“Marie è un appassionato alone di irrequietezza”. Intervista a Rachele Bastreghi

di Antonietta Uliano

“Marie è un appassionato alone di irrequietezza”. Intervista a Rachele Bastreghi

di Antonietta Uliano

“Marie è un appassionato alone di irrequietezza”. Intervista a Rachele Bastreghi

di Antonietta Uliano

Intervista a Rachele Bastreghi

E’ gentile, è decisa, è fascinosa; è talentuosa, Rachele.
Porta il tempo con i suoi tacchi neri, malmenando il legno del palco con un calpestio nervoso e fermo; il ritmo, si cela dietro il blu dei suoi occhi – al centro di tutto quel nero che indossa, in mezzo a tutte le tonalità che canta.
La signorina – Rachele Bastreghi, ndr, voce femminile del gruppo toscano dei Baustelle – ha regalato un gran concerto lo scorso 23 ottobre, allo SMAV (CE), in duo con Marco Carusino ad imbracciare una chitarra delicata e sfrontata allo stesso tempo.

A: C’è una frase meravigliosa di Alessandro Baricco che recita più o meno così “i tasti di un piano sono finiti, 88 in tutto, ma infinita è la musica che riescono a partorire”. Sei stata tu a scegliere quello strumento o ha fatto tutto lui?

R: Bellissima storia quella di Novecento… Da piccolissima giocavo con una tastiera che mi avevano regalato i miei genitori, per me era meglio di una bambola. Non ho più smesso di giocarci. Direi che ci siamo scelti a vicenda, una specie di amore a prima vista.

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A: Quando una cover smette di essere un esercizio interpretativo e diventa qualcosa di più? Ho sempre creduto si instauri una specie di sindrome di Stoccolma tra la cover e l’interprete. Cantare Patty Pravo è ingombrante?

R: Quando scegli di fare una cover vuol dire che in quel brano senti già qualcosa di forte che ti rispecchia. “All’inferno insieme a te” di Patty Pravo, era a sua volta la cover di un brano di un cantautore francese – Claude Puterflam – e già con l’originale ho percepito un’importante affinità musicale, nella scrittura e nell’atmosfera. L’ho sentita perfetta e non ho voluto stravolgerla, anzi, ho solo cercato di renderla omogenea con il resto del disco, mettendoci qualcosa di mio. Patty Pravo per me è un’icona da ammirare e da prendere come riferimento, ovviamente non avevo intenzione di “raggiungerla”, mi sembrava solo il rogetto giusto per renderle omaggio: un atto d’amore.

A: Oltre a Patty, rivedo il beat anni ’60 di Caterina Caselli. Penso all’elettronica dei Subsonica, all’introspezione della musica evocativa del cantautorato italiano. Quanto c’è di tutto questo in Marie? 

R: Citi cantanti e mondi che ho ascoltato tanto. Tutto finisce per influenzarti ed è fondamentale per la propria formazione, con o senza consapevolezza. In qualche modo, tutto entra nelle cose che fai e in quello che sei.

A: Nell’album di Dellera “Stare bene è pericoloso”, hai collaborato a “Non ho più niente da dire”, una sorta di abbandono ad un interlocutore sognato nei “pensieri di una testa in mezzo al mare” (cit.). Preferisci il fascino ammaliatore della parola o la certezza spregiudicata dei pensieri?

R: Io ho spesso la testa in mezzo al mare…ma non ho una preferenza precisa, dipende forse da cosa vuoi esprimere in quel momento, in quella canzone, una cosa non esclude l’altra. Riguardo a Roberto Dellera, sono molto felice di aver cantato nel suo album. Lo stimo veramente molto come musicista, come cantante e come amico.

A: “La tua vita artistica è tempestata di collaborazioni, dagli Afterhours alle Luci della Centrale Elettrica, persino un cameo da attrice in Questo Nostro Amore ’70…Questo continuo do ut des nasce da un’esigenza espressiva quasi fisiologica di condivisione o scaturisce da un sano ed egoistico divertimento?

R: E’ molto stimolante collaborare e condividere musica e passione con altri artisti. E’ bello unire le forze, le voci, le sensibilità, le energie. Si impara sempre qualcosa di nuovo e poi mi sono sempre piaciuti i duetti, penso per esempio a Battiato con Alice, Battisti e Mina, Nick Cave con Pj Harvey, Gainsbourg con Jane Birkin e tanti altri… Ovviamente esiste anche una bella parte di puro divertimento, che si tratti di registrazioni in studio o di condivisione di palco.

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A: Rachele è parte integrante dei Baustelle, una costola praticante. La tua iride sulla copertina di Amen è diventata un manifesto generazionale. Se dovessi riassumere con una sola frase della loro discografia il rapporto tra Rachele e i Baustelle quale sarebbe?

R: Direi “Love affair”. Tra l’altro è uno dei nostri brani e dei nostri video che amo di più.

A: Dai Baustelle a Marie il passo è breve: ambientazioni anni 70 e sonorità che strizzano l’occhio ad una sensibilità cupa d’oltralpe capace di graffiare l’anima. Se dovessi cristallizzare l’intero album in uno stato d’animo, quale sarebbe?

R: Un appassionato alone di irrequietezza.

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A: Musiche delicate e testi ricercati come nella migliore tradizione cantautorale di sonorità malinconiche…uno strizzare l’occhio al cinema ed all’arte per un decadentismo quasi nichilista. Mettere a nudo la propria anima in terza persona. Quale brano di Marie è Rachele più di tutti gli altri?

R: Marie è nata per finta, per gioco, per fiction. Piano piano, parallelamente all’idea di scrivere un Ep, è diventata sempre più reale, un alter ego. Mi ha dato modo di aprirmi, di ascoltarmi, di esprimermi e di fare una nuova esperienza. Se in “Mon petit ami du passé” ho immaginato questa cantante anni ’70, con i suoi problemi esistenziali e sentimentali, nelle altre canzoni è cresciuta la parte autobiografica. Se devo proprio scegliere, dico “Folle tempesta” che rappresenta forse più degli altri il mio amore per le colonne sonore e richiama un canto morriconiano.

A: Un progetto da solista, coincide nella vita artistica al preciso istante in cui si è pronti a tutto?

R: Per quanto mi riguarda, questo progetto è coinciso con una certa voglia di crescere, di prendere dei rischi, di mettersi in gioco in un modo diverso da come sono abituata a fare da anni con il gruppo. E’ stata anche una sorta di sfida personale, per andare oltre certi miei limiti, per migliorare. Almeno c’ho provato! E’ capitata l’occasione, non ci avevo mai pensato seriamente. Le cose si fanno quando veramente devono accadere, quando senti che può essere il momento giusto. Questo per me lo è stato. La chiamata del regista e la partecipazione alla fiction hanno smosso qualcosa di forte e di bellissimo. Poi ho seguito l’istinto.

Intervista a cura di Antonietta Uliano.

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