La musica che non muore – I R.E.M. “Automatic for the people”

di Redazione The Freak

La musica che non muore – I R.E.M. “Automatic for the people”

di Redazione The Freak

La musica che non muore – I R.E.M. “Automatic for the people”

di Redazione The Freak

I R.E.M., quartetto americano formatosi ad Athens (Stati Uniti) all’inizio degli anni Ottanta, raggiungono il successo planetario nel 1991 grazie all’album Out of time e al singolo di successo Losing my religion che li proietta ai vertici delle classifiche mondiali.

Successivamente a un breve tour promozionale, il gruppo si chiude in studio per diversi mesi e si mette all’opera per realizzare un degno seguito del disco precedente.

Il risultato è rappresentato da Automatic for the people, che esce alla fine del 1992.

Questo rappresenta un disco impegnativo e, al tempo stesso, alla portata di tutti, perché affronta i grandi temi che, in un modo o nell’altro, finiscono per toccare ogni essere umano. La nascita, l’amore, la morte – quest’ultima colta anche nel suo aspetto ineluttabile e liberatorio – viste come parti di quel “tutto” che scandisce inevitabilmente i tempi dell’esistenza umana e accompagna ciascuno di noi, giorno dopo giorno.

Le musiche di Automatic sono dolci e malinconiche, a volte quasi sognanti, le atmosfere notturne e intimiste.

Gli arrangiamenti, talvolta semplici, talvolta più ricercati, sono in ogni caso molto curati, e in alcuni casi portano la celebre firma di John Paul Jones (ex bassista dei Led Zeppelin).

Il gruppo decise di adottare un approccio personale alla realizzazione del disco, scrivendo le canzoni molto velocemente e decidendo poi di accompagnarle con una strumentazione ampia e variegata.

Le tematiche del disco, cui ho fatto riferimento, in realtà non vennero dichiarate espressamente alla sua uscita dai quattro componenti del gruppo, ma si possono ricavare da una lettura dei testi, oltre che dall’ascolto delle dodici canzoni che lo compongono.

Ed è proprio all’ascolto che occorre affidarsi, per cogliere appieno la bellezza di quest’opera firmata da Michael Stipe (voce e leader della band) e soci.

Si parte con Drive, lenta, atipica e un po’ oscura; dopo un inizio con accompagnamento acustico, il brano sale di tono grazie ai violini e alla chitarra graffiante di Peter Buck, si continua con Try not to breathe, due chitarre che si rincorrono e il tema dell’eutanasia sullo sfondo, mentre la gradevole The sidewinder sleeps tonight alleggerisce un po’ i toni prima del capolavoro Everybody hurts, canzone soul contenente una grande interpretazione di Michael Stipe.

New orleans instrumental n.1 è un breve intermezzo prima di Sweetness follows (uno dei vertici), lenta, intensa e accompagnata dalla chitarra acustica e da un organo in sottofondo; Monty got a raw deal è un mid-tempo a carattere folk, Ignoreland rappresenta invece l’unico brano rock dell’album, Star me kitten riporta chi ascolta su dei toni più pacati e tranquilli prima del trittico finale, la splendida Man on the moon (uno dei singoli di maggiore successo), dedicata al comico americano Andy Kaufman, la poetica Nightswimming (sul tema dei ricordi che restano alle persone) accompagnata da un classico pianoforte, e la delicatissima Find the river che chiude in armonia, con dei cori ad accompagnare il ritornello, diretto ed efficace. 

In conclusione si può dire che, a giudizio di chi scrive, l’album rappresenta uno dei momenti migliori del gruppo in questione e al tempo stesso, una delle massime espressioni pop della musica degli anni Novanta, come confermato anche dal successo di vendite (raggiunse i 18 milioni di copie) e dai sette singoli estratti.

Musica e parole si fondono a creare un mix di bellezza rara e autentica, che cattura l’ascoltatore. Si può dire che i R.E.M. hanno fatto centro.

di Piero Corigliano

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