L’anniversario della Battaglia delle Midway

4 giugno 1942. La Battaglia delle Midway

L'anniversario della battaglia che segno "l'era della riconquista" americana

di Simone Pasquini

L’anniversario della Battaglia delle Midway

4 giugno 1942. La Battaglia delle Midway

4 giugno 1942. La Battaglia delle Midway

di Simone Pasquini

L’anniversario della Battaglia delle Midway

4 giugno 1942. La Battaglia delle Midway

L'anniversario della battaglia che segno "l'era della riconquista" americana

di Simone Pasquini

La mattina del 4 giugno 1942 il sole splende sulle onde del Pacifico. Il mare è calmo e sembra piatto come una tavola ai piloti americani che lo stanno sorvolando.

Dopo mesi e mesi di preparativi, i piloti della marina americana hanno ricevuto l’ordine di decollare dalle proprie portaerei carichi di siluri e bombe da picchiata. Sanno che proprio in quel momento, ad ovest del piccolo atollo di Midway, nel bel mezzo dell’oceano, decine di navi e centinaia di aerei giapponesi si stanno preparando a scatenare l’inferno. Ci sono solo loro a separarli dalle coste occidentali degli Stati Uniti.

Per capire il perché di quello che si sarebbe rivelato essere il più grande scontro aeronavale della storia dell’umanità, bisogna fare un passo indietro. Esattamente 6 mesi prima, la mattina di domenica 7 Dicembre 1941, le forze aeree della marina imperiale giapponese bombardavano senza pietà il porto di Pearl Harbour nelle Hawaii, la base in cui si trovava raccolta la quasi totalità della Flotta del Pacifico statunitense.

La celebre azione, che The Freak vi aveva già raccontato in un precedente articolo, aveva costituito il motivo dell’entrata nella seconda guerra mondiale degli Stati Uniti, ultima delle grande potenze mondiali a scendere in campo. Il grande attacco giapponese sembrò in un primo momento una grande vittoria dell’Impero, il quale era stato capace di immobilizzare la flotta americana in un colpo solo, con un numero di perdite assolutamente irrisorio.

Eppure, a Tokyo l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, comandante in capo delle forze navali giapponesi ed ideatore del piano di attacco a Pearl Harbour, era più preoccupato che mai. Era consapevole che le sue forze avevano mancato il vero e principale obiettivo del piano, ovvero le portaerei americane, che in quei giorni si trovavano lontano dalla base per condurre delle esercitazioni.

L’ammiraglio Isoroku Yamamoto

Yamamoto sapeva che questo fatto, prima o poi, si sarebbe rivelato una disgrazia. Ed egli seppe di averci visto giusto quando, 4 mesi dopo, i bombardieri americani decollati proprio da quelle portaerei riuscirono a colpire la capitale giapponese, causando fra i militari e la popolazione un vero e proprio shock. Questo fatto convinse i generali e gli ammiragli che era necessario provocare uno scontro con la marina americana, ed affondare le navi nemiche una volta per tutte.

Yamamoto si mise al lavoro, escogitando un nuovo piano d’attacco che avrebbe coinvolto la marina dell’imperatore quasi al completo. Un piano che aveva il suo perno nel minuscolo avamposto isolano di Midway, praticamente uno spillo sulle carte dell’Alto Comando, ma che dopo Pearl Harbour costituiva la più avanzata base americana nel Pacifico.

Per dare un’idea di che cosa fosse Midway, immaginate due piccoli isolotti sabbiosi disabitati, di circa 9 km di diametro. Gli americani controllavano l’isola dal 1867, ma l’unica traccia dell’uomo era data dal piccolo campo di aviazione che vi era stato costruito pochi anni prima dello scoppio della guerra. Su questo fazzoletto di sabbia corallina, a decine di migliaia di chilometri dalla terraferma, si stava per scatenare la furia delle 180 navi e 590 aerei che i giapponesi avevano ammassato per l’attacco.

Obiettivo: occupare l’isola e farne un trampolino di lancio per la successiva conquista delle Hawaii. Yamamoto aveva studiato tutto nei minimi dettagli, nella speranza di replicare la magia di Pearl Harbour, ovvero cogliere di sorpresa la flotta americana e così vincere la battaglia prima ancora di combatterla. Ma questa volta gli americani non si fecero trovare impreparati.

Sebbene la flotta americana fosse in netta inferiorità numerica e non si fosse ancora del tutto ripresa dall’attacco di Pearl, lo Stato Maggiore americano aveva un enorme asso nella manica ancora da giocare. Il comandante delle forze navali americane, l’ammiraglio Chester Nimitz, aveva deciso di puntare moltissimo sull’intelligence militare, e per sua fortuna poteva disporre di ufficiali ed operatori estremamente capaci e, soprattutto, creativi.

L’ammiraglio Chester Nimit

Essi sapevano che la flotta giapponese si stava preparando per qualcosa di grosso, ma non sapevano né il dove né il quando. Solo una piccola parte dei messaggi giapponesi poteva essere decifrata, ma era abbastanza chiaro che l’obiettivo giapponese sarebbe stato un luogo che i giapponesi chiamavano in codice “AF”.

Gli americani incominciarono a sospettare che si trattasse delle Midway, ma come fare per esserne certi? Il colpo di genio fu quello di ordinare alla base della piccola isola di trasmette in chiaro un messaggio dove si richiedeva supporto logistico per il serbatoio di acqua potabile della base. Poco dopo, i decrittatori americani, seduti nei loro bunker radio nelle Hawaii, intercettarono un messaggio dello Stato Maggiore giapponese che informava le proprie forze che l’obiettivo “AF” aveva problemi con il proprio sistema di acqua potabile!

A questo punto tutto era chiaro come la luce del sole, le forze giapponesi stavano convergendo in massa verso il piccolo atollo e l’ammiraglio Nimitz decise di inviare tutte le sue forze incontro ad un nemico ignaro di quello che stava per accadere.

Torniamo alla mattina del 4 giugno, quando la prima ondata di aerosiluranti americani si infranse contro il muro di fuoco proveniente dalla flotta giapponese. Per due giorni, sopra le immense distese del Pacifico, si consumò uno degli scontri più cruenti della storia. Ondate ed ondate di aerei si riversarono su entrambe le flotte avversarie, mentre i sottomarini davano una solitaria caccia alle navi nemiche danneggiate che rimanevano indietro.

Quando la notte calò sul 6 giugno, l’esito dello scontro era chiarissimo: gli americani avevano perso la portaerei Yorktown, un cacciatorpediniere e 147 aerei, mentre i giapponesi avevano perso 4 delle 8 portaerei di cui disponevano (Kaga, Akagi, Soryu e Hiryu), e con loro quasi 250 apparecchi, per una perdita complessiva di quasi 3500 uomini. Si trattava di un sconfitta schiacciante, foriera di gravissime conseguenze per il Giappone.

Infatti, in un colpo solo Tokyo aveva visto dimezzato il proprio potenziale aeronavale, subendo perdite che l’industria giapponese sarebbe stata capace di rimpiazzare solo in parte e con enormi sacrifici.

Cosa forse ancora più importante, le centinaia di piloti giapponesi abbattuti costituivano il meglio dell’aviazione giapponese: erano tutti uomini altamente addestrati, nonché veterani esperti (molti di loro avevano partecipato all’attacco a Pearl Harbour) e questa esperienza non poté essere rimpiazzata dalle nuove e giovanissime reclute che il Giappone fu costretto a mettere in campo per colmare le perdite.

Infine, la flotta giapponese era ora costretta alla difensiva, mentre gli americani potevano approfittare della vittoria per iniziare il proprio affondo contro l’Impero. Un affondo che, a partire dalle Midway, non subì praticamente nessuna battuta d’arresto fino alla vittoria finale nell’agosto del 1945.

Queste constatazioni spiegano in buona misura il perché la battaglia godette presso i posteri di una tale fama. Sicuramente, per gli Stati Uniti essa costituì il giusto riscatto per lo smacco subito a Pearl Harbour, il primo di una lunga catena di successi.

Ma non si tratta solo di questo. Per gli storici questa battaglia è importante anche per il ruolo vitale giocato dall’intelligence e dai servizi di informazione, che proprio durante la seconda guerra mondiale svolsero un ruolo fondamentale fino a costituire poi un aspetto vitale durante la Guerra Fredda.

Ma questa battaglia è importante anche perché, insieme con la Battaglia del Mar dei Coralli (avvenuta circa un mese prima), costituisce la prima battaglia navale combattuta solo ed esclusivamente dagli aerei, senza che le navi da guerra potessero avvicinarsi tanto alla flotta nemica da sparare anche un solo colpo di cannone.

Era l’inizio di quel nuovo modo “tecnologico” di fare la guerra che oggi ci ha condotto allo sviluppo dei droni e più in generale delle cosiddette “armi intelligenti”. Dunque, per citare le parole dello storico Bernard Millot, autore di una monumentale ed ancora valida opera sulla guerra nel Pacifico, “per gli americani questa vittoria segnò una svolta decisiva, ponendo termine alle ambizioni territoriali giapponesi e iniziando l’era della riconquista.”

A questa parole aggiungiamo che questa battaglia fu una delle prime anticipazioni del mondo contemporaneo per come lo conosciamo.

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