Alex e il mare

di Giulio M. Giglio

Alex e il mare

di Giulio M. Giglio

Alex e il mare

di Giulio M. Giglio

Alex e il mare

La città è già sveglia da un bel po’… il traffico si fa sentire… il sole invade il salone…

Alex pensa che deve essere tardi, forse mezzogiorno: non porta l’orologio da quando aveva diciotto anni.

Nicole è in cucina. L’odore di caffè e tabacco saluta Alex,  poi è il turno della sorella. «Buongiorno. Dove sei stato ieri?»

«In giro… Tu?»

«In giro… con Paul. C’è una tazza di caffè per te.»

Nicole gli passò il caffè, Alex lo bevve tutto in un sorso e posò la tazzina sul tavolo. Nicole gli passò una sigaretta, Alex la divise in due e si fumò la metà col filtro, mentre mescolava erba e tabacco. Poi si accese la canna e, dopo aver fatto qualche tiro, la porse alla sorella dicendo:

«Io vado da Sara. Dillo alla mamma se chiama» e le voltò le spalle.

Lei non disse nulla. Lui uscì di fretta dopo essere passato dalla sua cameretta. Si diresse rapidamente da Sara. Lei lo accolse all’entrata con un dolce bacio. Alex la guardò negli occhi e le disse:

«Dov’è tuo fratello?».

Lei lo guardò preoccupata dal suo tono. Tentò di stamparsi sul viso un sorriso, poi gli prese la mano e disse:

«Dai, andiamo in spiaggia… Voglio fare l’amore…».

Lui la allontanò con violenza ed entrò in casa. Regnava il silenzio, ma c’era molta confusione in giro: varie bottiglie sparse nel soggiorno, un cumulo di piatti in cucina, mozziconi di sigarette ovunque. I genitori di Sara e Paul erano fuori per il week-end.

Si diresse verso la camera di Paul e lo trovò ancora a dormire. Il ragazzo fu svegliato da un pugno, che gli spaccò il labbro inferiore, e dalle parole di Alex:

«Che cazzo hai fatto a Nicole?».

Paul, ancora stordito, non ebbe neanche il tempo di rispondere. Questa volta Alex usò il destro. Ora era il naso a perdere sangue.

Sara rimase immobile quando, accorsa nella stanza del fratello, lo vide con la faccia tumefatta, appoggiato al cuscino sporco di sangue. Alex evitò i suoi occhi e guardando Paul gli disse:

«Non toccare più mia sorella».

Paul non riusciva a reagire. Sentiva il sangue scorrere giù per il viso, si sentiva debole, forse anche per la sbronza della notte prima, presa dopo aver litigato con Nicole e averla picchiata.

«Figlio di puttana!»  fu l’unica cosa che disse dopo aver spuntato saliva e sangue «Quella puttana di tua sorella mi ha tradito con un negro di merda!»

Alex era già sulle scale e non sentì o fece finta di non sentire.

Scendendo le scale fissava i gradini grigi e pensava a Sara, ai suoi occhi gonfi di lacrime, al suo sguardo che lo aveva seguito mentre usciva della camera del fratello e attraversava il salone per poi andare via sbattendo la porta.

Si fermò e stava quasi per tornare su da lei, asciugarle le lacrime e baciarla, per poi scendere con lei…

Ma alla fine preferì restare solo.

L’aria della metropoli era calda e secca. Alex camminava senza meta. Le nocche delle mani sanguinavano. Il sudore scendeva dalla fronte.

Ho bisogno di bere, pensò.

Vide un bar in fondo alla strada. Chiese una birra a quello che sembrava essere il proprietario, rifiutò il bicchiere e avvicinò la bottiglia alle labbra. Notò che il vecchio proprietario lo guardava storto e diffidente. Prese dalla tasca alcuni spiccioli e pagò la birra. Poi si rese conto che doveva essere ora di pranzo e ordinò un sandwich alla cameriera biondina. Era piccolina ma ben fatta. Notò che non portava il reggiseno e che la scollatura lasciava poco spazio all’immaginazione. La cameriera gli porse un piatto con il sandwich e Alex notò che era imbarazzata. Pensò che si fosse accorta che prima le stava guardando la scollatura, ma la cosa non lo turbò. Se ha scelto quella maglietta è perché vuole essere guardata, pensò.

Chiese un’altra birra. Il vecchio si avvicinò al bancone con una Bud e porgendogliela gli disse:

«È sangue quello? Cos’è successo?» Noi qui non vogliamo guai.

Solo allora Alex si rese conto, abbassando lo sguardo, che aveva la camicia bianca con evidenti chiazze rosse e solo allora capì lo sguardo preoccupato della cameriera e la diffidenza del padrone.

«Non è niente»  disse mentre cercava frettolosamente nella tasca i soldi. Pagò in fretta, guardando il vecchio dritto negli occhi e uscì.

Non poteva girare per la città così conciato. Pensò di tornare a casa per cambiarsi, ma non aveva voglia di stare chiuso fra quattro mura né di rivedere Paul. Sarebbe sicuramente andato lì, anzi, forse era già lì per Nicole. O per lui.

L’idea di dover affrontare di nuovo Paul non gli metteva paura, ma non voleva vedere nessuno in quel momento. Né lui né Nicole. Né voleva sentire loro due litigare. Era già troppo nervoso e sapeva che se avesse visto Paul alzare di nuove le mani sulla sorella non avrebbe esitato a minacciarlo con ciò che aveva portato con sé, pur essendo sicuro che non ne avrebbe mai fatto uso. Istintivamente infilò la mano nella tasca sinistra. Il ruvido fodero del coltello avvolgeva la tagliente lama facendola aderire perfettamente, tanto che Alex, toccando col dito la punta del taglio, si sentì pungere.

Era un regalo che gli aveva portato suo padre da un viaggio in Oriente, consegnandoglielo con attaccato un bigliettino con scritto: «Che la lama di questo coltello non si dipinga mai di rosso. Non lo usare neanche per tagliare dei pomodori quando ti prepari uno dei tuoi panini!».

Era la prima volta che lo portava con sé. Alex non era un tipo violento né uno di quegli spacconi che girano in città armati. Non aveva nessun precedente penale salvo una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale tre anni prima, quando era ancora minorenne. Due poliziotti lo avevano fermato e perquisito mentre era con Sara all’angolo di una strada e lo avevano portato via in macchina (tra gli insulti di Alex) dopo avergli trovato nella tasca interna della sua giacca di pelle una bustina di marijuana. Lo avevano portato via da Sara, il giorno del loro secondo appuntamento. Il giorno del loro primo bacio, qualche minuto prima dell’arrivo dei poliziotti, erano in riva al mare a fumarsi uno spinello in silenzio, guardando le stelle e lasciando parlare il mare. Lui l’aveva guardata dritta negli occhi, lei aveva ricambiato lo sguardo, sempre in silenzio. Erano i loro occhi a parlare. Lei si era appoggiata al suo petto, lui le aveva posato una mano tra i capelli e si era chinato su di lei. Fu un bacio dolce e passionale allo stesso tempo.

Quella sera Alex non finì in galera, ma furono chiamati i suoi genitori che dovettero pagare anche una multa. Lui fu costretto a frequentare per una settimana un centro adiacente all’ospedale della città, dove affrontò colloqui con medici e psicologi.

Per lui fu un’umiliazione. I suoi genitori non furono molto duri con lui, ma Alex avvertiva la loro delusione, la loro amarezza e, per quanto non lo desse a vedere, ne risentì. Loro non erano dei moralisti, ma consideravano l’erba una droga leggera che comunque faceva male e andava proibita. Alex pensò che non sarebbero rimasti così delusi se lui avesse avuto il vizio di bere o di fumare sigarette, come molti suoi coetanei, perché erano cose legali, anche se, a detta sua e di molti, più dannose.

Alex arrivò in riva al mare. C’era poca gente perché era un giorno lavorativo e non era ancora piena estate. Continuò a camminare sulla sabbia finché non giunse, lontano dalla gente, in un angolo della spiaggia da dove si vedeva in lontananza un baracchino dei gelati, chiuso in quel periodo. Continuò a camminare finché non fu completamente solo.

Alex e il mare.

Subito gli vennero in mente Sara e il loro primo bacio. Il destino (o la mancanza di altri posti) aveva voluto che il primo luogo in cui avevano fatto l’amore fosse sempre la spiaggia, in riva al mare. Lì i loro corpi si erano uniti per la prima volta dietro al baracchino dei gelati. Per Alex non era la prima volta, ma ciò che avvertì quella sera fu un coinvolgimento fisico e sentimentale che non aveva mai provato. E, per questo motivo, amava scherzare con Sara dicendole che per lui era la sua «seconda prima volta» e Sara sapeva che era così. Per lei, invece, fu davvero la prima volta. Era un po’ imbarazzata ma non spaventata. Aveva fiducia in lui e si sentiva protetta. Avvertiva anche una curiosità piacevole e, soprattutto, era sicura. Sicura e contenta di farlo con lui. Non sapeva se era proprio Alex l’uomo della sua vita, ma sapeva dentro di sé che era il ragazzo con cui farlo la prima volta.

Alex sorrise ricordando quel momento di circa due anni fa, sorrise pensando alla sua Sara. Ora l’avrebbe voluta con lui. Prese il suo Nokia e le inviò un sms: «A volte tante parole non servono… Sono in spiaggia, vicino al baracchino dei gelati. Ti aspetto. Ti amo».

Poi senza pensarci due volte si tolse le sue Nike, i calzini e i jeans lasciando cadere tutto sulla sabbia ardente. In boxer e camicia, corse verso il mare.

Il contatto con l’acqua gli fece salire un brivido lungo la schiena. Si tuffò sentendosi sereno in mezzo all’oceano.

Alex e il mare.

Nuotò per una ventina di minuti, poi tentò di sbiadire il più possibile le macchie di sangue dalla camicia ottenendo scarsi risultati.

Quindi uscì dall’acqua. Sentì subito freddo, ma non trovò i suoi vestiti. Si rese conto che, nuotando, doveva essersi allontanato dal posto in cui li aveva lasciati. Il suo punto di riferimento era il baracchino dei gelati, che era più o meno di fronte. I suoi vestiti potevano essere ovunque da quelle parti. Li cercò con lo sguardo. Niente.

Iniziò a tremare per il freddo. Il sole era stato coperto dalle nuvole e, infatti, ormai non c’era più nessuno, neanche in lontananza.

Deve essere stata Sara, pensò sorridendo.

Doveva essere arrivata mentre lui nuotava e gli aveva nascosto i vestiti.

«Sara! Dai, amore, ho freddo!»

Niente.

«Dai, Sara, finisce che mi ammalo! Almeno spogliati anche tu, così ci riscaldiamo a vicenda! Dai, vieni fuori!»

Niente.

Ad un tratto sentì un sottile rumore provenire da dietro al baracchino.

Si è nascosta là dietro… In fondo dove può farsi trovare se non nel nostro posto? Dovevo pensarci prima…, rifletté quasi sentendosi in colpa per averla fatta aspettare tanto.

Alex si avviò a passi svelti verso il baracchino dei gelati.

Trovò un suo calzino tra la sabbia e sorrise compiacendosi dell’esattezza della sua intuizione e pensando che aveva tanta voglia di fare l’amore. Il ritrovarsi in quel posto pieno di ricordi rendeva tutto più bello.

«Amore…» disse mentre si dirigeva dietro al baracchino.

Sentì una fitta al fianco sinistro e dopo un attimo un’altra più su, all’altezza dello stomaco.

Paul rimase immobile di fronte ad Alex, mentre questi si contorceva dal dolore.

Il sangue gli scorreva caldo giù per le gambe.

Istintivamente Alex si tocco le ferite, ma poi di colpo ritrasse la mano, disgustato dal contatto con la carne squarciata e il sangue che usciva denso a fiotti.

«Volevo solo restituirti la cortesia di stamattina, ma poi, mentre portavo i tuoi vestiti qui, è caduto questo…» disse Paul stringendo nella mano destra il coltello di Alex sporco di sangue.

Alex pensò che Paul doveva aver letto l’sms che aveva inviato a Sara. Lei non era al corrente di tutto ciò,  ne era sicuro.

Alex notò gli occhi di Paul: erano di ghiaccio. Iniziò a tremare. Sentiva molto freddo e aveva paura.

Paul iniziò a muoversi avanti e indietro con gli occhi spalancati. Il suo sguardo era perso.

Muoveva in maniera nevrotica il coltello che stringeva in mano con tanta forza da essersi tagliato, ma sembrava non essersene accorto.

Alex pensò che Paul doveva essersi calato giù qualcosa di potente… Una di quelle pasticche che Sara disse di aver trovato in camera e di cui Paul aveva promesso solennemente a lei e a Nicole di non fare più uso, sostenendo di averle soltanto provate.

In quel momento Alex si accasciò a terra. La sabbia si infilò nella ferità sul fianco facendogli avvertire un fastidioso e doloroso bruciore che lo fece urlare con tutte le sue forze. Solo allora si rese conto che la sua unica speranza consisteva nel richiamare l’attenzione di qualcuno che passava sul lungomare, visto che in spiaggia non c’era più nessuno.

Iniziò a chiedere «aiuto», ma a quel punto Paul si diresse di nuovo verso di lui.

«Che cazzo ti urli, eh?!» gli disse dandogli un calcio all’altezza della bocca.

«Paul, ti prego, io…  Scusa,  io ti chiedo scusa… Aiutami… Fallo per Sara… Fallo per Nicole…»

«Nicole è una lurida puttana» ribatté Paul.

Poi il regalo del padre di Alex tornò a colpire, una, dure, tre volte.

Alex chiuse gli occhi.

«Che la lama di questo coltello non si dipinga mai di rosso. Non lo usare neanche per tagliare i pomodori quando ti prepari uno dei tuoi panini!».

Paul trascinò il corpo di Alex fino a riva, tracciando un’evidente scia rossa sulla sabbia, e si immerse. Il corpo di Alex restò a galla, ma di tanto in tanto andava giù, spinto dalle onde.

Alex e il mare.

Paul si allontanò dalla spiaggia e tornò a casa. Aveva lasciato tutto lì, ma si era portato il coltello. Sara era al telefono con Nicole per chiederle notizie di Alex.

Paul andrò in bagno e pulì superficialmente il coltello. Lo rimise nel fodero e lo ripose in un cassetto del mobile dell’ingresso. Era troppo confuso per sapere cosa ne avrebbe fatto. Poi si diresse in cucina e si prese una birra dal frigo.

Sara gli rivolse la parola soltanto per chiedergli se aveva visto il suo cellulare. Lui indicò la mensola all’ingresso, Sara lo trovò e dopo qualche minuto uscì sorridendo.

«Io esco.»

Paul non rispose e si chiuse in camera sua. L’effetto accelerativo della droga stava passando. Si sentiva stanco e iniziava anche a razionalizzare. E a pensare, per la prima volta, a ciò che aveva fatto.

È troppo tardi, pensò.

Sara considerò di portare con sé dell’erba per sorprendere Alex. Tornò a casa e aprì il cassetto del mobile dell’ingresso dove teneva nascosto un pacchettino con la marijuana. Lo prese. Poi vide il coltello. Deve essere di Paul, pensò, e tremò all’idea che potesse averlo comprato per minacciare Alex.

Decise di gettarlo nel cassonetto sotto casa, ma poi pensò che era meglio portarlo con sé e parlarne con Alex. Così se lo mise in borsa.

Sara correva spensierata e felice verso il mare. Nonostante fosse uscita di corsa, non si era dimenticata di mettere la minigonna nera che piaceva tanto ad Alex.

Pensava a come sarebbe stato bello fare l’amore dopo aver litigato… Farlo in spiaggia…

Prese il cellulare e rispose ad Alex: «Sei ancora lì? Vieni dietro al baracchino». Poi pensò al pacchetto contenente l’erba e aggiunse: «Ho una sorpresa per te, per rimediare alla lite di oggi».

Quindi si avviò verso la spiaggia cercando di camminare il più velocemente possibile.

Il sole stava tramontando e Sara non voleva percorrere quel tratto di spiaggia fino al chiosco da sola, al buio.

Arrivò nei pressi del baracchino. L’assenza di luce non le fece notare la scia rossa di sangue sulla sabbia.

Giunta dietro al chiosco notò i vestiti di Alex a terra, si chinò e vide la chiazza di sangue. Svenne. Fu svegliata dall’abbaiare di un cane.

Ebbe paura. Poi guardò il sangue sulla sabbia e si sentì di nuovo mancare.

Dov’era Alex? Cosa gli era successo? Cosa doveva fare?

Si sentiva confusa e impaurita. Iniziava a tremare. Si era alzato il vento e Sara aveva anche tanto freddo, oltre che paura.

Sentì ancora il cane, poi qualche altro rumore, forse una persona in lontananza, forse due. Si ricordò del coltello nella borsa. Lo cercò istericamente e tolse la fodera con difficoltà. Le mani le tremavano.

Non si rese conto delle tracce di sangue sul coltello. Lo tenne stretto fra le mani e rimase ferma, immobile.

Ad un tratto sentì un rumore di passi proveniente dal lato sinistro del baracchino.

Non aveva idea di cosa fare. Il coltello non la rassicurava. Sapeva benissimo di non saperlo usare.

Si alzò di colpo e iniziò a correre dalla parte destra del chiosco.

Fu accecata da alcune luci, poi cadde a terra e sentì il ringhiare del cane a pochi centimetri della sua testa.

Due torce erano puntate su di lei e due beretta 92f la tenevano sotto tiro.

«Alzati lentamente con le mani in alto bene in vista» le intimò un agente.

Sara si mise in piedi e alzò le mani senza rendersi conto di stringere ancora il coltello.

«Getta via quel coltello o facciamo fuoco» gridò un poliziotto «Gettalo via subito!»

Sara gettò via il coltello e balbettò qualche parola:

«Io… Io… Non è mio… Alex… Dov’è Alex?»

I poliziotti si guardarono. Poi uno di loro si avvicinò lentamente al coltello e lo raccolse, mentre l’altro continuava a tenerla sotto tiro. Quando l’agente illuminò il coltello Sara non riuscì a trattenere un urlo di orrore. C’erano macchie di sangue lungo tutta la lama, nonostante fosse evidente un superficiale tentativo di cancellare le tracce.

«Non ti muovere. Sei in arresto.»

I due poliziotti si avvicinarono lentamente a Sara e la ammanettarono. Poi uno di loro iniziò a perquisirla mentre l’altro legava il guinzaglio al cane e poi dava notizia alla centrale dell’arresto.

Sara rimase senza parole. I pensieri si affollarono e non riusciva ancora bene a capire cosa fosse successo.

Doveva essere una retata anti-droga della polizia; il cane aveva probabilmente fiutato l’erba.

Mi porteranno in caserma e chiameranno i miei genitori. La stessa cosa che successe ad Alex, pensò Sara. Solo che il coltello complica le cose…

Ma dov’era Alex? E perché il coltello era sporco di sangue? Di chi era quel sangue? C’entrava qualcosa con Paul? I suoi pensieri furono interrotti dalla voce del poliziotto:

«Ehi, Nick, guarda cosa aveva in tasca:  marijuana» disse rivolto all’altro poliziotto, tenendo in mano il pacchettino di Sara.«Dev’essersi fumata il cervello e poi l’ha ucciso…»

Sara rabbrividì a quelle parole. Iniziava a capire che quei poliziotti non erano lì per caso e che lei non era stata ammanettata perché le era stata trovata dell’erba. La stavano accusando di omicidio. Sapeva di essere nei guai, ma sperava ancora che Alex fosse vivo. Avrebbe spiegato tutto. Si sarebbe risolto tutto.

La polizia era stata chiamata prima del tramonto da una coppietta che, camminando sulla spiaggia, aveva visto il corpo di Alex a riva, evidentemente portato lì dalle onde. La polizia era arrivata quasi nello stesso momento in cui Sara si era ripresa dallo svenimento. Il cane, preso in prestito dall’unità cinofila, stava portando i due poliziotti verso il baracchino dei gelati quando questi videro una ragazza scappare dall’altro lato. Mentre fu portata verso la volante della polizia, Sara vide il corpo di Alex a riva, coperto da un lenzuolo, che ogni tanto veniva bagnato dalle onde.

Alex e il mare.

Sara da quel momento non riuscì a dire più nulla.

Né sentiva nulla.

Non sentiva i poliziotti che le leggevano i suoi diritti e le facevano continuamente domande.

Non sentiva le voci dei curiosi che si erano raccolti intorno alla volante della polizia.

Non sentiva l’abbaiare feroce del cane.

Non sentiva le sirene dell’ambulanza e delle altre macchine della polizia che accorrevano sul posto.

Sara sentiva soltanto il rumore del mare.

Il sangue sul coltello si rivelò essere quello di Alex.

Il padre di Alex riconobbe il coltello e si ritenne che il ragazzo, poiché ci teneva particolarmente, lo avesse regalato a Sara come una sorta di pegno del loro amore e che lei lo avesse deliberatamente portato con sé per ucciderlo in seguito a una lite e sotto l’effetto della marijuana.

Fu trovato il messaggio inviato al numero di Alex nel quale Sara gli diceva di farsi trovare dietro al baracchino e gli parlava di una sorpresa per rimediare alla lite di quel giorno.

I titoli dei giornali della città erano monotematici: «La marijuana uccide»; «Ecco gli effetti dell’erba» e ancora «Se vostro figlio fuma è un potenziale assassino».

Si scatenò una caccia alle streghe. Nel mese successivo all’omicidio di Alex ci furono sei retate della polizia in città e vennero arrestate oltre trecento persone – tra ragazzi e adulti, uomini e donne, studenti e liberi professionisti – per consumo di droghe leggere.

I genitori di Sara si preoccuparono più di cosa potesse pensare la gente che di come stesse la figlia.

Sara si chiuse in un silenzio estremo e totale.

Paul non disse nulla su come erano andate le cose e durante tutto il processo non riuscì a guardare mai negli occhi la sorella. La gente e i genitori pensarono fosse troppo addolorato e stupito per il gesto della sorella.

Paul tornò a farsi di pasticche e di eroina, nell’indifferenza della gente e dei genitori.

Nicole smise di vedere Paul, ma, come tutti, non seppe mai la verità.

Sara fu condannata alla pena di morte, poiché rifiutò l’attenuante della semi-infermità mentale, dichiarandosi sana di mente. Non avrebbe sopportato di continuare a vivere così.

Scelse l’iniezione letale.

Il suo ultimo desiderio fu di essere portata di nuovo lì, vicino al baracchino dei gelati, vicino al mare.

Si pensò fosse un desiderio perverso di un’omicida che voleva rivedere il luogo in cui aveva ucciso. Le fu negato il permesso.

Sul letto di morte chiuse gli occhi, pensando di fare l’amore in riva al mare, dietro al chiosco dei gelati. Sorrise e pianse allo stesso tempo, lasciando i funzionari del braccio della morte esterrefatti. Il prete si rifiutò di darle l’estrema unzione, ma Sara disse di non voler alcun prete. Potevano procedere.

Morì pensando ad Alex e al mare.

Alex e il mare…

Di Giulio Giglio.

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Giulio Giglio, 26 anni, laureato in Giurisprudenza nel 2011, pugliese “adottato” da Roma ormai da 8 anni. Appassionato di psicologia, ama socializzare e conoscere nuove realtà e nuove culture. Tra le sue passioni, oltre a viaggiare in giro per il mondo, vi è la scrittura, in cui tratta l’amore, l’amicizia, la famiglia, la falsa moralità, l’ipocrisia e la ricerca di sé stessi.
Persa la fiducia nella politica, crede vivamente nella cittadinanza attiva ovvero nell’adoperarsi per non vedere calpestare i propri diritti. In tal senso si definisce un “cittadino polemico”.

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