LEZIONI DI ACCOGLIENZA DAI CAMPI PROFUGHI (PARTE I)

di Redazione The Freak

LEZIONI DI ACCOGLIENZA DAI CAMPI PROFUGHI (PARTE I)

di Redazione The Freak

LEZIONI DI ACCOGLIENZA DAI CAMPI PROFUGHI (PARTE I)

di Redazione The Freak

NEVER GIVE UP

1. NEVER GIVE UP

Z., curdo, 24 anni, mi invita a prendere un caffè. È il suo modo per ringraziarmi del piccolo e maldestro lavoro che sto facendo al suo rifugio: isolare i buchi per non far entrare aria ed acqua.

Z. è a Dunkerque da circa un anno, da quando ha dovuto salutare la famiglia, mettere insieme 5000 € ed iniziare il suo viaggio. Z. ha un anno in meno di me e sa già tante cose sulla vita e sul mondo. Cose che io faccio fatica a capire e con cui mi sto rapportando adesso.

Sa già, per esempio, che I., 18 anni, curdo, fresco di permesso di soggiorno temporaneo francese non avrà vita così facile, perlomeno all’inizio.

-La Francia non è un bel posto dove stare, l’Europa non ci vuole. Il Kurdistan è un posto meraviglioso, ma sai com’è la situazione lì, tra Daesh, persecuzioni dei governi, i bombardamenti… – lo dice tranquillamente Z., sorseggiando Nespresso e fumando una sigaretta elettronica – il tabacco non va bene se devi camminare così tanto – continua – ma io devo aspettare, e quindi fumare.

L’attesa, una logorante attesa, è ciò che attende i più fortunati che arrivano da queste parti. Nel caso di Z. l’attesa ha anche un altro nome, più lungo e complicato: trovare un modo per raggiungere il Canada, forse attraverso il Regno Unito.

– Ho una ragazza sai? Si chiama M., è del mio paese. Sto con lei da 5 anni. È andata via un anno e mezzo fa con un programma di aiuti umanitari ed adesso è in Canada. Non la vedo da allora, ma la sento tutti i giorni. Devo andare lì per lei!

Anche questo si respira a Dunkerque: non arrendersi, mai.

 

MY FRIEND’S PLACE #1

2

Il campo di Grande Synthe – Linière dista circa 30 minuti di macchina da Calais, dove alloggiamo io, Pablo, Anna e Camilla.
A fornire i servizi ai volontari che arrivano da gran parte d’Europa è l’associazione Utopia56.
Fino a dicembre 2015 il campo era solo una grande pianura di fango ed acqua, con qualche tenda e la presenza di Medici Senza Frontiere a dare aiuto, assieme a gruppi di volontari.
Da gennaio tutto è cambiato e sta cambiando.

– Abbiamo fondato Utopia56, un’associazione di volontariato, perché sentivamo il dovere di dare una mano a queste persone. Grazie ad una raccolta fondi, un progetto serio e l’intervento del Sindaco Damien Carenne, in collaborazione con MSF, abbiamo ‘istituzionalizzato’ il campo e trasformato le tende in più di 300 rifugi. Ma c’è ancora molto da fare. Secondo la legge francese, al di sotto dei 1500 ospiti, la responsabilità per questo tipo di attività è del sindaco, che qui invia un po’ di soldi e la gendarmeria a controllare le entrate e le uscite; altrimenti, la responsabilità è della Prefettura, quindi del Governo, e quello francese non riesce a risolvere la situazione né a darci una mano, anzi.

Così mi parla Céline, uno dei coordinatori dell’associazione.
Assieme ad Utopia56 e MSF c’è un piccolo microcosmo di altre associazioni che si occupano di servizi specifici: dalla mensa ai bagni, dall’educazione alla costruzione dei rifugi.
Attualmente il campo ospita poco meno di 1300 persone di cui 1000 uomini, 100 donne e 150 bambini. Sono per la maggior parte curdi, gli altri sono iraniani, iracheni e afgani. La quasi totalità degli ospiti intende raggiungere il Regno Unito, i restanti o hanno avviato le pratiche per la protezione internazionale o intendono raggiungere altri luoghi.
Per superare il Canale della Manica ci vogliono dai 5000 agli 8000€ – questo il tariffario dei passeur, i trafficanti; la soluzione alternativa è arrangiarsi, come M., 18 anni, entrato di nascosto in Inghilterra proprio nei giorni in cui mi trovavo al campo.

Z. è morto in seguito ad un incidente stradale, intrappolato tra le lamiere del camion al cui interno si era nascosto. È morto a Banbury, sulla strada per Manchester, dove aveva dei parenti.

-È già accaduto e continuerà ad accadere, quando sei costretto a nasconderti in una macchina o ad attraversare i binari a piedi è quasi inevitabile. I Governi non sono interessati a salvare la vita di queste persone, cercando solo di fissare una quota massima da accogliere, e in molti casi neanche quella. All’interno del campo, nonostante il gran lavoro svolto, abbiamo problemi con la mafia curda, molto potente. Noi siamo qui a dare una mano, ma non possiamo rischiare anche la vita. La polizia è qui fuori ma allo stato attuale non può risolvere questo problema con i mezzi a disposizione. Dobbiamo arrangiarci come meglio possiamo, far poco è meglio che non fare nulla- è la chiosa di Cécile.
Nonostante tutto, qui a nessuno manca un pasto caldo, un tetto sotto cui dormire, caffè e tè, vestiti, caricatori per cellulari, sorrisi e mani tese a dare aiuto.

P.s.: tutti i riferimenti dell’associazione sono su www.utopia56.com. Hanno bisogno di molti volontari ogni giorno, soprattutto con l’aumentare degli arrivi. Sono in grado di fornire ogni servizio di cui avrete bisogno

P.p.s.: il Sindaco Carenne è del partito dei Verdi. È quasi incredibile che il relativo colore da qualche parte non venga usato per rivendicare presunte origini celtiche ed invocare secessioni, ma possa davvero essere il simbolo della speranza e del cambiamento.

di Francesco Portoghese, all rights reserved

Per sentire la voce dei protagonisti dell’accoglienza dei migranti in Italia:

**PENSARE MIGRANTE – 29, 30 Aprile, 1 Maggio – Città dell’Altra Economia – Largo Dino Frisullo (Testaccio):

un evento di tre giorni organizzato da Baobab Experience per raccogliere le diverse realtà attive nell’accoglienza ai migranti provenienti da tutta Italia, attraverso dibattiti, presentazioni, proiezioni e mostre.

Qui il programma: https://www.facebook.com/events/484854621725527/

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