcosa di giusto e sbagliato quando parliamo di sentimenti, o se forse l’amore, quello vero, non è mai imperfetto e, parafrasando le parole di Sergio Endrigo, piuttosto che andare sempre alla ricerca di cose ed illusioni, dovremmo trovare il coraggio di fermarci e riconoscerlo.

A cura di Ilaria Pocaforza.

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