THE CORE – UNA MUSICA SENZA FILTRI

di Eleonora Vasques

THE CORE – UNA MUSICA SENZA FILTRI

di Eleonora Vasques

THE CORE – UNA MUSICA SENZA FILTRI

di Eleonora Vasques

THE CORE

The Freak ha incontrato questi quattro ragazzoni che suonavano in un modo piuttosto inquieto e cupo. Gli abbiamo chiesto di spiegarci questo insieme di sensazioni tendenti all’oscurità. Ci hanno risposto con una battuta scherzosa e un sorriso.

Prima dell’inizio del vostro concerto, mi avete detto “sentirai molto grunge!”. Durante la vostra performance però, oltre il Grunge, sono emerse altre cose. Secondo voi quali sono? Come pensate di trasmettere le cose che fate?

Cerchiamo di trasmettere quello che facciamo nel modo più energico e spontaneo possibile, senza alcun tipo di filtro. Il nostro obiettivo, quando suoniamo, è quello di riuscire a creare qualcosa che sia scevro da pregiudizi o schemi (mentali o musicali che siano). Tutto ciò lo traduciamo in un suono elettrico, rock! Nutrito anche con una certa dose di rabbia (quando siamo felici non facciamo musica ma andiamo fuori casa con fare spensierato). Bisogna anche dire che, come in ogni band, ognuno porta nel gruppo il proprio bagaglio musicale. Siamo partiti da un’ecletticità di fondo e stiamo cercando di trasformare questa ecletticità nella nostra identità musicale. E’ vero, noi non siamo una band solo Grunge, abbiamo anche tendenze New Metal e Psichedeliche. Ci è stato detto, per esempio, che noi riusciamo a creare “ambienti”. Possiamo definirci musicalmente non solo in base al genere ma anche in base a degli stati d’animo. Cosa si prova quando si partecipa ad un nostro concerto?

Mi viene dunque spontaneo chiedervi, quali sono secondo voi queste diverse influenze e questi diversi stati d’animo che trasmettete quando suonate.

 Sia nei concerti dal vivo che nei nostri album, dal nostro punto di vista, emergono due anime in contrapposizione: la prima esprime una forte rabbia, la seconda invece si mostra tranquilla e serena. Cerchiamo di contrapporre qualcosa di molto forte con qualcosa di molto soft. In realtà poi parliamo sempre della stessa anima che si trasforma: mutiamo la nostra rabbia in energia positiva. Quest’ultima poi riesce a tranquillizzarci e a renderci sereni per un po’.

Da queste vostre risposte deduco quindi che siete dei ragazzi molto inquieti. Si nota anche per esempio dalle vostre canzoni dove spesso adottate un ritmo molto incalzante e sostenuto, quasi perseguitante. Cos’è che vi inqueta?

Stiamo ricercando effetti che richiamino ritmi tribali, per questo usiamo ritmiche molto incalzanti e sostenute come hai detto tu. Per quanto riguarda l’inquietudine, in realtà, sono molte le cose che ci agitano, ma queste, le utilizziamo come un punto di partenza, un trampolino di lancio per giungere ad un discorso prettamente musicale. Per fare un esempio, noi magari partiamo da ciò che ci inqueta riguardo la nostra Italia, ma poi passiamo ad interrogare i nostri stati d’animo e a come “strumentarli”.

Spesso faccio questa domanda alle band italiane che cantano in inglese: perché cantante in inglese?!?

 Cantiamo in inglese perché è una lingua semplice e conosciuta ai più. E’ una lingua diretta e si combina molto bene con la musica che facciamo e ci permette di spaziare di più con l’immaginazione.

L’inglese più dell’italiano vi aiuta ad esprimere meglio il vostro stato d’animo?

Diamo molto più spazio alla musica rispetto alle parole. Spesso lasciamo sfumature in quello che diciamo e diamo posto all’interpretazione. Ciò non vuol dire che scriviamo testi senza senso! Noi partiamo dalla musica e pian piano si forma il testo.  Crediamo infatti, che in una società dove conta più l’immagine che altro, lavorare sul contenuto strumentale sia fondamentale. E’ un continuo lavoro di traduzione. Poi parliamoci chiaro. Intorno a noi ci sono persone che non fanno altro che dirci di espatriare e che la musica che facciamo qui non sarà mai capita e né può piacere. Vogliamo proiettarci in un contesto internazionale e per questo l’inglese è uno dei nostri buoni veicoli per partire.

Ho avuto l’impressione, durante il concerto, che cercate di mischiare una certa dose di rabbia con una nota sottile di ironia. Questi due aspetti, sembrano in contraddizione ma insieme funzionano. Perché?

Cerchiamo di prenderci un po’ in giro. Pensiamo che quello che facciamo sia molto serio ma allo stesso tempo, per essere seri non bisogna mai essere seriosi, sennò ci si ammala e muore anche la musica stessa. Questo nostro stato di precarietà e inquietudine lo canzoniamo un po’ con le nostre battute tra un brano e l’altro ma anche più in generale con il modus vivendi della band che è sicuramente caratterizzato anche da una forte dose di canzonatura nei confronti di noi stessi.

Mi parlate di come lavorate in studio?

Abbiamo la fortuna di essere molto legati tra noi per quanto riguardano gli stati d’animo che ci accomunano e la musica che ci piace fare e sentire. Normalmente quindi, proponiamo di getto il “nostro sentire” e riusciamo a capirci facilmente, con tutto che sicuramente siamo diversi tra noi sotto certi punti di vista. Prima di tutto, cerchiamo di capire cosa vogliamo trasmettere. Durante il lavoro e ovviamente alla conclusione di quest’ultimo, ci chiediamo se quello che stiamo facendo è soddisfacente. Subito dopo ci mettiamo in cerca della strategia migliore per lanciare il brano (tramite un video, EP, disco, …). Spesso si hanno tante cose da dire ma il tempo è poco. E’ importante quindi riuscire ad ottimizzare il tempo. La vita quotidiana “limita” parecchio ma allo stesso tempo ispira.

Domanda finale promozionale. Programmi e progetti futuri?

Stiamo lavorando su una colonna sonora di un lungometraggio che uscirà probabilmente in torno a febbraio – marzo del 2016. Tra dicembre e gennaio uscirà il nostro primo disco ed entro l’inizio dell’anno prossimo uscirà un nuovo videoclip.

Domanda ancora più finale della precedente: credete che sia ancora possibile creare qualcosa di nuovo?

Tutti noi portiamo nella nostra musica qualcosa che di nuovo non è. E’ una domanda a cui forse non bisogna rispondere. Non bisogna pensare mentre si suona di fare qualcosa di nuovo, bisogna pensare a suonare con energia e spontaneità, ma soprattutto senza filtri. Speriamo solo che quello che facciamo possa piacere agli altri e a noi stessi.

Intervista a cura di: Eleonora Vasques

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