Ho fatto una barca di soldi. L’esperienza di un artista del quotidiano e la forza del suo pensiero

di Ilaria Pocaforza

Ho fatto una barca di soldi. L’esperienza di un artista del quotidiano e la forza del suo pensiero

di Ilaria Pocaforza

Ho fatto una barca di soldi. L’esperienza di un artista del quotidiano e la forza del suo pensiero

di Ilaria Pocaforza

Ho fatto una barca di soldi è l’ultima fatica cinematografica del regista Dario Acocella, nonché il titolo di un’opera omonima di Fausto delle Chiaie, l’artista al centro di questo film-documentario che verrà presentato in anteprima mondiale il 9 novembre alle ore 20 al Festival Internazionale del Cinema di Roma, nella sezione Prospettive Doc Italia, presso il museo MAXXI.

Dario Acocella, già regista e sceneggiatore di serie televisive come Il bene e il male e Capri 3, si cimenta nella storia dell’artista precursore della Street Art Fausto Delle Chiaie, il quale da più di quarant’anni si avvale di un atelier all’aria aperta molto speciale (un carrello) per esporre in Piazza Augusto Imperatore a Roma le sue opere d’arte. Lo stesso titolo del film è un omaggio ad una di queste opere: una barchetta modellata con della plastilina e piena di monete di pochi centesimi.

Ma diamo spazio al regista di questo racconto così particolare.

 Intervista a cura di Ilaria Pocaforza per the Freak.

Come ti sei avvicinato alla figura di Fausto Delle Chiaie?

È stato davvero semplicissimo: ero nei dintorni dell’Ara Pacis e un giorno mi sono imbattuto in lui, scoprendo che qui espone le sue opere da quasi 40 anni. Ho iniziato a parlarci e inizialmente ho creduto che fosse completamente pazzo.

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Come hai maturato questo progetto?

Ho compreso l’unicità del suo modo di vivere l’arte, gli spazi… Lui occupa tutta l’Ara Pacis e nessuno trova niente da ridire, mi sono chiesto: perché? Inoltre ho scoperto tante monografie su di lui: il comune di Roma lo considera una sorta di patrimonio dell’umanità! Lentamente il progetto ha preso vita, perché ho intuitol’enorme potenziale di Fausto.

Perché ti è parso che incentrare il film su una giornata-tipo di questo artista fosse la modalità migliore per raccontare la sua esperienza?

In realtà l’ho seguito per sei mesi: sono stato a casa sua giorno e notte, cercando di cogliere non solo l’aspetto artistico, ma anche quello umano. Poi ho maturato l’idea di adottare questa formulaanche se non esiste una giornata-tipo di Fausto: ogni giornata che vive è un’esperienza diversa dalla precedente e dalla successiva.

Fausto Delle Chiaie è autore del Manifesto Infrazionista (1986) e dell’Infra-azione, la quale è così descritta: “L’Infra-azione è il grido d’allarme artistico del malessere storico […], è la goccia che trabocca e vuole vivere con l’acqua”. Tutta l’arte dovrebbe avere questa aspirazione per Fausto?

Per Fausto l’arte non ha uno spazio, se non quello che gli appartiene come sintesi dell’opera. Ad esempio, se una panchina si trova in un parco, è lì che deve essere, non in un museo, perché non entrerebbe in un museo, ma non a causa dello spazio, quanto per il senso. Sarebbe decontestualizzata. Per lui l’opera prodotta dall’artista è contestualizzabile solo ed esclusivamente nello spazio da lui deciso. Ad esempio, ricordo un progetto di Fausto di una macchina cappottata dal titolo molto ironico (come tutta la sua arte), Frenata, la quale a suo dire non poteva essere trasferita in una galleria, perché avrebbe avuto un altro senso.

La sinossi del film afferma che l’arte di Fausto Delle Chiaie si propone di “massaggiare il muscolo atrofizzato della sensibilità collettiva”: cosa o chi, a parere dell’artista, l’ha ridotto così?

Ho inserito nel film questa frase di Achille Bonito Olivache esprime appieno il pensiero di Fausto: lui sente la necessità di stimolare la sensibilità “addormentata” della gente. Mi ha detto che c’è gente completamente indifferente che passa e nemmeno si accorge di lui, delle sue opere… Lui non ama i pittori rinascimentali come Caravaggio, ma artisti come Picasso. Quando gli ho chiesto il perché, mi ha risposto che Picasso lo fa pensare, Caravaggio no: lui vuole far pensare coloro che dentro ad un museo non entreranno mai (anziani, bambini…).

Perché tra le tante opere di Fausto Delle Chiaie hai scelto proprio di omaggiare Ho fatto una barca di soldi, intitolando il tuo film così?

Perché quest’opera (come tutte quelle di Fausto) è paradossale: dovresti vedere il suo modo di vivere francescano, sia a livello artistico che umano. È un artigiano, un artista che produce qualcosa e in cambio ne ottiene un riconoscimento, però se potessi vederlo parlare nel mio film, capiresti che questo titolo è davvero azzeccato.

Tu hai affermato di voler “capire quale fosse il segreto della sua felicità [di Fausto Delle Chiaie, N.d.R.] e se questa felicità nascondesse codici universalmente validi”: questo percorso ti ha aiutato ad avvicinarti a questi codici?

Alla fine di questo percorso ho capito una cosa: Fausto mi ha confermato che noi umani siamo molto diversi dalle bestie, ma non per il fatto che abbiamo più logica di loro, ma perché abbiamo capacità creativa, espressione e fantasia. Esprimere la creatività e la fantasia è un’esigenza imprescindibile di tutti gli esseri umani: ciò che ci permette di sopravvivere e di non impazzire è esprimere le nostre aspirazioni. Non si nasce artisti, ma l’essere artista è una condizione dell’essere umano specifica della possibilità creativa e della propria fantasia. L’importante non è il risultato, ma le esigenze che ci muovono: importante è dare sfogo alle proprie esigenze creative, non solo vivere in maniera passiva. I risultati non sono importanti, ma è importante da dove si parte: se ci esprimiamo, se partiamo, abbiamo comunque vinto.

A cura di Ilaria Pocaforza

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