IO NON SONO CHI GRIDA E NON SI SENTE. IO NON SONO BOGTE

di Eleonora Vasques

IO NON SONO CHI GRIDA E NON SI SENTE. IO NON SONO BOGTE

di Eleonora Vasques

IO NON SONO CHI GRIDA E NON SI SENTE. IO NON SONO BOGTE

di Eleonora Vasques

La Calzoleria di via Prenestina 28 apre le sue porte a un altro gruppo particolarmente emblematico. “Io non sono Bogte” esprime una forte personalità che non appartiene a nessun genere o etichetta se non a un modo di fare musica che sintetizza una moltitudine di stili e di esperienze che hanno caratterizzato la loro ragion d’essere.

Intervista di The Freak ai Io non sono Bogte.

Io non sono chi grida e non si sente, io non sono Bogte e non ho mai capito niente”.
Come mai avete deciso di definirvi solo in negativo?

Il nome del gruppo è nato intorno a quest’idea di Bogte. E’ un personaggio immaginario che rappresenta tutta una serie di paure e di ansie che ognuno ha verso se stesso che magari non permettono di vivere come si vuole. Ci piaceva l’idea di dire “non siamo fatti solo di questo”. Io non sono Bogte, nel senso, io non sono solo le mie paure, non sono solo le mie ansie, io posso essere quello che voglio. La negazione c’è, ma non è distruttiva, afferma esattamente quello che vogliamo essere.

Musicalmente come vi definite? Ci sono particolari influenze che vi caratterizzano? Un genere che vi appartiene?

Chiunque cui piaccia sentire della musica è necessariamente influenzato da ciò che ha sempre ascoltato. Fare musica nasce da quello, si ascoltano tante cose, alcune piacciono e spesso fanno sentire nelle persone la necessità di creare altra musica, di suonare. Non c’è un’artista, un genere o un’influenza particolare che ci identifica. Nelle nostre canzoni c’è tutta la musica che ci siamo ascoltati dall’adolescenza fino ad oggi e ce ne rendiamo conto ogni volta che ascoltiamo un nostro brano. Molti ci associano a un tipo di musica che si colloca nello stato attuale nell’ambito della musica indipendente, il così detto “indie” che vuol dire tutto e niente allo stesso tempo. Però sicuramente possiamo essere accomunati con tutti quei gruppi che fanno parte di questo scenario.bogte

Quindi anche voi come i 3chevedonoilre mi dite che il genere oramai è un concetto morto?

Purtroppo ai giorni d’oggi sì perché si è fatta talmente tanta musica per cui ormai è quasi impossibile capire chi ha influenzato cosa. Comunque alla gente oggi non gliene frega niente di che genere fai. Se per esempio crei una bella canzone, e piace, e l’anno dopo ne fai un’altra con un sound completamente diverso, potrebbe piacere comunque nello stesso modo di quella precedente. Nella musica mainstream funziona così. Pensiamo a Jovanotti: un giorno fa una canzone dance e il giorno dopo un po’ più rocchettina. Il genere non ha più un significato. E’ la visione generale degli artisti che conta. Il sound che c’è sotto è ovviamente quello che dà il collante però può cambiare senza nessun problema, anzi, deve cambiare.

“La discografia è morta e io non vedevo l’ora” è il titolo del vostro album d’esordio autoprodotto.

Il sound di questo nostro primo album è molto compatto, in tutte è presente un’idea di fondo riconoscibile. Tra l’altro le canzoni sono nate tutte nello stesso periodo, per cui è facile che per certi aspetti si assomigliano. Per le canzoni nuove che faremo questo discorso cambierà e ogni canzone avrà un sound specifico.

Come mai avete scelto come immagine dell’album la Deposizione di Caravaggio?

Il quadro non è come nella nostra copertina, l’abbiamo tagliata. Nell’originale in basso c’è Gesù Cristo. Noi l’abbiamo tolto perché in questo modo tutte le persone intorno che si disperano, senza il Cristo morto in basso, sembrano sollevate. Maria Maddalena alza le mani e sembra quasi che stia esultando mentre in realtà nel quadro sta piangendo ai limiti della disperazione. Ci è piaciuta l’idea di giocare su questa cosa qui. “La discografia è morta e io non vedevo l’ora”. Anche i personaggi del quadro non vedevano l’ora e gridano:“ Evviva è morta la discografia!”.

I temi che trattate nelle vostre canzoni sono molto vari, ma sembrano delineare una denuncia sociale molto forte.

Abbiamo parlato di tante cose: della musica nello stato attuale, del lavoro, dell’omosessualità, ci sono delle storie come per esempio” Margareth nella testa”…

Alla fine tutto quello di cui parliamo è molto autobiografico, anche se le vicende le trasponiamo su altri personaggi spesso molto diversi da noi. Comunque nella trasposizione sempre viene messa una parte di chi le fa. Anche quado fai un’intervista e la lavori comunque metti del tuo. Detto questo, è vero che si prestano molto bene alla denuncia sociale, ma non era il nostro intento. Parliamo solamente delle situazioni che ci coinvolgono. Siamo ragazzi di venticinque anni che vivono queste esperienze sulla pelle. Dal lavoro, alle storie finite male e altre mille cose. Quello che abbiamo fatto è solo di raccontarle.

Una delle canzoni dell’album s’intitola “La cosa importante è che tu stia male”. Spesso si dice invece “l’importante è che tu stia bene” giusto?

Esatto. “L’importante è che tu stia bene” è una frase che può avere un senso in alcune situazioni, in altre è veramente inadeguata! Quando per esempio ti lasci con una persona e ti dicono questa frase, viene spontaneo pensare:” questa cosa che mi stai dicendo non significa nulla! Tu mi stai lasciando e in questo momento ti odio”. La canzone sta a significare questo. Poi non vuol dire che uno maledica l’altra persona sperandogli malessere eterno. “L’importante è che tu stia male” traduce perfettamente la rabbia di quel momento. La canzone parla di questa rabbia raccontando, per l’appunto, di una storia appena finita.

La scorsa estate avete pubblicato “Papillon”, un videoclip che parla dell’omosessualità in maniera molto esplicita. Grazie a questo video avete partecipato come ospiti al Milano Pride 2013 e siete stati segnalati come artisti della settimana su MTV New Generation. Il video ha inoltre attirato l’attenzione di diversi media, dal Fatto Quotidiano a Radio Deejay. Grazie all’appoggio di tutte le associazioni LGBT italiane avete superato i 20.000 views in una sola settimana (attualmente le visualizzazioni ammontano a 45.000).

Il video si basa molto sul testo della canzone. Volevamo far vedere dei baci omosessuali per quello che sono. La canzone dice “guardaci e basta”. Spesso si parla dell’omosessualità senza veramente capire di cosa si sta parlando, per questo abbiamo voluto far vedere cosa significano le parole nei fatti concreti. Tutto cambia in questo senso, si prende coscienza. In questo senso ha funzionato, il tema è accattivante e ha coinvolto molte persone.

E’ cambiato qualcosa nella band dopo la pubblicazione di questo video? Il rapporto con il vostro pubblico è rimasto lo stesso?

Fare un video che funzioni e aumenti la visibilità non vuol dire diventare famosi. Abbiamo fatto belle esperienze con quel video ma noi siamo sempre un gruppo emergente che ha ancora una lunga strada da percorrere e un suo pubblico che non si è espanso, è rimasto limitato come prima. Lo abbiamo detto fin da subito. Senza dubbio il video è piaciuto, però noi dobbiamo lavorare ancora. Di fatto nelle nostre vite non è cambiato nulla.

Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi da Io non sono Bogte?

Per ora ci siamo presi un momento di pausa da live e video e ci stiamo concentrando sui pezzi nuovi. Fare video o andare a fare concerti in giro porta via delle energie. Nei prossimi mesi il nostro impegno si concentrerà del tutto in sala prove.

A cura di Eleonora Vasques.

La Calzoleriacalzoleria

La Calzoleria apre il portoncino di via Prenestina 28 a the Freak. Il luogo dove per anni ha vissuto e lavorato uno dei migliori calzolai di Roma, da aprile 2012 si è trasformato in un Circolo di promozione sociale. Un ambiente dal gusto retrò ma che ospita l’arte in tutte le sue forme, un luogo in cui assistere a rassegne di musica accompagnate da esposizioni di artisti emergenti, assaggiando birra o degustando del buon vino. Ma soprattutto, una volta aperto il portoncino, La Calzoleria si presenta da sola perché “ogni scarpa è una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo”.

Per i prossimi appuntamenti a La Calzoleria visitate la loro pagina facebook.

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