A Napoli, la bella stagione caravaggesca

di Ludovica Tripodi

A Napoli, la bella stagione caravaggesca

di Ludovica Tripodi

A Napoli, la bella stagione caravaggesca

di Ludovica Tripodi

Sarà una primavera “caravaggesca” quella napoletana: la bella stagione partenopea avrà infatti inizio presso il Museo di Capodimonte il 12 aprile e si concluderà il 14 luglio con l’allestimento della mostra “Caravaggio a Napoli”, curata dalla Professoressa Cristina Terzaghi, una delle massime studiose di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610).

Napoli, città cara e salvifica per il Caravaggio che vi si rifugiò dopo la condanna alla decapitazione per il delitto del Campo Marzio, in cui fu ucciso Ranuccio Tommasoni.

Napoli, città che diede alla luce dipinti come “Giuditta che decapita Oloferne”, “Salomè con la testa del Battista” e “Davide con la testa di Golia”, opere nelle quali compare ossessivamente il macabro autoritratto del pittore che prende il posto del condannato.

Napoli, il capoluogo campano che ha deciso di celebrare il genio artistico del Caravaggio, dedicandogli un’intera mostra che approfondirà il suo periodo napoletano, quello, quindi, più intenso e artisticamente fruttuoso. Di tale permanenza rimangono in città solo tre opere, le “Sette opere di Misericordia” al Pio Monte della Misericordia, la “Flagellazione di Cristo” a Capodimonte e il “Martirio di Sant’Orsola” alla Galleria di Palazzo Zevallos.

Michelangelo Merisi da Caravaggio, La flagellazione di Cristo, 1607-1608, olio su tela, 286×213 cm, Museo di Capodimonte, Napoli.

Grande attesa e trepidazione, quindi, per una mostra che si preannuncia essere il fiore all’occhiello della stagione artistica napoletana e che avrebbe dovuto ricomprendere all’interno del suo percorso espositivo anche “Le Sette opere di misericordia, il capolavoro di Caravaggio, riconosciuta tutt’oggi come una delle più significative e vive rappresentazioni della città e dei suoi abitanti, conservato al Pio Monte della Misericordia a Napoli. Il condizionale sembra essere d’obbligo viste le ultime vicende che hanno messo fortemente in dubbio lo spostamento del delicato dipinto dal Pio Monte della Misericordia al Museo di Capodimonte, nonostante le due parti avessero già stipulato un accordo che ne autorizzava lo spostamento.

I primi dubbi a riguardo sono stati sollevati da Nicola Spinosa, ex direttore del Museo di Capodimonte, sin dall’inizio molto critico sia nei confronti della mostra,ritenuta una mera operazione di marketing, ma, in un secondo momento, anche nei confronti dello spostamento de Le Sette opere di Misericordia, poiché vietato dallo Statuto del Pio Monte.

 Alessandro Pasca di Magliano, soprintendente del Pio Monte, aveva però risposto alle critiche di Spinosa evidenziando che lo Statuto impedisce la vendita del dipinto e non la semplice alienazione temporanea. L’opera infatti aveva già lasciato il Pio Monte in passato e ne era stato chiesto lo spostamento anche dallo stesso ex direttore del Museo di Capodimonte.

Contrario al trasferimento anche lo storico dell’arte Tomaso Montanari che in occasione di un’intervista al Corriere del Mezzogiorno ha dichiarato che il modello delle grandi Mostre-Evento, come quella del Caravaggio, che “traslocano “capolavori assoluti” da un lato all’altro di Napoli” non sia certo equo, sano e sostenibile e che sia sicuramente più sensato ammirare l’opera nella sede in cui è stata pensata, nel caso specifico a soli 2 Km dal museo di Capodimonte e nel pieno centro storico napoletano.

Sulla polemica è giustamente intervenuto, in ultima istanza, il Ministero dei beni culturali, il quale ha stabilito, con provvedimento a firma del direttore generale Gino Famiglietti, il no definitivo al prestito a causa dei “rischi ai quali l’opera verrebbe esposta al solo fine di essere trasferita presso un’istituzione culturale che si trova a poco più di due chilometri dalla chiesa nella quale essa è (ben) conservata”. “Già nel 1613”, prosegue la nota del MiBAC, “i governatori del Pio Monte in considerazione della perfezione artistica del capolavoro caravaggesco, stabilirono che esso non potesse essere alienato per nissuno prezzo e che sempre si debba ritenere nella detta chiesa. Nello stesso giorno (27 agosto 1613) i governatori autorizzarono che il conte di Villamediana, che ne aveva fatto richiesta, potesse far realizzare una copia dell’opera a condizione che detto quadro non si possa ammovere da detto altare. E pochi anni dopo, e precisamente il primo giugno 1621, a fine di evitare discriminazioni tra i richiedenti, stabilirono il divieto perpetuo di effettuare copie delle opere della chiesa e in particolare di quella dell’altare havendo riguardo più presto al pubblico decoro che al privato commodo”. L’alienazione del dipinto quindi sarebbe fortemente ed inutilmente rischiosa, il Ministero ha quindi suggerito di inserire il Pio Monte della Misericordia nel percorso espositivo.

Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha definito la decisione del MiBAC un’occasione persa e una decisione grave, accusando il Ministero di rendere la cultura elitaria ed ha invitato i napoletani a una “mobilitazione senza rancore”, per dimostrare “che Napoli va avanti e che questa decisione del ministero è l’ennesimo errore”.

Il ministro dei beni culturali, Alberto Bonisoli, ha commentato le parole del sindaco affermando che vi è un parere tecnico, motivato dal direttore generale e che le dimensioni della pala rendono problematico lo spostamento dal luogo in cui è posizionata. Bonisoli ha dunque accettato la valutazione tecnica e suggerito che la mostra si faccia in due sedi sollecitando il sindaco a prevedere corse straordinarie dei mezzi pubblici per venire incontro alle esigenze della mostra.

Il direttore del museo di Capodimonte Sylvain Bellenger ha dichiarato che l’assenza dell’opera regina non fermerà l’allestimento della mostra. In un’intervista al quotidiano Repubblica ha infatti spiegato che lo spostamento dell’opera era giustificato dal fatto che in mostra “Le Sette opere di misericordia” sarebbero state molte più vicine al pubblico di quanto non lo siano nella loro sede.

Speriamo, in conclusione, che la “bella stagione caravaggesca” non venga turbata da inutili venti di bufera che rischierebbero solo di offuscare il cielo nitido dell’arte napoletana.

di Ludovica Tripodi,all rights reserved

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